DALL'ATOMO AL BIT:
Come e perchè di un mutamento socioculturale e filosofico
A cura di: Mario Della Penna
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CONCLUSIONI

 


"Poiché non riteniamo di conoscere una cosa sin quando non possiamo spiegarne il "come" ed il "perché", è chiaro che dobbiamo guardare al "come" ed al "perché" delle cose che nascono e che muoiono".

La conclusione di questo nostro viaggio non può che riportarci al punto di partenza e in tal modo chiudere quel ipotetico cerchio che abbiamo iniziato a tracciare chiedendoci dei "come" e dei "perché" relativi al passaggio dall’atomo al bit.

Abbiamo visto che tutti i fenomeni socioculturali mutano incessantemente senza eccezione alcuna.

Il nostro obiettivo è stato quello di provare a capire qualcosa in più intorno ad essi e ciò ha significato chiederci dove trovare le radici del loro mutamento e come interpretarlo.

Sul piano logico tre sono le possibili risposte al problema e tutte e tre sono state utilizzate nelle scienze sociali.

La prima soluzione è rappresentata dalla "teoria del mutamento esogeno" la quale ricerca le ragioni del mutamento in alcune "variabili" che si trovano fuori dal sistema socioculturale.

La seconda possiamo definirla, teoria immanente del mutamento socioculturale, cioè un sistema che porta in se stesso il seme del proprio mutamento.

La terza risposta è di carattere intermedio ossia tende a vedere il mutamento come il prodotto di forze esterne ed interne combinate.

In generale la ragione per cui i sistemi socioculturali mutano nel corso della loro esistenza è data dal principio di mutamento immanente.

Secondo Aristotele qualsiasi mutamento non può essere pensato che come un passaggio da un termine ad un altro antitetico al primo e cioè fra due contrari.

Senza una antitesi il mutamento non è pensabile.

Parlando della separazione fra Oriente ed Occidente, abbiamo notato che alcune culture, come quella greco-romana e quella occidentale, sono state capaci di compiere un simile passaggio più volte, ed altre invece non lo hanno fatto.

Di contro abbiamo visto che nelle società dove questo mutamento è avvenuto, parallelamente si sono generati dei profondi guasti, che hanno sminuito il valore positivo di tali progressi.

Oggi l’alba che annuncia i nuovi orizzonti dominati sempre più da paesaggi telematici e da nuove tecnologie rivolte per lo più al campo comunicativo, annuncia allo stesso tempo un monito poco rassicurante, e cioè che stiamo pervenendo alla liquidazione totale della cultura dell’umanesimo.

Per evitare questa fine, dobbiamo identificare un punto di svolta, ed intervenire incisivamente.

Ciò significa cercare nuovi "paradigmi" assumendo un diverso atteggiamento di fronte alle nuove problematiche che si ci presentano dinanzi per non ripetere gli errori del passato.

Abbiamo visto che le culture dominate da una mentalità unilaterale tendono sempre a scomparire nel tempo.

Così è accaduto alla mentalità esclusivamente teologico-sovrasensibile medievale, nata e sviluppatasi come reazione alla vuota cultura sensistica del tardo periodo greco-romano, che inaridendosi decadde e si consumò nelle catastrofi che segnarono la fine del medioevo.

Lo stesso accadde all’unilaterale mentalità razionalistica della cultura tra il secolo XVI e il XVIII (la mentalità del Rinascimento e dell’Illuminismo), che venne meno nelle conflagrazioni sociali avutesi alla fine del XVIII e all’inizio del XIX secolo.

Infine, l’unilaterale mentalità empirico-sensibile della nostra cultura, sta decadendo sotto i nostri occhi e con essa la cultura da lei dominata.

Parlando del tema più discusso oggi giorno, cioè quello legato alla informatizzazione e alla globalizzazione di tutto il sistema comunicativo, non possiamo non denunciare, a riguardo, che il principale pericolo che la nostra società è sempre più a rischio di correre si scorge nella morte del genio creativo sostituito sempre più dalla onnipresente "artificiosità".

Delegando sempre più tutte le nostre prerogative al cosiddetto "grande fratello", il prodotto diventa uno strumento disponibile per qualunque padrone e per qualunque proposito, sia socialmente buono che disastroso, costruttivo oppure distruttivo.

Si rischia di creare un mondo colmo dei doni più benefici, e allo stesso tempo creare i mezzi più diabolici per la distruzione della vita umana, della cultura, della società.

I pericoli maggiori riguardano: la scienza degradata al rango di semplice "ancella" dei "barbari" contemporanei, e l’oscuramento della cultura, entrambi purtroppo segni del nostro tempo.

Bisogna uscire come prima cosa da questo stato di subordinazione totale di fronte al proliferare di messaggi e ideologie che passano attraverso un unico canale di comunicazione, quello tecnologicamente più sofisticato e costoso, e conseguentemente meno accessibile: inoltre non potendo arrestare la corsa all'innovazione, si tratta di conciliare, sviluppo e salvaguardia ambientale.

Tutti i nostri problemi economici attuali sono problemi sistemici che non possono più essere compresi per mezzo della scienza cartesiana ancor oggi punto di riferimento.

Gli economisti tendono a dissociare l’economia dal tessuto ecologico in cui essa è inserita.

Uno degli errori principali in tutte le scuole attuali di pensiero economico è l’insistenza a usare il denaro come unica variabile per misurare l’efficienza dei processi di produzione e di distribuzione.

C’è bisogno di riformulare il PNL (Prodotto Nazionale Lordo) con un nuovo indicatore da cui sono dedotti i costi sociali.

Il ritorno ad una nuova scala più umana non significherà un ritorno al passato, ma, al contrario, richiederà lo sviluppo di nuove forme ingegnose di tecnologia e di organizzazione sociale.


Theorèin - Aprile 2003