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 XV Lezione

Nasce all'interno del filone cristiano una concezione del corpo legata al progressivo processo di intellettualizzazione del demonio che trasforma nel nemico principale del corpo, il corpo medesimo, inutilmente allenato dal punto di vista fisico. ("In tempi di pace l'uomo guerriero si scaglia contro se stesso" così sentenziava Nietzsche nel 1886 nel libro Al di là del bene e del male)

Sant’Atanasio è autore della Vita Antonii (Antonio, è un aristocratico di sangue, vissuto tra il III e IV secolo); in essa emergono, sovrapposti, entrambi i modelli di corpo: quello che lo considera "zavorra dell’anima" e quello cinico-stoico "strumento di guerra" dove in nemico, questa volta, è rappresentato dalle visioni tentatrici.

 "Quando andava a mangiare e a dormire e considerava le altre necessità del corpo, si vergognava pensando alla natura spirituale della sua anima [...]; Non si lavò mai il corpo con l’acqua, né i piedi, che non toccarono l’acqua se non quando fu necessario: nessuno vide mai il corpo nudo di Antonio, se non quando venne sepolto dopo la morte".

Nell’opera di Agostino De vera religione 390 d.C. si riscontra un astrattismo nei confronti del corpo tipicamente platonico. In quest’opera Agostino si riferisce ai neoplatonici e disprezza il corpo come male. Nel capitolo III si legge:

"...Se Platone fosse vivo e non disprezzasse le mie domande; o piuttosto, se qualcuno dei suoi discepoli, nel tempo stesso in cui viveva, lo avesse interrogato, egli lo avrebbe persuaso di questi principi: "La verità non si vede con gli occhi del corpo, ma con l’intelletto puro; qualsiasi anima ad essa aderisca, diviene beata e perfetta; ma nulla impedisce di coglierla più della vita dedita ai piaceri e delle false immagini delle cose sensibili, che, impresse in noi attraverso il corpo da questo mondo sensibile, generano le varie opinioni ed errori. Perciò l’anima deve essere risanata, perché possa contemplare l’immutabile forma delle cose, e la bellezza che si mantiene sempre uguale ed è in ogni parte identica a se stessa, non divisa dai luoghi, non mutata dal tempo, ma mantenente in ogni sua parte l’Uno e l’identico; alla quale non credono gli uomini, mentre essa è, in sommo grado e nella massima realtà".

Dunque possiamo vedere la verità solo quando ci liberiamo da ogni corporeità, perché ciò che è corporeo è effimero. Anche Kant critica la ragion pura e dice che la verità si raggiunge purificandosi da tutto ciò che è transeunte, effimero. Kant dunque afferma ciò che dice Platone ma ancora prima di lui Agostino:

"Nulla impedisce di vedere la verità più dei piaceri e delle false cose sensibili che generano in noi errori".

Dunque l’anima deve esser risanata. Le immagini dei sensi sono illusorie perché non permettono di cogliere l'essenza. La materia è tutto; l’essenza non c'è. Il materialismo nega l'uomo in sé. 

Credere nell'essenza significa accettare le teorie di Agostino. Questi è per un allontanamento del corpo in vista di un ascesi, in vista di un elevamento dell’intelletto eliminando il corpo e non in vista di un atteggiamento stoico. Il filosofo non deve occuparsi del corpo ma dell'anima. Ciò vuol dire che deve occuparsi solo della morte, non deve occuparsi di ciò che muta, ma dell'immutabile. Agostino dice:

"La vita tende al nulla in quanto si allontana da chi la creò".

La vita organica muore perché si distacca dall'eternità originaria. Il corpo che muore è il punto più lontano da Dio. 

Anche le immaginazioni, la fantasia, tutto ciò che è legato al corpo, sono lontane dal creatore. 

La necessità di nascere, di vivere, svilupparsi e morire è un indice del distacco dal creatore qualora non vi fosse questo distacco, non vi sarebbero neanche queste necessità. Tali concetti non sono da attribuire solo al corpo, ma a tutto ciò che è organico. Anche la chiesa, chiamata "corpo mistico" è nata, si è sviluppata, segnando un distacco con Dio. 

Il corpo non è alla ricerca dell'armonia cosmica, ma egli stesso possiede una qualche armonia; in fondo è stato creato da colui che è armonia. Il corpo ha anche una sua bellezza, altrimenti non sarebbe corpo, ed è stato creato da colui che è bellezza (Agostino). 

Dobbiamo fare tutto tranne che contemplare il distacco che si crea con Dio. La morte non deriva da Dio, la morte costringe ad essere tutto ciò che non è. Dio, dunque è l'essenza. 

Antonio irrobustisce il proprio corpo per lottare contro i demoni; ma se questi domani non ci saranno più, contro chi dobbiamo allenare il nostro corpo? 

In Agostino sembra escluso lo stoicismo, ma non è così; che poi il corpo dell'uomo perfetto prima del peccato, dopo il peccato, sia divenuto debole alla morte, tuttavia mostra più la clemenza che non la severità di Dio. (capitolo XV). 

Nasce in noi la persuasione di dedicarci alla vera essenza, abbandonando i piaceri del corpo, perchè è questo abbandonare i piaceri che ci avvicina all'essenza. 

I dolori ci rendono capaci di sopportare la vita e di essere eroici; se non ci sono, non possiamo abituarci. 

L'uomo di buona volontà converte la sofferenza di questa vita a nostra fortezza, e qui Agostino si rifà a Seneca. 

Bisogna cercare di trasformare il dolore in un allenamento e non il piacere. Per Agostino non dobbiamo combattere contro il nemico, ma dobbiamo allenarci per raggiungere la fusione con l'armonia. Non contro, ma per. Così sotto la sua guida l'uomo converte la sofferenza in esercizio di fortezza, nelle tentazioni affini alla prudenza, invoca quasi di essere tentato per essere pronto ad agire. Agostino non dice non indurmi in tentazione ma mandami le tentazioni affinché possa allenarmi per essere più ardente nella verità che non inganna mai. Agostino intellettualizza tutto e nelle Confessioni scrive:

"Portato da quelle letture ad entrare in me stesso, mi raccolsi nel mio intimo dietro la tua guida e poichè tu ti eri fatto mio sostegno, io ci riuscii".

In Confessioni VII, 10 leggiamo:

"Entrai in me, e con l'occhio della mia anima, quale che si fosse, al di là della mia mente, vidi la immutabile luce: non questa, comune e visibile ai nostri sensi, o una più intensa, ma della stessa natura, come se risplendesse molto, molto più chiara e si estendesse dilagante per tutto lo spazio. No, non quella; altra cosa, ben diversa da tutte le altre. E non stesa sulla mia mente come olio su acqua o come cielo sulla terra, ma essa al di sopra avendomi creato, ed io al di sotto, come sua creatura. Chi conosce la verità la conosce, e chi la conosce, conosce l’eternità: la conosce l’Amore!"

Non vede la luce con gli occhi del corpo, ma con gli occhi dell'anima, che lui non sa dire quali siano, perchè sono ineffabili.


Theorèin - Luglio 2003