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 XVII Lezione

Un’altra opera centrale della cultura europea del Cinquecento è l’Utòpia di Tommaso Moro (1516) primo ministro della corte inglese.

C'è da segnalare due prese di posizioni nettamente "borghesi" cioè nettamente orientate verso il mondo nuovo e contrarie al vecchio mondo aristocratico.

Utopia (u-topos = non luogo) è una città ideale, che Moro dipinge, tratteggia e critica. In un brano significativo si sottolinea il carattere degli abitanti, i quali non sono certo smodati nell’apprezzamento della bellezza, della forza, dell’agilità e di tutti gli altri doni particolari della natura e fonti di gioia. Sono morigerati nell’apprezzamento di questi beni. Ma immediatamente dopo aver detto questo aggiunge:

"Ma non apprezzare la bellezza nel suo splendore, ma logorar le proprie forze fisiche e mutare l’agilità in abbandono, o estenuare il corpo a via di digiuni, o rovinarsi la salute respingendo gli altri allettamenti della natura (tranne il caso che uno trascuri questi suoi vantaggi per procurar più appassionatamente il bene altrui o dello Stato e si aspetti da Dio, in luogo di queste sue pene, un piacere maggiore), e insomma tribolar se stessi per una vaga ombra di virtù, col vantaggio di nessuno, ovvero allo scopo di avvezzarsi a sopportare con più coraggio avversità che forse non capiteranno mai, tutto ciò è l’estremo della pazzia, a loro modo di vedere, e segno di animo spietato verso se stessi e del tutto ingrato verso la natura, ai cui benefizi si rinunzia, come per disdegno di esserle in nulla debitori ".

Non apprezzare la bellezza nel suo splendore, ma logorare la propria forza fisica e mutare o rovinarsi la salute, respingendo gli altri allettamenti della natura, tutto ciò è segno estremo di pazzia, è segno di animo spietato verso se stessi; (tranne il caso...) e qui troviamo una tipica parentesi che Moro aggiunge, e che se non fosse un espediente per ripararsi politicamente da possibili sanzioni, sarebbe una contraddizione in termini di tutto il pezzo scritto. E’ una forma di diplomazia nei confronti del lettore. E’ importante il testo, ma anche il contesto in cui esso si trova.

Un altro elemento del testo di Moro, ci indica come caratteristica degli utopiani il pacifismo. Sono talmente pacifici che se vengono attaccati non vogliono fare la guerra in prima persona. Si affidano a dei popoli che sono dei professionisti della guerra.

Moro prende di mira gli Svizzeri che nel Cinquecento erano truppe mercenarie. E’ interessante il ritratto che fa di loro. Il quadro è l’esatto contrario di quei popoli che tutta la tradizione stoica esalta come forti, come per esempio i Spartani o i Germani.

Moro capovolge totalmente questa valoristica e insulta gli Svizzeri almeno quanto Seneca e Tacito avevano esaltato i Germani. Tutte le doti stoiche vengono capovolte in disvalori.

"E’ questo un popolo (In maniera prudenziali Moro usa l’espediente di chiamare gli svizzeri Zapoleti N.d.R.) che sta a 500 miglia da Utopia, verso est, di rozzi e selvaggi campagnoli, i quali preferiscono i boschi e gli aspri monti tra cui sono stati allevati: razza dura, resistente al caldo, al freddo, alle fatiche, che non si occupa di agricoltura e poco pensa ad abitazioni e vestiti, ma solo all’allevamento del bestiame. Vivono in gran parte di cacce e di rapine, nati solamente alla guerra vanno in cerca di occasioni per farne e, trovatele, le abbracciano con grande piacere: così, usciti di casa in gran numero, si offrono per poco a chiunque faccia incetta di soldati. Non conoscono altr'arte, se non questa con cui si cerca la morte, e sono di chi li assolda e per costui combattono con impegno e con fede incorrotta [...] (traspare un senso di ironia N.d.R.). Di rado sorge guerra in cui buona parte di essi non si trovi in ambedue gli eserciti: accade pertanto ogni giorno che uomini legati da vincoli di sangue o che, assoldati dalla stessa parte, erano grandi amici, poco dopo, separati tra schiere diverse, si azzuffino da nemici e, dimentichi di parentela, incuranti di amicizia, si trafiggano fra loro, da nient’altro spinti a mutua strage, se non che sono assoldati da prìncipi avversi, per una monetuzza [...]. Or questo popolo va in guerra, a favore degli abitanti di Utopia, contro chiunque, ricevendone un soldo quale in nessun altro luogo: giacché quivi si va in cerca di gente dabbene con cui avere rapporti, come di questi depravati, da portare alla rovina. Quando c’è bisogno, li spingono con grandi promesse ad affrontare i maggiori pericoli, ma ben pochi di essi per lo più ritornano a chieder che le mantengano; ai superstiti viene pagato lealmente ciò che si è promesso, per accenderli a simili prove di ardimento. Non importa niente agli Utopiani di perderne molti; pensano anzi di renderli sommamente benemeriti del genere umano, se purgano il mondo di tutta quella orribile feccia di scellerati".


Theorèin - Ottobre 2003