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 XXIII Lezione

Joseph de Maistre reagisce alla modernità in quanto letterato, in quanto aristocratico di sangue, in quanto credente; quindi reagisce sotto tutti gli aspetti.

Contemporaneo di Leopardi, siamo in Russia. E' in piena esplosione la rivoluzione industriale; in Francia c’è la monarchia di Luigi Filippo che va al potere con un solo programma condensato in un solo slogan "arricchitevi". De Maistre non accetta niente di tutto questo, è contrario a tutto.

Siamo nel 1829-30 e cioè in piena civiltà dell’Illuminismo e De Maistre reagisce a tutte le sue componenti. Se l’Illuminismo è borghese egli replica in termini aristocratici; se la comunicazione che si diffonde attraverso soprattutto i giornali, le riviste, è di tipo illuministico, risponde dal punto di vista letterario; se l’Illuminismo è l’esaltazione delle macchine, egli replica contro ogni tipo di strumento; se l’Illuminismo è città, civilitas, la replica arriva in termini di anti-civiltà. Quindi ripropone dei modelli che sono in tutti gli aspetti anti-illuministici. Se la società dell’Illuminismo si propone e si proponeva di sgombrare le menti della superstizione ed in ultima istanza dalla religione, De Maistre ripropone in termini secchi la visione religiosa della vita. Per certi aspetti si distacca anche da certi termini religiosi di cui uno degli esponenti centrali era Pascal, riconsiderando degli aspetti dello stoicismo pagano.

Per De Maistre lo stoicismo non è inarrivabile. Si può seguire l’esempio stoico però solo da una fascia di eletti da un punto di vista sociale (nobili).

De Maistre nella considerazione che ha, del precedente pensiero religioso, contesterà a coloro, come ad esempio Pascal, di aver disgiunto il cristianesimo dallo stoicismo, perché il cristianesimo deve fare corpo unico con lo stoicismo. Quella di Pascal è una forma di deminutio del cristianesimo.

«Gli strumenti della chirurgia la cui vista ci fa impallidire, la sega, il trapano, il forcipe, il litotomo non sono stati inventati da un genio nemico della specie umana; ebbene, questi strumenti, che servono all’uomo per la guarigione del male fisico, hanno la stessa funzione del male fisico, che è usato da Dio per estirpare il vero male. Un arto lussato o fratturato può essere sistemato senza dolore? Una piaga, una malattia interna possono essere guarite senza astinenza, senza privazioni di ogni genere, senza un regime più o meno faticoso? Quanti sono in tutta la farmacopea i rimedi che non disgustano i nostri sensi? Le sofferenze stesse causate direttamente dalle malattie non sono forse lo sforzo della vita che si difende? Nell’ordine sensibile come nell’ordine superiore la legge è la stessa ed è antica quanto il male: il rimedio al disordine sarà il dolore».

Ecco dunque Seneca alla lettera. Il dolore della pena si combatte con la pena.

Lo stoico per De Maistre può funzionare da modello per il cristiano. Quanto più il mezzo chirurgico è rozzo, tanto più funziona.

«Forse ricordate anche voi, l’invettiva energica e talvolta amara di Seneca contro le malattie del suo secolo: è interessante vedere l’epoca di Nerone segnata dall’affluire di mali sconosciuti nelle epoche che l'hanno preceduta.[...]. Tutte le malattie hanno la loro radice in qualche vizio condannato dal Vangelo e questa santa legge contiene la vera medicina sia per il corpo sia per l’anima: in una società che mettesse in pratica gli insegnamenti evangelici, la morte sarebbe soltanto l’inevitabile conclusione di una vecchiaia sana e vigorosa».

De Maistre cita l’epoca di Nerone perché è la massima espressione, il culmine della civiltà romana; è a partire da quel momento che la civiltà inizia il decadimento.

Il progresso, se non è progresso fisico del nostro corpo, è un progresso dimezzato. Questo concetto è presente in Rousseau, in De Maistre, in Leopardi, in Nietzsche.

La civiltà rappresenta anche delle cose che l’Illuminismo non risolve. Ci porta delle malattie nuove, e quant’anche non ci desse delle malattie nuove (recupero stoico) ci ha trasmesso la paura delle malattie.

De Maistre si appropria di uno degli elementi fondamentali dell’Illuminismo la lotta contro la pena di morte e lo capovolge.

L’argomento ultimo dell’Illuminismo per combattere persino l’idea della pena di morte è questo: è possibile sempre nell’ordine giudiziario delle cose, l’errore. L’Illuminismo si appropria del principio romano dove si diceva, meglio un reo non colpito da pena, che un innocente colpito da pena.

De Maistre si oppone a questo ragionamento e ammette di essere un fautore della pena di morte in pubblico, non come esempio, ma come sacrificio. Attraverso l’esecuzione in pubblico, il gruppo restituisce al corpo del condannato la sacralità perduta con il delitto.

«Come è possibile che noi siamo nel torto quando accusiamo la giustizia umana di aver risparmiato un colpevole, perché colui che noi riteniamo un colpevole in realtà non lo è, così è possibile che un uomo mandato al patibolo per un delitto che non ha commesso abbia in realtà meritato il patibolo per un altro crimine sconosciuto a tutti. Fortunatamente, e sfortunatamente, sono numerosi i casi del genere, provati dalle confessioni dei colpevoli; e sono convinto che siano più numerosi di quanto possiamo immaginare».

In maniera analogamente provocatoria De Maistre si esprime a proposito della guerra. Essa viene vista come un fattore positivo.

«I caratteri più dolci amano la guerra, la desiderano e la fanno con passione».

Questa ideologia avrà un grande momento di successo a cavallo dei secoli Ottocento-Novecento. E’ sufficiente ricordare brevemente di come l’Italia fosse divisa fra una tradizione di tipo positivista-socialista favorevole alla pace internazionale, e la posizione della Chiesa cattolica divisa nel suo stesso corpo. (la Chiesa aveva la sede in Italia, ma l’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, cattolicissimo, era il sacro romano imperatore, così come l’Ungheria, la Francia tutti Stati cattolici che erano in conflitto tra loro).

Alla vigilia del conflitto, papa Benedetto XI, parlò in termini molto chiari di inutile strage optando per soluzioni di tipo politico. Tuttavia né i socialisti, nè la Chiesa cattolica riuscirono a persuadere i contendenti e si arrivò alla prima guerra mondiale.


Theorèin - Aprile 2004