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 XXVII Lezione

Nascere e morire. Ciò che ci apprestiamo a dire ha un valore sistematico. A rigore non si nasce e non si muore. Se l'aria, l'acqua, la terra e il fuoco si combinano, passano da uno stato anteriore di inerzia ad uno stato incontrollabile di moto. La vita non è una qualità essenziale vivente. 

Bisogna distinguere una vita inerte e una vita attiva, che stanno reciprocamente in rapporto con la forza vita e la forza morte. 

I termini di vita e di morte non hanno nulla di assoluto. Essi designano solo stati successivi di uno stesso essere. 

Sostanzialmente epicureismo significa tendenza alla stasi, laddove stasi significa a sua volta tentativo di non forzare l'armonia che c'è. Prima che noi nasciamo, e che ci sarà di certo anche quando moriremo, questo mantenimento durante la nostra vita di armonia è la morale epicurea. Non bisogna forzare un'armonia che c'era e che ci sarà in qualunque modo. 

Quale idea ha l'epicureismo nei confronti delle macchine? Nel momento in cui una massa di cose meccaniche, che abbiamo messo in atto per aiutare il nostro corpo onde mantenerlo in equilibrio e anche per curarlo, eccedesse in un aiuto puro e semplice al raggiungimento dell'armonia, questa massa deve essere arrestata. 

Da un punto di vista, l'epicureismo potrebbe essere un invito a non forzare la situazione del nostro corpo. Se ad esempio, nel momento in cui si stabilisce una determinata società, legata a modelli e ragioni infinite; sociali, politiche ecc., per la quale la bellezza e la sanità del corpo e la giovinezza del corpo diventano quelli prevalenti, in questo momento si assiste ad una corsa, che è quella di oggi, a portare il cinquantenne per mezzo di prodotti e protesi, a dimostrare la sua giovinezza; si assiste ad una forzatura del fisico tale per non dimostrare cinquant'anni. Bisogna essere quello che si è, non bisogna mascherarsi; questo è un chiaro concetto dell'etica epicurea. 

Altro elemento fondamentale dell'epicureismo sono i simulacri. La mancanza di riferimenti in comune genera inevitabili separazioni. Due persone si ritengono differenti quando hanno dei tipi di riferimenti, dei simulacri non in comune. Allora si crea una rottura di una socialità generale. Questo problema, la dottrina epicurea, lo conosce e quindi parla di una amicizia di un gruppo che si tiene in piedi al di la degli ostacoli. Si tiene insieme sulla base di simulacri comuni, che vengono tra di loro suscitati dagli stessi discorsi che si fanno. 

Troviamo vari esempi nel Quattrocento e Cinquecento: il Cortegiano di Baldassarre di Castiglione, o il Brandi che narra la vita relativa alla corte di Ferrara dove si dice che l'ideale è sedersi al fresco intorno a Ferrara in una specie di corte, con un rinfrescatoio pieno di bevande, e parlare di una serie di cose, possibilmente non troppo impegnate, ma che allo stesso tempo provochino impegno anche politico. L'idea del ritrovarsi a raccontare appare molto bene anche nel Decameron di Boccaccio.


Theorèin - Settembre 2004