LA SFIDA DI CARTESIO E LA RISPOSTA DI VICO
A cura di: Mario Della Penna
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XV Lezione

La risposta di Vico

Cartesio muore nel 1650, Vico nasce 1668, già vi era stato il tempo che il pensiero cartesiano penetrasse in pieno nella cultura europea e quindi anche nell'ambiente napoletano in cui Vico si formò.

Nato da un modesto libraio, frequentò le classi di grammatica e di umanità, studiò filosofia con il nominalista Antonio del Balzo. Insegnò retorica all'università di Napoli.

Questi anni furono particolarmente fecondi, anche perché, impegnato a preparare le orazioni inaugurali dell'anno accademico. Tra le orazioni inaugurali la più suggestiva è la settima, intitolata De nostri temporis studiorum ratione (Del metodo degli studi del nostro tempo).

Comincia ad elaborare il proprio pensiero con un'opera dal titolo De antiquissima Italorum sapientia ex linguae latinae originibus eruenda (Dell'antichissima sapienza italica da trarsi dalle origini della lingua latina).

Scrisse un'opera sul diritto perché voleva prenderne la cattedra assai più remunerativa di quello di eloquenza e retorica, il cui titolo è: De universi juris uno principio et fine uno (Dell'unico principio e dell'unico fino del diritto universale) 1720. In questa occasione Vico comincia già ad affrontare il tema che poi svilupperà nel 1725 con Principi di una Scienza nuova d'intorno alla natura delle Nazioni, per la quale si ritrovano i principi di altro sistema del diritto naturale delle genti (nota come Scienza Nuova prima - SN). Nel 1744 uscì postuma l'ultima edizione della Scienza Nuova. La SN ha un assonanza con la scienza moderna che stava nascendo con Galilei e con Cartesio.

Vico opera però in un'altro campo e cioè il mondo umano, il mondo della storia, il mondo dell'incivilimento umano, e questo rappresenta la novità. Una delle opere più interessanti di Vico è l'Autobiografia scritta da sé medesimo.

In un passo rivendica con orgoglio di cercare la verità liberamente, senza condizionamenti, e per evitare ai giovani di cadere negli inganni dei falsi dottori, nulla curò di contrarre l'inimicizia dei dotti di professione.

Ma egli tutte queste avversità le benediceva come occasioni nelle quali esso come a sua alta ed inespugnabile rocca, si ritirava al tavolino per meditare e scrivere altre opere le quali chiamava generose vendette ai suoi detrattori, le quali finalmente il compito a ritrovare la scienza nuova.

Vico nel momento in cui si sta preparando la grande stagione dell'Illuminismo va contro corrente, perché non è a favore di un progresso necessario e irreversibile, egli parlerà anche di involuzioni, i famosi ricorsi.

Vi sono molti filosofi che si sono richiamati al Vico. C'è un saggio molto interessante di Horkheimer Gli inizi della filosofia  borghese della storia in un capitolo si parla di "Vico e la mitologia".

Come mai dicevano i Francofortesi la nostra civiltà al culmine del suo sviluppo si rovescia in barbarie? Vico si occupa di queste realtà: l'uno attraverso la sua storia. Egli tiene conto non solo della Repubblica di Platone, ma anche della feccia di Romolo di cui parla Tacito.

Dice Vico che la sua è un'arte quasi diagnostica della condizione umana. Perciò indagine vichiana come intorno alla comune natura, natura anche come origine dell'incivilimento umano. Questo studio ci aiuta a capire l'humanitas, cioè ciò che caratterizza l'uomo in quanto tale.

Cosa a che fare col Metodo di Cartesio? In questa sua indagine ha modo di dialogare direttamente su Cartesio,  in quanto l'ambiente napoletano era pieno di cartesianismo. La novità della scienza vichiana consiste nel sforzo di ricondurre la storia che corre nel tempo, ossia fatti umani filologicamente accertati, alla storia della letteratura. A stabilire cioè il rapporto fra umano arbitrio e la provvidenza architetto.


Theorèin - Febbraio 2005