IL RISPETTO CHE NON C'E'

A cura di: Mario Della Penna

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 Una mostra, un paese, e le tante cose da cambiare

Ieri 26 maggio 2007 presso la Taverna Ducale di Popoli, paese più distante della provincia di Pescara ai confini con il territorio aquilano, Carlo Volpicella, lavoratore turnista al pronto soccorso dove la sofferenza è di casa; marito della inseparabile Anna che lo segue con entusiasmo e partecipazione emotiva in ogni sua iniziativa culturale; padre di una ragazza alla quale negli anni ha cercato di trasmettere l'entusiasmo del fare; artista non facilmente collocabile in schemi rigidi e convenzionalmente accettati; mio amico dalla nascita con cui ho diviso gioie e dolori della vita di periferia; componente fra i più attivi della redazione di Theorein, ci ha fatto dono di alcuni suoi recenti studi artistici, in una personale intitolata I theorein di Carlo Volpicella.

Carlo quando si mette in movimento per organizzare una mostra non conosce rivali in quanto ad impegno e mole di lavoro; è capace dopo un turno di notte, rinunciare al meritato e doveroso riposo, e mettersi in macchina percorrendo decine di chilometri per preparare al meglio l'evento.

Carlo, come molti di noi, per mantenere viva la propria passione per l'arte e lo studio, sottrae risorse economiche, oltre che di tempo, alla propria famiglia, e dati i tempi di magra economica questo significa sottolineare che per lui come per tutti noi, ciò rappresenta un grande sacrificio non avendo altre rendite, o grandi patrimoni da sperperare o (grandi) famiglie alle spalle che ti aprono le porte per accedere ai cosiddetti salotti buoni della cultura.

Carlo, nelle cose in cui crede, ci mette cuore ed anima come pochi, e la carica umana e le energie positive che sprigiona, tornano a lui sotto forma di partecipazione e di giudizi favorevoli dovunque egli si sia presentato.

Date queste premesse, vengo rapidamente a fare alcune considerazioni che sono scaturite visitando la mostra e parlando con diverse persone convenute.

Punto primo: gran parte dei quadri esposti sono stati sistemati per terra; installazione insolita ed originale, che in realtà nascondeva un problema più serio: quello di non poter appendere i quadri sulle pareti della Taverna Ducale, sulle quali ad essere onesto non ho riscontrato nessun elemento di pregio se non una tinteggiatura gialla che solo a tratti riusciva a nascondere le grandi macchie di umidità. Non conosco la storia passata dell'uso di questo spazio, ho tuttavia ascoltato la relazione introduttiva dello storico dell'arte Roberto Franco, responsabile della struttura, che ha comunicato di aver in programmazione sei mostre da svolgersi nell'anno in corso, volendo così dare a questo luogo una missione espositiva che si affianchi a quella convegnistica attuale. Se queste sono le intenzioni, sarebbe stato il caso di studiare anche per questa prima mostra, un sistema per la collocazione delle opere esposte, questo sarebbe stato il miglior ringraziamento alla fatica artistica ed organizzativa di Carlo Volpicella.

Punto secondo: ho visto tra il pubblico persone pervenute da diverse località; ho visto diversi artisti, importanti medici d'ospedale, professori universitari, presidenti di strutture culturali ed ambientalistiche, ho visto persone che sono venute con bambini piccoli a seguito, tutti sono venuti a rendere omaggio ad un amico-artista e questo è un evidente segnale di profondo rispetto. Tuttavia non ho visto gli amministratori pubblici della città di Popoli prendere la parola (ammesso che qualcuno fosse presente in sala) nè tantomeno ho visto cittadini di questo paese. Quello che ho visto è stato un Paese desertico. Non mi sembra che strategicamente possa pagare scelte di latitanza e di degrado urbanistico ed ambientale, quando si pretende di importare modelli di sviluppo turistico e culturale nei piccoli centri, rifacendosi a località che con scelte più coraggiose e rispettose delle persone e degli operatori che organizzano giornate come queste, fanno parlare di sè oltrepassando i confini nazionali, contribuendo a fare ricchezza di un territorio vocato a questo.

Punto terzo: tempo fa ho scritto alcune riflessioni, proprio in questa mia rubrica, che scaturirono dalla mostra fatta da Carlo Pilone a Pescara. In quella circostanza avevo fatto rilevare il poco rispetto che le istituzioni avevano mostrato nei confronti dell'artista pennese e colsi l'occasione per parlare della fine dello SPARTS ovvero dello spazio per le arti a Pescara. Il 3 marzo 2007 in occasione della inaugurazione del MAAAC al castello di Nocciano, sempre in provincia di Pescara, ho ascoltato dalla voce di un assessore alla provincia le ragioni secondo le quali quello spazio faticosamente conquistato dagli artisti e dagli studiosi dell'arte (mi piace ricordare il compianto Ciro Canale che tanto si è battuto) doveva trovare altra collocazione e parlò con vanto della nuova sistemazione posta nei sotterranei del conservatorio Luisa d'Annunzio. Ho lasciato passare quel discorso retorico e in politichese per rispetto degli organizzatori, tuttavia credo sia venuto il momento dell'agire in veste politica per rompere questa consorteria che da decenni blocca e provincializza il grande patrimonio dei saperi che questa terra d'Abruzzo possiede.    

27.05.2007


Theorèin - Maggio 2007