L'ALTA VAL PESCARA NELL'OTTOCENTO 
dai resoconti dei viaggiatori tedeschi
A cura di: Virgilio Cesarone
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Capitolo 1

La letteratura da viaggio

non vogliate negar l'esperienza,

diretro al sol, del mondo senza gente!

Considerate la vostra semenza:

fatti non foste a viver come bruti,

ma per seguir virtute e conoscenza'.

 

Dante, Inferno XXVI

 

Potrebbe sembrare perlomeno strano che in un'epoca come la nostra, dove un evento sportivo in America o un terremoto in Giappone sono vissuti contemporaneamente da milioni di persone - il vero o presunto "villaggio globale" - ci sia un grande fiorire di traduzioni e convegni sulla letteratura di viaggio. 

Un motivo per questo interesse potrebbe ritrovarsi nel forte contrasto, che suscita senza dubbio curiosità, tra l'abbondanza d'informazioni che l'uomo contemporaneo riceve comodamente a casa, e la scarsità di notizie di cui  si disponeva nei secoli passati, notizie che i viaggiatori riportavano in patria con i loro resoconti dopo lunghe e spesso avventurose peregrinazioni. 

Oggigiorno al contrario siamo tempestati da notizie ed il problema che sorge non è più quello di ricevere nuove informazioni, ma piuttosto di riuscire a discernere le utili dalle inutili (per tralasciare il problema della cernita tra le vere e le false). 

Il grande sviluppo avuto dalla letteratura odeporica nei secoli passati mostra come fosse vivo l'interesse per paesi e popoli poco conosciuti; al contrario solo raramente trovano posto nelle nostre librerie opere di letteratura di viaggio, che ormai si limita alle impressioni di famosi letterati (Calvino, Moravia, etc.). 

Eppure uno dei primi grandi libri della civiltà occidentale è l'Odissea, ossia il racconto delle lunghe ed estenuanti avventure vissute da Ulisse durante il suo viaggio verso casa per il mar Mediterraneo. 

D'altro canto le attuali guide turistiche, con la loro selezione di monumenti, chiese e piazze sopprimono contemporaneamente la realtà dalla terra e quella degli uomini: il viaggio come avvicinamento ad una società non esiste più, le guide odierne riducono "la geografia ad un mondo monumentale ed inabitato". (1)

La produzione odeporica dei secoli passati ci presenta invece un gran numero di letterati e pseudo-letterati, che pubblicavano regolarmente i loro resoconti, le lettere ai cari, le descrizioni e le impressioni dei propri viaggi. Certamente queste erano persone colte, le quali tuttavia viaggiavano per i motivi più disparati. E' proprio in base a questo che alcuni critici hanno rifiutato di riconoscere alla letteratura di viaggio lo status di genere a sè, preferendo classificarla secondo le varie categorie che la compongono; ossia essa deve essere ordinata secondo i temi, i miti, i luoghi ed i tempi. Nonostante questa difficoltà di classificazione, possiamo attribuire alla letteratura di viaggio tre momenti fondamentali, almeno nella forma, che si susseguono più o meno cronologicamente. Il primo momento è quello dei resoconti scritti dai figli della nobile aristocrazia europea, la quale "doveva" intraprendere il famoso Grand tour d'Europe. A questi resoconti, che aprirono turisticamente l'Italia agli stranieri, sono seguiti dei veri e propri manuali, il più famoso dei quali è il Baedecker, la cui prima edizione fu pubblicata nel 1801. 

Modello per il terzo momento è l'opera di Goethe Viaggio in Italia, il quale più che descrivere luoghi e genti, cerca di dar voce alle proprie emozioni, trascrivendo le impressioni provate durante il viaggio. In definitiva si va verso una progressiva borghesizzazione della letteratura da viaggio che si discosta sempre di più dall'accurata relazione per divenire autobiografia, con un conseguente minor interesse per il luogo visitato. A conferma di questo si vedano le ultime pagine di Tristi tropici, l'opera di Lèvi-Strauss, uno dei più grandi etnologi contemporanei, nelle quali l'autore confessa che in fondo ciò che lo aveva continuamente accompagnato durante i suoi studi sulle società primitive ed nei cinque anni di ininterrotta lontananza dalla Francia, era il risuonare nella sua mente della musica classica occidentale, mostrando l'impossibilità di uscire quindi da ciò che aveva segnato la sua formazione culturale. 

Come abbiamo detto i motivi dei viaggi erano molteplici, ma in ogni caso possiamo cercare di comprenderne i tratti essenziali. Viaggiare era, e qualche volta lo è ancora oggi, sinonimo di conoscenza. Tale conoscere poteva essere raggiunto tramite l'esperienza di qualcosa di nuovo - quindi una conoscenza del "fuori di sè" - per mezzo dei contatti con aspetti del reale mai esperito precedentemente e per questo fonte inesauribile di sapere; oppure la conoscenza avveniva attraverso una scoperta del vero se stesso, alla ricerca dunque di una verità interiore che era rimasta nascosta, la cui esistenza si disvelava proprio nel confronto con il nuovo; si conosce un altro se stesso rispetto alle nuove e diverse sollecitazioni ambientali che la persona vive e subisce. (2) E' proprio a quest'ultima tipologia che possiamo riportare le parole di Herder a Roma nel 1857: "Roma. Presso questo nome cessano tutti i sogni, qui inizia la conoscenza di se stessi". In entrambi i casi però il viaggio è da intendere come un momento dialogico, di confronto aperto tra due culture diverse, lo scambio fecondo tra la cultura del paese di provenienza del viaggiatore e quella del paese visitato. 

La letteratura di viaggio per eccellenza è senza dubbio quella dedicata al Sud, ed anche in questo caso rintracciare i motivi di tale preferenza riveste una certa complessità. Sicuramente il viaggio al Sud è da intendere soprattutto come un ritorno al grembo materno, il seguire un desiderio ancestrale di ritrovare le proprie radici e le proprie origini; le regioni meridionali erano ritenute, a buon diritto, la culla della civiltà ed inoltre non bisogna dimenticare che proprio in queste zone sono nate le religioni che hanno segnato il destino dell'Europa. Ma il viaggio verso il Sud era innanzitutto un andare incontro al bello. La bellezza dei templi greci e delle ville romane, l'arte rinascimentale e barocca, furono il motivo di molti viaggi, soprattutto a partire dalla fine del XVIII secolo, sotto l'influsso del Neoclassicismo. Al contrario la ricerca delle bellezze paesaggistiche delle terre meridionali suggestionò maggiormente il viaggiatore romantico, che intendeva soprattutto riscoprire una sorta di "naturalità" smarrita a causa della tracotante ùbris della ragione illuminista. In ogni caso il viaggio al Sud divenne un momento fondamentale nella vita di molti letterati. Esso determinava spesso una specie di cesura con la vita precedente, per rigenerare gli animi stanchi ed affaticati e suscitare una vera e propria palingenesi; eccellente esempio di ciò è la vita del grande Goethe, che partì quasi nascosto da Carlsbad, quando trentaseienne era già ricco e famoso, per venire in Italia ed annunciare da Roma "una vera rinascita". 

Tuttavia la realtà italiana era molto spesso ben diversa da quella sognata. Dai resoconti emergono tratti di una profonda miseria e di una arretratezza sociale, che spingeva sovente i viaggiatori a guardare questi popoli più con l'occhio dell'etnologo che con quello del turista. il viaggio attraverso le terre meridionali era spesso per questi colti europei quasi un viaggio a ritroso nel tempo. Una curiosità particolare suscitavano soprattutto le tracce dei culti pagani, che molti riti cristiani mantenevano ancora. Certo non mancava in ogni paese qualche famiglia del ceto emergente, della borghesia, che aveva nella sua libreria le opere degli enciclopedisti o di Rousseau, ma questo non poteva nascondere la sostanziale miseria in cui versava il Sud. D'altro canto possiamo affermare sicuramente che tali viaggi contribuirono ad instaurare un legame duraturo del Meridione con i paesi d'oltralpe; un legame univoco forse, ma che contribuì al progresso delle nostre regioni.


(1) Roland Barthes, Miti d'oggi, trad. it. L.Lonzi, Einaudi - Torino 1974, p.120.

(2) A tal proposito ci sembra interessante ricordare che la parola "metodo", ossia il mezzo per raggiungere razionalmente e sistematicamente qualcosa, significa secondo l'etimo greco "per la via".


Theorèin - Marzo 2003