TEORIA DELLA LETTERATURA
A cura di: Luciano Vitacolonna
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Brevi considerazioni su memoria, strutture linguistiche e narrazione

4. Negli anni settanta, van Dijk, Kintsch e altri studiosi condussero vari esperimenti concernenti la comprensione e memorizzazione di racconti o storie (20). Queste ricerche facevano parte di tutta una serie di studi sui processi cognitivi in relazione alla linguistica testuale e all'IA.

Alla base di tutti questi esperimenti relativi alla comprensione e memorizzazione di testi lunghi, c'è l'assunzione teorico-metodologica che la comprensione di un testo (lungo) è determinata dalla struttura globale del testo, ossia certi tipi di testo - come, per es., racconti, storie o relazioni scientifiche - hanno una struttura convenzionale che risulta familiare al lettore comune. Si ritiene, dunque, che la conoscenza di queste convenzioni aiuti il lettore a comprendere e a ricordare il testo letto o ascoltato. Questa conoscenza è stata chiamata da alcuni 'schema' (21). Per fare un esempio, lo schema di certi racconti - scrivono Kintsch o Greene [1978:1] - «è costituito dalla conoscenza del fatto che racconti [stories] semplici (non letterari) hanno un eroe che deve essere presente nella maggior parte del racconto; i fatti narrati devono essere connessi casualmente e cronologicamente; i racconti contengono episodi che consistono ognuno di tre categorie narrative [story categories] chiamate spesso esposizione, complicazione e scioglimento; ognuna di queste categorie narrative svolge una particolare funzione - per es., la complicazione dev'essere rilevante e interessante». Ora, ciò che è importante e significativo è che questi schemi sono culturalmente determinati, cioè sono specifici di una data cultura. Infatti, lo schema qui delineato (esposizione-complicazione-scioglimento) è valido per storie e racconti di area europea. I racconti di altre culture possono allontanarsi notevolmente da questo schema. Come precisano Kintsch e Greene [1978:2], «in certe culture degli Indiani d'America, sono comuni improvvisi cambiamenti nell'eroe, non si richiede nessuna connessione causale-temporale fra gli episodi, e la struttura degli episodi è basata sul principio del quattro: quattro attori, quattro strumenti, quattro episodi». Da tutto ciò consegue che dovrebbe essere più facile elaborare racconti costruiti conformemente a uno schema familiare che non racconti costruiti conformemente a uno schema non familiare (ibid). E infatti, Kintsch e van Dijk [1975] hanno fornito delle prove convincenti a sostegno di queste osservazioni.

Kintsch e van Dijk hanno fatto riassumere a studenti universitari americani alcune novelle del Decameron e un racconto popolare apache, poi hanno confrontato questi riassunti. Si è potuto constatare (1) che gli studenti hanno trovato più facile riassumere le novelle di Boccaccio - che sono strutturate secondo schemi narrativi noti agli universitari americani - che non il racconto apache, e (2) che gli studenti concordavano fra loro molto di più su quello che dovevano scrivere nei riassunti delle novelle del Decameron che non su quello che dovevano scrivere nei riassunti del racconto apache. Queste conclusioni sono state confermate da un esperimento analogo condotto da Kintsch e Greene [1978], i quali hanno fatto riassumere sempre a studenti universitari americani quattro novelle tratte ancora una volta dal Decameron e quattro miti degli Indiani d'Alasca.

I risultati ottenuti negli esperimenti di van Dijk, Kintsch, Greene, ecc., non ci devono sorprendere. Sappiamo bene, infatti, quanto sia difficile per uno studente comprendere e riassumere - cioè individuare le macro-strutture narrative di - un racconto mitico o un testo poetico greco o latino (22). e sappiamo pure molto bene quanto sia arduo, anche per noi adulti, capire, memorizzare e riassumere un testo scientifico che parli di argomenti per nulla o poco noti. In tutti questi casi facciamo un'enorme fatica ad assegnare una macro-struttura e una coerenza al testo in questione, perchè, in fondo, non riusciamo a costruire una rappresentazione mentale di quanto letto o ascoltato.

Ma in cosa consistono esattamente e come vengono ottenute le macro-struttre? Detto semplicemente, una macro-struttura è una rappresentazione semantica di un certo tipo, «cioè una proposizione implicitata dalla sequenza delle proposizioni sottostanti il discorso (o parte di esso)» (van Dijk [1980a:210]). Ciò implica (1) che la macro-struttura di frasi semplici possa coincidere con la loro struttura proposizionale sottostante, e (2) che «qualsiasi proposizione implicitata da un sottoinsieme di una sequenza è una macro-struttura per quella sequenza». (ibid). Precisa Levorato [1988: 144]: «Le informazioni non vengono trattate una per volta, in modo da dar luogo a delle proposizioni isolate, ma un insieme di proposizioni entrano a far parte di una medesima lista». Queste proposizioni (macro-strutturali) possono dunque «essere soggette all'integrazione in un'unità più ampia, ossia implicitano, congiuntamente, una macro-struttura più generale» (van Dijk [1980a: 210]). Ciò avviene grazie alla cosiddetta 'memoria di lavoro', che contiene tutta una serie di conoscenze e informazioni precedentemente codificate e strutturate che permettono di stabilire la coerenza tra le proposizioni e dunque l'argomento di una porzione di testo. Infine, la memoria di lavoro «elabora i "pezzi" di informazione linguistica che entrano a far parte della medesima lista proposizionale e che costituiscono delle microstrutture, e cioè delle strutture di significato che rappresentano in modo integrato delle parti di testo superficiali» (Levorato [1899: 145]). La trasformazione di un testo in micro-strutture - le quali vengono immagazzinate per conservare quelle informazioni necessarie ad assicurare la coerenza - implica tutta una serie di fenomeni: da una parte, la perdita sia di informazioni attinenti alla struttura superficiale del testo, sia di informazioni casuali o ridondanti; dall'altra, la conservazione sia del significato proposizionale, sia di quelle informazioni che hanno costituito più di una micro-struttura. Tutto ciò porta, appunto, alla formazione delle macro-strutture. Pertanto, si può dire che le macro-strutture manifestano, sostanzialmente, il contenuto principale di un testo, lo riassumono, ne esprimono il significato globale. E' dunque evidente che le macro-strutture, da un lato, sono dei dispositivi atti a immagazzinare informazioni, in quanto è l'organizzazione macro-strutturale a stabilire come immagazzinare le informazioni; dall'altro sono pure dei dispositivi atti a recuperare le informazioni, in quanto proprio la rievocazione delle macro-proposizioni realizza sia il processo di ricostruzione testuale, sia il recupero delle corrispondenti micro-proposizioni.

Alla questione delle micro- e macro-strutture è connessa anche quella, più generale o generica, relativa al rapporto fra memoria e strutturazione. Se la memoria è fondamentale per strutturare, comprendere e interpretare un testo, è altrettanto vero che la strutturazione (o segmentazione) di un testo condizione - per non dire determina - la (possibilità di) momorizzazione. Si prenda, per es., [12]:

[12] xaaaxxaaax

Configurata in questo modo, la stringa [12] risulta difficile da memorizzare nel giro di pochi secondi. Se, invece, la stessa stringa viene presentata come [13]:

[13] xaaax xaaax

allora la memorizzazione risulta senz'altro più agevole.


(20) Per es.  v. Kintsch e van Dijk [1975], Kintsch [1979], Kintsch e Greene [1978], Poulsen et al. [1979], Miller e Kintsch [1980]. 

(21) Per es. v. Kintsch e Greene [1978] e Levorato [1988:179 ss.]. 

(22) Sul concetto di 'macrostruttura' v. van Dijk [1972, 1977, 1978, 1980a, 1980b].


Theorèin - Settembre 2004