TEORIA DELLA LETTERATURA
A cura di: Luciano Vitacolonna
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Brevi considerazioni su memoria, strutture linguistiche e narrazione

5. Negli anni settanta e ottanta sono state condotte varie ricerche e sono stati realizzati numerosi esperimenti sulla visione e sul modo in cui memorizziamo le immagini (23). Queste ricerche e questi esperimenti si sono rivelati importanti non solo nel campo della psicologia cognitiva lato sensu, ma anche in quello della semantica, della logica e della linguistica. 

Moates e Schumacher [1983: 149] ci avvertono che, troppo spesso, siamo portati "a pensare che le immagini siano delle fotografie pressoché complete dell'ambiente, memorizzate a livello puro, relativamente non elaborato". Neisser e Kerr [1973] hanno condotto delle ricerche per verificare se le immagini mentali sono effettivamente simili a delle fotografie. A tal fine, hanno sottoposto ai soggetti tre differenti situazioni o condizioni di immaginazione:

  1. i soggetti dovevano raffigurarsi mentalmente due oggetti in interazione;
  2. i soggetti dovevano raffigurarsi mentalmente un oggetto nascosto da un altro;
  3. i soggetti dovevano raffigurarsi mentalmente oggetti distanziati non interagenti.

Qualora le immagini fossero davvero (come) delle fotografie, allora nel caso dell'oggetto nascosto si sarebbe dovuta avere una prestazione peggiore rispetto al caso degli oggetti in interazione, ma questo non si è verificato. Ciò che, invece, si è verificato è che la prestazione peggiore riguardava il caso degli oggetti non interagenti. Da tutto ciò si può concludere che le immagini mentali sono qualcosa di ben diverso dalle fotografie. Un contributo fondamentale a chiarire tale problematica è venuto dalla cosiddetta teoria semantica dei modelli e, soprattutto, dai lavori di Johnson-Laird [1988, 1990]. 

Dal punto di vista biologico, possiamo affermare - riassumendo Johnson-Laird [1988: cap. 15] - che in natura tutte le rappresentazioni sono soggette a evoluzione e tutti i processi biologici sono governati, in ultima istanza, da molecole proteiche; inoltre, in tutti questi processi svolge un ruolo importante il feedback. Ora, è possibile che alcune reazioni biochimiche possano rappresentare il mondo, in quanto il feedback può determinare le oscillazioni non-lineari sottostanti agli orologi biologici. E' possibile sostenere che che percepiamo il mondo direttamente, ma di fatto la nostra esperienza dipende da un modello del mondo. Entità presenti nel mondo dànno origine a forme di energia che raggiungono gli organi sensoriali. Le informazioni latenti in queste forme di energia sono utilizzate dal sistema nervoso per costruire un modello (parziale) delle entità che hanno prodotto l'energia. Insomma, la nostra visione del mondo dipende sia da come è il mondo, sia da come siamo noi; perciò, tutta la conoscenza che abbiamo del mondo dipende dalla nostra capacità di costruire modelli del mondo, e poiché questa capacità è un prodotto della selezione naturale, le nostre conoscenze dipendono tanto dalla nostra formazione biologica quanto dalle cose-in-sé. Tutto ciò, in definitiva, porta Johnson-Laird [1988: 588] al seguente principio costruttivista: «un modello mentale viene costruito disponendo dei contrassegni [tokens] in una particolare strutturazione atta a rappresentare un dato stato di cose». 

Che tutto ciò sia accettabile pare dimostrato, per esempio, dalla percezione delle immagini e dei colori. Da un lato, si pensi alle illusioni ottiche: spirale di Fraser, litografie di Escher, figure ambigue, cubo di Necker, scala di Schroeder, oggetti paradossali, ecc. Dall'altro, si consideri la natura e la storia del colore: se è vero che l'occhio umano è in grado di percepire lunghezze d'onda comprese tra 380mµ (violetto) e 780 mµ (rosso), è anche vero che - almeno nella nostra cultura - solo tre sono i colori primari assoluti (rosso Magenta, giallo, blu ciano) e che le contrapposizioni di due colori fondamentali (rosso e blu) "possono indicare quanto sia arbitrario distinguere nella quantità di significati veramente immensa associabile alla percezione dei colori" (Brusatin [1978: 389]). 

A quello di Johnson-Laird si può affiancare il punto di vista di Miller [1979]. Nell'analizzare un brano tratto da Walden di Thoreau, Miller distingue fra 'immagine mnestica' (memory image) e 'modello', da un lato, e fra 'processo costruttivo' e 'processo selettivo', dall'altro. Con 'immagine mnestica' Miller si riferisce a processi che possono realizzare una particolare registrazione (record) di un determinato brano e delle informazioni ottenute. Per brani altamente astratti l'immagine mestica può essere costituita soprattutto da una immagine, visiva o uditiva, del testo stesso. Quanto al processo costruttivo, esso risulta in una immagine mestica, una singola rappresentazione di una scena le cui caratteristiche peculiari corrispondono strettamente a quelle del brano. Il processo selettivo, d'altro canto, risulta in un insieme di stati di cose possibili che corrispondono al brano scritto solo in relazione ai loro tratti comuni, ma che differiscono fra loro sotto tutti gli altri aspetti. Dovrebbe essere chiaro, dunque, che gli insiemi di stati di cose possibili - entro cui il lettore opera le sue scelte - non sono immagini. Questi insiemi si possono chiamare modelli semantici (Miller [1979: 206]). Più esattamente, un modello semantico per un dato testo «è l'insieme di tutti i possibili stati di cose in cui, per quel testo, è vera tutta l'informazione nell'immagine mestica. Per essere un membro di quest'insieme, ogni stato di cose particolare deve essere coerente con tutte le informazioni ricevute dal lettore. Tutti i fatti asseriti nella descrizione sono necessariamente veri nel modello - sono veri di ogni elemento nell'insieme. Qualsiasi fatto in contraddizione coi fatti asseriti nella descrizione è necessariamente falso. E qualsiasi fatto che non sia stato dato né contraddetto è virtualmente vero - è vero di qualche stato di cose contenuto nel modello, ma non occorre che sia vero di tutti» (ibid.). 

In base a quanto sostenuto da Johnson-Laird e da Miller, possiamo affermare che non esiste un concetto assoluto di 'realtà' o di 'mondo', ma bisogna piuttosto parlare di 'modelli della realtà' o di 'modelli del mondo'. Ma, come si è cercato di precisare prima, un 'modello' non è una semplice immagine della realtà o del mondo, bensì è una rappresentazione della realtà o del mondo dotata di una struttura e di una funzione; per usare ancora una volta le parole di Johnson-Laird [1988: 268]: «Il modello di un linguaggio è […], in una semantica formale, un costrutto astratto: si risolve in una funzione tra espressioni ben-formate del linguaggio e elementi di una specifica struttura-modello, tipo l'insieme dei numeri naturali o qualche altra sorta di entità». Possiamo dunque concludere dicendo che solo nel caso e nella misura in cui siamo in grado di costruire questi modelli possiamo interpretare, memorizzare e riassumere testi più o meno complessi.


(23) Cfr. Frisby [1979], Kosslyn [1980], Marr [1982], Pinker [1984], Johnson-Laird [1988].


Theorèin - Ottobre 2004