RANDONE, EDUARDO, STOPPA:
TRE MESSEINSCENA DE IL BERRETTO A SONAGLI
DI LUIGI PIRANDELLO
A cura di: Paolo Diodato
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Lezione III

EDUARDO INTERPRETE DE
IL BERRETTO A SONAGLI

Eduardo e Pirandello

“Caro Edoardo, ritorno adesso da Milano e trovo la lettera del vostro Argeri e i giornali coi resoconti del vostro trionfo. Non m’aspettavo meno da Voi. Ciampa era un personaggio che attendeva da vent’anni il suo vero interprete. Se le mie condizioni di salute me lo consentissero, vorrei non privarmi della gioia d’assistere almeno a una rappresentazione”. (1)

Ciampa,dunque, per Pirandello ha finalmente trovato il suo vero interprete. Eduardo e Pirandello si erano incontrati in un camerino del teatro Sannazzaro di Napoli nel 1933 durante la fortunata stagione del Teatro Umoristico. (2) Eduardo incoraggiato dalla semplicità di quell’uomo illustre che era andato a trovarlo in camerino gli chiese il permesso di tradurre Liolà in napoletano.

Eduardo,infatti, aveva letto i romanzi e le novelle di Pirandello che doveva averlo influenzato già a partire dalle sue prime commedie degli anni ‘20, dove, tuttavia, prevalgono ancora i modelli farseschi della tradizione napoletana.

Il tema della pazzia, per esempio, così centrale nelle opere di Pirandello (3) ,appare sin dalla seconda commedia di Eduardo del 1922: Uomo e galantuomo, (4) dove emergono però gli accenti comici. Ma già nella commedia successiva, Ditegli sempre di sì,(5)

nella pazzia del protagonista l’elemento della tradizione scarpettiana si unisce in modo originale con il teatro “borghese” o “grottesco” pirandelliano. L’incontro di Eduardo e Pirandello nel 1933 fu, dunque, un incontro da autore ad attore. Del resto le due drammaturgie erano completamente diverse. Eduardo era un autore dialettale, “mentre Pirandello che pure si era affermato come drammaturgo proprio con le commedie scritte in dialetto siciliano per Angelo Musco, non era mai stato considerato un autore dialettale”. (6)

Eduardo inoltre praticava un teatro di genere comico, non avvicinabile al teatro d’autore, che era poi, per molti uomini di cultura del tempo l’unico teatro che avesse dignità artistica. (7)

Soprattutto agli inizi, infatti, Eduardo drammaturgo fece fatica ad essere considerato, mentre come capocomico godette di una certa autorevolezza. Eduardo mise in scena di Pirandello vari lavori, tra cui Il Berretto a sonagli, che per il successo che ebbe divenne l’unica opera pirandelliana stabile nel suo repertorio fino alla fine della carriera, ed in ordine cronologico quella che chiuse l’ultimo ciclo di registrazioni televisive fatte alla Rai da Eduardo alla fine degli anni 70. (8) L’idea di tradurre in napoletano Il Berretto a sonagli si verificò per suggerimento dello stesso autore siciliano.

L’occasione venne dal lavoro in comune alla trasposizione teatrale della novella L’abito nuovo, scritta da Pirandello nel 1913. (9)

Questo episodio è raccontato dallo stesso Eduardo in uno scritto intitolato Io e la nuova commedia di Pirandello in cui descrisse i quindici giorni del dicembre del 1935 a Roma dove Pirandello, seduto in un’ampia poltrona del suo studio scriveva le battute “che davano il via alle scene principali”, e lui stesso che “traduceva in vernacolo il suo pensiero”. (10)

Fu, dunque, l’autore siciliano ad intravedere per primo in Eduardo un possibile interprete delle sue opere e il protagonista del Berretto a sonagli n particolare. (11)

Il loro incontro si era verificato in un momento felice della carriera artistica di Eduardo che aveva già assimilato i fondamenti della importante tradizione teatrale napoletana (12) innestandosi dunque all’interno di una complessità di rapporti che affondava le radici in storie artistiche poliedriche. Del resto Eduardo aveva iniziato tramite la lunga esperienza della Compagnia del Teatro Umoristico (13)(anni ‘30), un cammino di rielaborazione personale di questa stessa tradizione. Da ciò gli derivò l’attitudine all’ascolto complesso della realtà, l’attenzione "ai fatti, alla gente, e soprattutto alle piccole cose della vita quotidiana. (14)

La stessa tradizione napoletana così complessa e variegata gli aveva dato un patrimonio artistico atto a esprimere nelle sue opere una sensibilità sociale che lo orientava verso un mondo piccolo-borghese, colto, più che nelle singole individualità, nella sua coralità. (15)

Proprio questa tradizione poneva Eduardo in un rapporto particolare rispetto a Pirandello. L’attore napoletano infatti, grazie alla revisione già avviata degli antichi modelli teatrali partenopei, poté affrontare la novità delle tematiche pirandelliane. Ciò comportò la trasformazione radicale ma non traumatica di quello stile comico, o farsesco che poggiava su modelli drammaturgici tipici del varietà.

Ma l’incontro con Pirandello fu soprattutto l’incontro con i suoi personaggi, che la sensibilità di attore di Eduardo coglieva nella loro drammatica dinamicità, orientandoli verso un proprio destino al di là delle tipizzazioni o delle maschere. Il personaggio pirandelliano sempre scisso tra realtà ed estraniazione si trasformava in Eduardo in personaggio dominato da un umorismo tragico, diverso dall’umorismo di Pirandello, in quanto caratterizzato da una sottile, quanto profonda inespressività che però non lo estraniava dalla vita, dall’aderenza ai fatti e agli eventi ma che lo rimandava ad essi.

E’ proprio grazie alla sua drammaturgia d’attore che Eduardo si confronta naturalmente con un tipo di scrittura scenica in cui le situazioni, i fatti, insomma la realtà, delimitano e contengono il personaggio. (16)

Mentre i personaggi pirandelliani cercano continuamente di uscire dai fatti", quelli di Eduardo ci si immergono senza sconti. Per giungere infine  alla stagione della drammaturgia matura, in cui l’attore napoletano individuerà in ogni sua opera un protagonista che senza eroismi si isolerà dal grande coro degli altri personaggi contrapponendosi a questi. (17)

All’accusa di pirandellismo che gli venne fatta ad un certo punto della sua vita Eduardo rispose:

io, questo pirandellismo attribuitomi dai critici non lo capisco, se devo dire la verità. Che vuol dire? Che cosa vogliono dire? Che ho copiato da Pirandello, che mi sono appropriato della sua tematica? Se è questo che si intende per pirandellismo, mi pare che non sia neanche il caso di parlarne, tanto è ovvio che, a cominciare dalla mia concezione del teatro a finire con i miei personaggi spesso poveri e affamati, spesso maltrattati dalla vita, ma sempre convinti che una società più giusta e umana sia possibile crearla, niente potrebbe essere più lontano dall’idea teatrale di Pirandello e dai suoi personaggi." (18)

Il berretto a sonagli

Il vero successo pirandelliano dei De Filippo, comunque fu Il berretto a sonagli. La messa in scena (19) della commedia venne decisa e realizzata in brevissimo tempo proprio durante la collaborazione per L’abito nuovo. Questa collaborazione si era risolta, del resto, per Eduardo, in una vera e propria “lezione di drammaturgia” (20) che gli aveva permesso di affinare una tecnica rappresentativa tale da esprimere efficacemente il suo mondo poetico, salvaguardandolo dalla ricerca di effetti comici fini a se stessi. Egli stesso a proposito affermava: "un’idea, in  fondo, non è tanto difficile averla; difficilissimo è invece comunicarla, darle forma" (21)

Ed è proprio con Il Berretto a sonagli che Eduardo trovò le sue prime soluzioni al problema tecnico dell’arte dell’attore e dell’autore, individuando in Pirandello, il maestro del rinnovamento della drammaturgia di quegli anni. (22)

Insomma con il Berretto a sonagli Eduardo si incontra profondamente con la drammaturgia pirandelliana ricavandone una riflessione sul teatro, sul suo teatro.

Per questo allestimento Eduardo si era occupato anche dell’adattamento in napoletano e si affidò soprattutto alla capacità degli interpreti: lui stesso nella parte di Ciampa, Titina in quella di Beatrice e Peppino come il commissario Spanò.

Riguardo all’esperienza pirandelliana, Peppino aveva espresso qualche perplessità sin dalla prima collaborazione che fu Liolà. In quell’occasione egli affermava:

Io ero giovane allora[…] E avevo in cima ai miei pensieri una cosa sola: le nostre commedie. Stimavo e veneravo Pirandello: però ritenevo sbagliato sacrificare per lui il nostro repertorio. Mio fratello Eduardo, invece, la pensava diversamente. L’idea del Liolà era venuta a lui e Pirandello si era trovato subito d’accordo." (23)

Questi dubbi, legati ad una più generale diversità di visioni e progettualità artistiche, aumenteranno sempre più fino al 1944 anno della loro separazione.

Il fastidio che Peppino provava è espresso in questa testimonianza e riguarda proprio la messa in scena del Berretto a sonagli:

Durante il secondo atto del dramma Ciampa scioglie un monologo che dura una ventina di minuti e sono argomenti duri, taglienti, dissertazioni che puntualizzano una situazione teatrale altamente umana e sconcertante, seria, con un sottofondo di concetti tragici […]. Il commissario Spanò, per esigenza scenica, è costretto ad essere presente senza mai poter dire un’ "a" o un’ “e”. Io, dunque, […] durante quel monologo dovevo stare attento a non disturbare neanche con un semplice gesto, poiché il pubblico, attratto dalla mia presenza fisica, avrebbe finito per interessarsi al mio più impercettibile movimento traendone divertimento. Ciò avrebbe disturbato la recitazione di Eduardo che egli mandava avanti nervosamente tra lunghe e brevi pause. Bene, io a non respirare neanche ci stavo attento; ma quando accadeva che il pubblico, ostinatamente fisso sulla mia presenza in scena, avvertiva qualche mio naturale movimento e lo sottolineava provocando in sala un certo 'mormorio' di divertimento, mio fratello si indispettiva, mi guardava male, ostinandosi poi a ritenermi responsabile di indisciplina scenica, di poco scrupolo artistico e, soprattutto, di non sentire per lui alcun riguardo. E non aveva ragione, poiché durante quel lunghissimo monologo io non sapevo più a quale santo votarmi per fare in modo che gli spettatori seguissero con comprensione certi miei assecondamenti scenici che erano pur necessari : nulla da fare! Ogni mio gesto, sia pure impercettibile… veniva intercettato in sala e commentato con ilarità. Dovetti decidere, infine, di fare la 'statua' e con le spalle voltate al pubblico attendere la fine del lungo monologo. (24)

Pirandello rappresentò un momento importante della non convergenza tra le poetiche dei due fratelli De Filippo. Peppino,infatti era proiettato alla rivalutazione di un teatro comico direttamente colto dalla tradizione e, attraverso l’affinamento delle risorse attoriali, riproposto su scala nazionale. Vedeva perciò la presenza in repertorio delle opere di Pirandello come elementi estranei al proprio disegno. Eduardo, dal canto suo, non solo volle inserire Pirandello nel suo repertorio, ma lo fece rimanendo fedele alla sua identità di attore e al suo processo creativo che Giovanni Macchia ha definito quello “dell’attore che scrive”. (25)


(1) La lettera è datata Roma 19 febbraio 1936 e sta in LUIGI PIRANDELLO, Carteggi inediti con Ojetti - Albertini - Orvieto - Novaro- De Gubernatis - De Filippo, a cura di Sarah Zappulla Muscarà, Quaderni dell’Istituto di Studi Pirandelliani ROMA 1980, p. 365;

(2) MAURIZIO GIAMMUSSO,Vita di Eduardo,  Mondatori, MILANO 1993 p.111e pp. 80 ss. ; Eduardo ebbe un debito di riconoscenza nei confronti del pensiero (più che del teatro ) pirandelliano; un riconoscimento reso esplicito dall’uso dell’attributo umoristico, con cui l’attore volle definire il suo teatro e la compagnia (Compagnia del Teatro Umoristico I De Filippo) creata nel 1931 assieme ai fratelli. Cfr: PAOLA QUARENGHI,Eduardo e Pirandello , in Eduardo e Napoli Eduardo e l’Europa, a cura di Franco Carmelo Greco, Edizioni Scientifiche Italiane, NAPOLI 1993, p. 37.

(3) E. GIOANOLA, Pirandello la follia, GENOVA, 1983; P. MILONE, Pirandello:arte e follia, in Rivista di studi pirandelliani, n.s., IV 1984, 1, pp. 68-81.

(4) Il titolo, originariamente, era Fatto il guaio riparerò del 1922; Eduardo ci racconta un aneddoto nato da questo titolo, tipicamente farsesco, che coinvolse Vincenzo Scarpetta, che fu suo capocomico, e sua moglie (cfr. Anonimo, Eduardo in TV con quattro commedie, Il Messaggero, Roma,16.07.1975). Il titolo attuale risale al 1933. Cfr. ANNA BARSOTTI, Eduardo drammaturgo, Bulzoni, ROMA 1995,p. 27.

(5) ANNA BARSOTTI, op., cit., p. 33

(6) cfr. PAOLA QUARENGHI , Eduardo e …, cit., p.39. Sul rapporto Pirandello-Angelo Musco cfr. capito I di questo lavoro, con relativa bibliografia.

(7) P. QUARENGHI, Eduardo e…, cit., p. 39; sulla questione della spaccatura, d’origine ottocentesca, fra teatro dialettale e teatro in lingua cfr.FERDINANDO TAVIANI, Uomini di scena. Uomini di libro, Il Mulino, BOLOGNA, 1995, pp. 17-18.

(8) PAOLA QUARENGHI, Eduardo…, cit., 39ss. Di Pirandello la compagnia De Filippo, mise in scena L’imbecille, Lumie di Sicilia (con il titolo L’Uva rosa), Liolà, Il Berretto a sonagli e L’abito nuovo. Sul rapporto di Eduardo con la televisione cfr. P. QUARENGHI, Lo spettatore col binocolo, ROMA 1995, pp.76 ss. Anche G. BETTETINI, (a cura di), Sipario! Storia e modelli del teatro televisivo in Italia, RAI/Vqpc, ROMA 1988; A. BALZOLA - F. PRONO,La nuova scena elettronica. Il video e la ricerca teatrale in Italia, Rosenberg & Sellier, TORINO 1994.

(9) M. GIAMMUSSO , Vita di …, cit., pp. 118-121; cfr. FRANCA ANGELINI, Eduardo negli anni trenta: abiti vecchi e nuovi, in Antonella Ottai e Paola Quarenghi (a cura di), L’arte della commedia, Bulzoni, ROMA 1990, pp. 15 ss.

(10) E. DE FILIPPO, Io e la nuova commedia di Pirandello, Il Dramma, 1 giugno 1936; cfr. E. DE FILIPPO, Il giuoco delle parti, in AAVV. , Eduardo De Filippo e il Teatro San Ferdinando, NAPOLI 1954.

(11) La Compagnia De Filippo mise in scena varie opere di Pirandello, ricordiamo i due atti unici L’ imbecille e Lumie di Sicilia (tradotto con il titolo L’uva rosa), poi Liolà, Il berretto a sonagli e L’abito nuovo.

(12) Il trampolino di lancio di Eduardo era stato il comico delle parodie, dei travestimenti, della coppia Pulcinella-Sciosciammocca nella versione di Petito, imborghesita da Scarpetta. Inoltre si cimentò nello sketch del varietà, la scenetta e l’atto unico d’ambiente. La presenza di tale tradizione è evidente nei copioni di Eduardo esclusi dalle edizioni. Vi troviamo infatti, le riviste di Mascaria ( Maria Scarpetta), Mangini e Curcio, una trascrizione della Monaca Fauza di Trinchera, una riduzione della Palummella di Petito del 1954, un’altra riduzione del Pulicenella che va truvanno ‘a fortuna soia pe’ Napule di Altavilla e scenari della Commedia dell’Arte. Vi era inoltre la tradizione dei drammi e della sceneggiata che si presentava come un genere misto alternante farsa e dramma, sviluppando la trama di una canzone in voga, tradizione che comunque non coinvolse direttamente Eduardo attore. Ma fu il varietà il genere preferito da Eduardo. A partire dalle parodie ottocentesche del teatro “alto” nacque una drammaturgia antinaturalistica, comica, che si trasformò man mano in una struttura frammentaria, cioè in numero di cui il perno centrale era l’attore, inteso non più come personaggio ma come artista che dà prova di sé. Tale origine dialettale, comica rappresentata dal varietà accompagnò anche l’Eduardo maturo, configurandosi come un elemento costante del rapporto che egli instaurò tra innovazione e tradizione . E’ possibile distinguere il suo repertorio in due grandi filoni: i cosiddetti “drammi della vita” da una parte e le rappresentazioni “metateatrali” dall’altra. Il varietà e il dialetto gli diedero gli strumenti per non cadere nella pateticità e nel naturalismo per il primo filone, e per il secondo lo orientarono verso l’umanizzazione del personaggio. In particolare due sono le opere in cui è più evidente l’incontro tra tradizione e innovazione: Natale in casa Cupiello, e Sik-Sik, l’artefice magico, opere in cui Eduardo raggiunge una scrittura comica e tragica nello stesso tempo. Per l’esatta cronologia di Natale in casa Cupiello si fa riferimento ad una lettera scritta da Eduardo ad Anna Barsotti, il 22 febbraio 1983 in ANNA BARSOTTI, Eduardo drammaturgo, op. cit., p. 511. L’Autore indicava : <<Cara Anna, mi scusi se le scrivo assai brevemente ma sono assai stretto col tempo e d’altra parte non voglio lasciare la sua gentile lettera senza risposta. Dunque, Natale in casa Cupiello: è nata nel 1931 in un atto(il secondo odierno). Nel 1932 o 3, non ricordo con esattezza, dopo aver lasciato l’avanspettacolo e debuttato al Sannazzaro, vi aggiunsi il primo atto; il terzo atto invece lo aggiunsi nel 1943>>. D'altra parte Fiorenza di Franco, e gli altri critici autori di monografie sull’Autore, riportano il 1934 per la stesura del terzo atto, affidandosi alla testimonianza scritta di Eduardo in un suo “pezzo” del 36: <<Questo mio lavoro è stato la fortuna della Compagnia, dopo Sik-Sik, s’intende. Ebbe la sua prima rappresentazione al Kursaal di Napoli: allora non era che un atto unico… .L’anno seguente, al Sannazzaro… scrissi il primo atto, e diventò di due… .Due anni fa venne alla luce il terzo. Cfr., EDUARDO DE FILIPPO, <<Primo …secondo>>. Aspetto il segnale, Il Dramma, n. 240, 1936; riportato in ISABELLA DE FILIPPO, Eduardo, polemiche, pensieri, pagine inedite, Bompiani, MILANO 1985, pp.121-130. Sik-Sik fu scritto nel 1929, anno importante nella biografia artistica di Eduardo. E’ l’anno in cui i tre fratelli De Filippo si riuniscono nella Compagnia Molinari del Teatro Nuovo ristrutturato per le riviste. Fu proprio in una di queste riviste, Pulcinella principe in sogno…, che iniziò la vera fortuna dei De Filippo con un enorme successo di cui la parte del leone spettò al Sik- Sik di Eduardo. Cfr., PEPPINO DE FILIPPO, Una famiglia difficile, Marotta, NAPOLI 1977, pp. 238-239. Per la verificadella cronologia di tutto il repertorio eduardiano. cfr., FIORENZA DI FRANCO, Eduardo, Gremese, ROMA 1978; ID. le commedie di Eduardo, Laterza,  BARI 1984.

(13) STEFANO DE MATTEIS, Lo specchio della vita. Napoli: antropologia della città del teatro,Il Mulino, BOLOGNA 1991, pp. 205 ss.

(14) Ibidem p. 206.

(15) Ibidem p. 219; sul concetto di coralità alla cui base vi è il rapporto di Eduardo-Napoli cfr., A: BARSOTTI, Eduardo…, cit., p.168; F. FRASCANI, Eduardo e Napoli, in F.C. GRECO, Eduardo e…, cit., pp. 77-85.

(16) STEFANO DE MATTEIS, Lo specchio della vita. Napoli: antropologia della città del teatro, BOLOGNA 1991, p. 256.

(17) Ibidem. pp. 258-268.

(18) Cfr., ISABELLA Q. DE FILIPPO (a cura di), Eduardo…, cit., p. 172.

(19) Sulla messa in scena del Berretto a sonagli di Pirandello da parte di Eduardo, ci rifacciamo alla ricostruzione fatta da Alessandro D’Amico : la prima del Berretto avvenne il 13 febbraio 1936 al Teatro dei Fiorentini di Napoli. Interpreti principali furono: Titina De Filippo (Beatrice), Peppino De Filippo (Spanò), Pietro Carloni (Fifì), Tina Pica (La Saracena). Questo stesso allestimento fu ripreso nelle stagioni 1936-37 e 1938-39. Nel 1944 la commedia fu riallestita e ripresa nelle stagioni 1945-46, 1946-47, 1948-49, e 1950-51. Gli interpreti furono gli stessi tranne che Peppino che si era allontanato dalla Compagnia e fu sostituito nella parte di Spanò da Giovanni Amato e poi nel 1950 da Carlo Giuffrè. Nel 1961 (XXV dalla morte di Pirandello) ci fu una nuova messinscena, con Regina Bianchi (Beatrice), Ugo D’Alessio (Spanò), Carla Lima (Federico). Nel 1964 (riapertura del Teatro San Ferdinando a Napoli) con Regina Bianchi (Beatrice), Franco Parenti (Spanò), Lima (Federico), Tonia Schimtz (La Saracena). Nella stagione 1979-80 con Angelica Ippolito (Beatrice), Sergio Solli (Spanò), Luca De Filippo (Federico), Concetta Barra (La Saracena). Cfr.,LUIGI PIRANDELLO, Maschere Nude, (a cura di) A. D’Amico,Mondadori, MILANO 1986, pp. 631-632

(20) CLAUDIO MELDOLESI, Fra Totò e Gadda. Sei invenzioni sprecate dal teatro italiano, Bulzoni, ROMA 1985, p. 61.

(21) E. DE FILIPPO, Il teatro è il mio lavoro, Discorso tenuto all’Accademia dei Lincei, quale vincitore del premio A. Feltrinelli per il teatro 1972 in . F. DI FRANCO, Eduardo da scugnizzo a senatore, Laterza, BARI 1983, p. 78; anche in MELDOLESI, Fra Totò… cit. pp. 59-60.

(22) S. DE MATTEIS, Lo specchio…, cit.,p. 243

(23) G. GRIECO, in Gente, 15 gennaio 1978;

(24) PEPPINO DE FILIPPO, Una famiglia…, cit., pp. 301-302; sul rapporto tra Eduardo e Peppino cfr., M. GIAMMUSSO, Vita di… cit.; F. C. GRECO, Eduardo "autore del suo teatro in F. C. GRECO (a cura di) , Eduardo e…cit., pp. 13-22.

(25) Cfr. C. MELDOLESI, Fra Totò… ,cit., p. 58.


Theorèin - Novembre 2002