RANDONE, EDUARDO, STOPPA:
TRE MESSEINSCENA DE IL BERRETTO A SONAGLI
DI LUIGI PIRANDELLO
A cura di: Paolo Diodato
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Lezione VI

INTERVISTA A LUIGI SQUARZINA SU
IL BERRETTO A SONAGLI DI PIRANDELLO

L’intervista al prof. Squarzina è stata realizzata nell’aprile del 1998 nella sua residenza romana. 

L’intento era quello di rilevare una delle testimonianze più qualificanti della messinscena del Berretto a sonagli di Pirandello sia nell’edizione teatrale del 1984, sia di quella audiovisuale del 1986. 

La messinscena del “ Berretto a sonagli “ nella stagione teatrale 1983/1984 da parte di Luigi Squarzina è stato, infatti, uno degli avvenimenti artistici più significativi di quel periodo. 

Lo spettacolo ebbe una grande risonanza di pubblico e di critica, ma soprattutto ripropose il proficuo e ormai storico rapporto di Squarzina con le opere di Pirandello (1) e il ritorno sulla scena di Paolo Stoppa in quella che sarà la sua ultima e tra le più acclamate interpretazioni. (2)  

Inoltre, per la prima volta, nella versione in italiano del testo, furono reintegrati importanti tagli attuati nel 1917 dall’attore Angelo Musco (3) nella versione dialettale e che Pirandello accolse definitivamente anche nelle successive edizioni in italiano e mai più eliminati.

Questa operazione di recupero dei tagli e di traduzione dal dialetto siciliano (4) dei medesimi, è diventata dall’84 punto di riferimento imprescindibile anche per i successivi allestimenti.

D. Prof. Squarzina come è nata la ricostruzione filologica de Il berretto a sonagli di Luigi Pirandello?

R. E’ nata grazie alla collaborazione con Alessandro D’Amico (5) che mi ha procurato dall’archivio-Pirandello (6) il manoscritto, probabilmente del suggeritore, e mi ha colpito subito la presenza di tagli nell’edizione italiana. I tagli erano identificabili con l’accorciamento della parte del Delegato e sono battute legate alla risata, piccole ma interessanti, e altre, nella prima scena, che riguardano una certa posizione di rivolta della donna, molto netta, presente in molte commedie di Pirandello (7), e che concerne la pretesa storica della donna di poter parlare. Soprattutto urtavano le battute, in cui, una persona soggetta come era allora una donna in Sicilia poteva esprimersi così, anche se non è lei (Beatrice)che si esprime ma la "strana creatura“ (il personaggio della Saracena) che chiama in casa per avere dei consigli. (8) Però quella “strana creatura” parla di come ha messo a posto suo marito dopo un tradimento, quindi anche qui è sempre ribadita la posizione di una moglie. Di una moglie soggetta che si è ribellata, ed è questo che spinge Beatrice già convinta ad andare avanti in questo progetto un po’ suicida, progetto che distruggerà la famiglia. Si vede che lei non ne può più e allora non bada alle conseguenze. Infatti questi tagli non riguardano l’imprudenza di Beatrice, piuttosto la possibilità di aprire un discorso sulla parità tra uomo e donna. In termini scenici ciò potrebbe essere reso con “se lui mi tradisce io devo poter reagire”. Il taglio delle battute del Delegato Spanò, (9) molto carine, si spiega con l’andamento delle prove, nelle quali Musco voleva sempre primeggiare. L’altro taglio importantissimo riguarda ancora una volta Beatrice, ed è di per sé inspiegabile, se non dal punto di vista di un attore come Musco, che non voleva dare spazio ad altri. Infatti il taglio riguarda l’importantissima scena dello scorpione (10) che per il suo simbolismo è chiaramente comprensibile anche ai personaggi minori dato che tutti ne parlano. Però lo scorpione è anche un ammonimento: non perché lei (Beatrice) veda nel rituale dello scorpione che si suicida a contatto con il fuoco un ammonimento a non agire, quanto il tradimento. E poi Beatrice l’ha visto realmente lo scorpione? Certo urla, quindi è convinta di averlo visto e la scena manifesta la decisione di lei di andarsene, non a parole ma a fatti, perché sta preparando le valigie. Tutti questi tagli sono da riaprire, perché non complicano niente, anzi arricchiscono. Teatralmente Il berretto a sonagli è cortissimo e si può rappresentare anche senza intervallo poiché ha una cesura perfetta con la scena della presentazione della moglie di Ciampa. (11) La questione del contributo di questi tagli finisce qui e non cambia moltissimo. Ma in teoria non si capisce perché Pirandello, una volta tradotta in italiano la commedia, non li abbia ristabiliti e anche Sandro D’Amico che si è occupato della ricostruzione filologica del testo non ha potuto darne spiegazione.Da notare, inoltre, che questa traduzione è bellissima e, mentre quella di Liolà in italiano non è felice,(12) quella del Berretto a sonagli in italiano è perfetta ed è dunque strano che Pirandello che ne ha fatto una traduzione così felice, non l’abbia, né subito né poi, ripristinata nella sua integrità.

D. Le risulta che sia stata mai stampata la versione dialettale?

R. No, non è stata mai stampata, e certamente non è mai stata recitata la versione integrale. Sandro D’Amico non ne ha una spiegazione, forse (Pirandello) non voleva perder tempo, comunque scenicamente il testo funzionava.

D. Prima di questo spettacolo lei ha collaborato con Paolo Stoppa?

R. No, è stata la prima volta.[…] (13)

Poi Stoppa, che aveva smesso di recitare da qualche anno , tornò in scena con L’avaro di Moliere per la regia di Patroni Griffi. (14) In seguito si fermò ancora, e poi mi chiamò per Il berretto a sonagli sebbene, per un qualche problema di salute suo o di non so chi, ci fu un rinvio.

D. Chi ha realizzato la scenografia?

R. Ricorsi a Gianfranco Padovani, lo scenografo con cui avevo lavorato per qualche tempo. (15) Per le musiche avevo bisogno soltanto di qualche eco di un pianoforte e mi rivolsi a Paolo Terni. La soluzione scenografica, a mio parere, faceva parte di un progetto di sprovincializzazione, anche se in dialetto Pirandello non perde nulla, anzi. Però se viene realizzato in lingua, bisogna dimostrare che già con questa commedia Pirandello si muove nell’ambito del teatro europeo, (16) con un certo tipo di concezione del personaggio e dello stesso spazio teatrale, di un teatro molto più che dialettale. In questo senso eliminai tutti gli aspetti locali, come per esempio nominare Palermo e quel sentore di mafia che c’è nella figura del marito di Beatrice che è uno che comanda molto e che fa il comodo suo, avendo un suo entourage. Però non c’è, come non c’è quasi mai, in Pirandello, un’allusione diretta alla mafia, sebbene compaia tante volte la sensazione di una società che si difende con il sistema mafioso, filtrato nella concezione della piccola società, della famiglia e della realtà locale che si preserva dalla grande società, non accettando le leggi considerate astratte. (17)

D. qui entrano in gioco anche le vicende della vita privata di Pirandello?

R. Il berretto a sonagli è la prima commedia dove entra in gioco in prima persona la pazzia fino ad allora assente. Qui è considerata positivamente perché permette di dire la verità. Una verità strana perché la moglie di Pirandello aveva una pazzia che si esprimeva molto con la gelosia : accusava il marito di andare con le ballerine considerate allora come prostitute; e allora dire che (come Pirandello fa dire a Ciampa) una pazza dice la verità e nessuno le crede è curioso, o  può essere considerato come un gesto di sofferenza suo che deve vivere a contatto con una persona che cagiona questi problemi. Comunque non bisogna mai legare troppo la vita privata all’opera.

D. Gli studiosi però, in questo caso, lo fanno!

R. Lo fanno certo, ma non è mai una spiegazione. E’ casomai un arricchimento, perché studiando la biografia dell’autore (18) si penetra meglio nella cultura dell’opera. Comunque anche questo tema della pazzia è un tema più che locale, è un tema di una letteratura, di una psicologia più vasta di quella della bugia. E’ il tema della verità, che Pirandello coglie nella sua relatività e come nuova possibilità di risolvere una situazione. Non è razionale neanche l’altra soluzione, quella cioè che Ciampa debba sparare, che però è legata ad un costume storico, mentre la pazzia è astorica e quindi Pirandello accetta la soluzione più profonda non permettendo che Ciampa faccia del male alla moglie, sebbene lei gliene abbia fatto, indotta dalla sofferenza. E tutto questo è sottolineato molto bene da Paolo Stoppa.

D. In questo senso il personaggio di Ciampa non è vendicativo?

R. No dice “ siamo uguali abbiamo ambedue tanto sofferto che ci possiamo capire “e comunque Ciampa è talmente legato alla moglie che non può rompere il legame con lei uccidendola. Infatti o li avrebbe ammazzati entrambi o comunque avrebbe perso la moglie, dalla quale è veramente stregato. Non ha armi contro questa donna che lo tradisce chiaramente senza problemi, al solo patto di non dirlo. Dico questo perché secondo me tutte queste cose sono aldilà del colore locale, ma su questo punto anche Paolo Stoppa era naturalmente d’accordo. D’altra parte non ci è venuta mai l’idea di ricorrere ad una versione dello spettacolo in un italiano un po’ americanizzato. Inoltre l’età non era un problema perché, se è vero che Stoppa dimostrava più di cinquant’anni, è anche vero che i cinquant’anni di Ciampa nella sensibilità odierna fanno ridere. Pirandello si porta dietro l’idea dell’uomo che a cinquant’anni è ormai finito sessualmente, professionalmente e se la porta fino alla fine anche in Quando si è qualcuno. (19) Tutto ciò non è simbolico, ma storico perché l’allungamento della vita è molto posteriore, a quando è stata scritta l’opera, cioè prima del’20 e probabilmente cominciava a corrispondere alla situazione di Pirandello. Cinquantenne, (20) non viveva ancora la passione per Marta Abba, (21) inoltre la tragedia della moglie e il figlio prigioniero in guerra (22) fanno di questo periodo un momento molto, molto duro. Del resto nel fatto che Ciampa non vuole sparare, c’è anche una ribellione alla risoluzione dei conflitti mediante la violenza. Lui era antibellicista, non voleva la guerra e scrisse quel bellissimo libro Berecche alla guerra, (23) poi aveva il figlio prigioniero e durante quel periodo non fu ancora del tutto in grado di prendere una decisione riguardante la moglie che poi, questione di mesi, mi pare, fu messa in manicomio, anche se lui aveva bisogno dell’avallo del figlio maggiore. Quindi il ricorso alla follia da parte di Pirandello può essere inteso come qualcosa che può travalicare sia la sofferenza di Ciampa che quella della moglie, che anche deve accettare che tutti sanno e tacere comunque. Situazione normale allora, per una donna in quei paesi, alla quale però è strano che si ribelli la Saracena che infatti, è come se venisse un po’ da fuori. E’ come se non fosse del tutto legata alle costrizioni e alla mentalità del posto, è un po’ come Medea. Poi volevo fare una scena molto semplice.

D. Con il gioco delle due poltrone?

R. Si! Una poltrona doveva essere sempre vuota, infatti, soltanto Ciampa ci si siede alla fine, perché prende il comando e nessuno lo può fermare e poi ci sono le finestre che hanno soltanto l’apertura sull’esterno da cui Beatrice può farsi vedere. La scena era concepita per ruotare su se stessa, in modo che Beatrice risultasse chiusa in casa mentre urlava dalle finestre.

D. Prof. Squarzina, cosa ha cambiato per la versione televisiva?

R. Ho lavorato con una buona equipe e non ho cambiato niente perché fosse fatta la ripresa; è stata realizzata con tre macchine, quindi non era solo documentaria ma eseguita col montaggio . Non dissi a Stoppa che lui era sempre in primo piano, semplicemente dissi agli altri ad un certo punto di tenersi un po’ più lontani, anche se di poco, perché è evidente che qualche “manina” può entrare nell’inquadratura in primo piano; poi ci fu un lungo montaggio.

D. Quindi la scelta di fare questi ventotto minuti su Stoppa fu per lei quasi naturale?

R. Sì, anche perché è una caratteristica tipica della commedia: Ciampa è terribilmente solo come molti personaggi pirandelliani. E’ un problema suo e gli altri sono tutti contro, anche quelli che vorrebbero tenerlo buono. Questa idea non l’ho avuta subito ebbene in quel momento lì, variare rispetto a questa soluzione, avrebbe significato o troppi stacchi o un “totale” per contenere anche gli altri personaggi e questo non era pirandelliano in quel momento. Allora sono ricorso a questa soluzione che forse è l’aspetto più interessante.

D. La direzione degli attori, compresi alcuni divertenti lazzi scenici, è cambiata nella versione televisiva?

R. No, non è cambiato nulla. D’altra parte Il berretto a sonagli ha una sua qualità televisiva perché è corto, entra subito nel problema, è molto diretto e ci sono citazioni molto popolari.

D. Non ritiene che è una commedia molto, come dire, “attorecentrica“?

R. Certo lui ha sempre scritto per attori quali Musco, Ruggeri, la Abba.

D. Durarono molto le prove?

R. Quarantacinque giorni. Sorprendente fu il primo giorno in cui Paolo Stoppa si presentò con un bellissimo copione rilegato in pelle sapendo già a memoria tutte le battute e non sbagliando una parola pur avendo quella età lì. Vuol dire, o che pensava da molto tempo a interpretare il Berretto e non si era mai deciso, oppure veniva da un bel periodo di studi. Notevoli furono anche le facce sorprese degli altri attori che in seguito impararono prestissimo la parte.

D. Aveva mai ipotizzato di fare le riprese della commedia senza pubblico?

R. No, perché è uno spettacolo caldo, si deve sentire il pubblico, le risate e poi, per esempio, il lungo applauso che c’è alla fine è molto utile. Comunque l’applauso che arriva ad un certo punto e che sembra che finisca e che poi ricomincia, ti dà un’altra verità.


(1) Cfr. LUIGI SQUARZINA, Da Dioniso a Brecht, BOLOGNA 1988; ID. Questa sera Pirandello, VENEZIA 1990, pp. 7-8; Luigi Squarzina e il suo teatro, a cura di Laura Colombo e Federica Mazzocchi, ROMA 1996. Le messinscena pirandelliane di L. Squarzina sono: Ma non è una cosa seria, 1957, con Olga Villi e Gabriele Ferzetti, Compagnia del Teatro Eliseo; Ciascuno a suo modo, 1961, con Alberto Lionello, Lydia Alfonsi, Turi Ferro, Compagnia Stabile di Genova. Non si sa come, 1966, con Alberto Lionello, Compagnia Stabile di Genova; Questa sera si recita a soggetto, 1971, con Eros Pagni, Lucilla Morlacchi, Omero Antonutti, Compagnia Stabile di Genova; Il berretto a sonagli, 1984, con Paolo Stoppa, Miriam Crotti, Alberto Sorrentino, Antonio Fattorini, Carla Calò, Anna Maria Bottini, Rita Livesi, Fiamma Trentanove, scene: Gianfranco Padovani, musiche: Paolo Terni, Compagnia Paolo Stoppa; L’uomo, la bestia e la virtù, 1985, con Ugo Pagliai, Paola Gassman; Tutto per bene, 1988, con Gianrico Tedeschi.

(2) Cfr. UGO VOLLI, Pirandello “classico“ ben si addice allo scrivano Stoppa, La Repubblica17.02.1984; AOLO EMILIO POESIO, La verità ? E’ follia. Stoppa torna a Pirandello, La Nazione, 08.03.1984; UGO RONFANI, Stoppa e la corda pazza di Pirandello, Il Giorno, 15.03.1984; GUIDO DAVICO BONINO, Al “vaudeville“ nero di Pirandello è approdato un giovanissimo Stoppa, La Stampa, 15.03.1984; ROBERTO DE MONTICELLI, Stoppa tragico Ciampa, Il Corriere della Sera,15.03.1984; SANDRO DINI, Stoppa al centro di un grande successo, Il Tempo, 15.03.1984; G. A. CIBOTTO, Dimensione tragica. Una straordinaria interpretazione di Paolo Stoppa, Il Gazzettino, 01. 11. 1984; UBALDO SODDU, Pirandello come un orologio, Il Messaggero, 15.11.1984; GIORGIO PROSPERI, La “prima“ in italiano del berretto a sonagli, Il Tempo, 15.11.1984; GIORGIO POLACCO, Questo nostro mondo è ben più stolido del pietosamente sfortunato Ciampa, Piccolo, 10.01.1985; PAOLO LUCCHESINI, Ciampa, la sua lucida follia. Un grande Stoppa nel “Berretto a sonagli”, La Nazione 7.2.1985; .R., Giusto ritorno di Paolo Stoppa, Il Tempo 14. 4. 1985; intervista a Paolo Stoppa, cfr. EMIDIO JATTARELLI, Paolo Stoppa : ecco il mio Ciampa, Il Tempo 04.11.1984.

(3) Angelo Musco (1871- 1937) fu il primo interprete dialettale del Berretto a sonagli. Di lui come di altri interpreti tratto più diffusamente in un capitolo a parte della tesi. Per il, momento, pertanto di Angelo Musco cito solo la bibliografia principale: I. VITALIANO e G. MORABITO, Angelo Musco nella vita e nell’arte, MILANO 1928 ANGELO MUSCO, Cerca che trovi…, BOLOGNA 1930; A. MUSCO, Cerca che trovi…, a cura di D. DANZUSO, CATANIA 1987, pp. 140-1; SARAH E ENZO ZAPPULLA, Musco – Immagini di un attore, CATANIA 1987; Angelo Musco e il teatro del suo tempo, a cura di Enzo Zappulla, CATANIA 1990; SILVIO D’AMICO, Tramonto del grande attore, MILANO 1929, pp. 111-115; A. MUSCO, Primi incontri con Pirandello, Popolo di Sicilia CATANIA, 3.2.37; G. PATANE’, Pirandello, Musco e i pupi di Sicilia, Dramma, TORINO 1952.

(4) La traduzione dal testo in siciliano delle parti poi tagliate da Angelo Musco, fu effettuata da Nino Borsellino. Cfr., Le integrazioni dello spettacolo di Squarzina a cura di N. Borsellino, in Rivista di studi pirandelliani, a. V, n. s., n. 3 giugno 1985. Ora anche in, L. SQUARZINA, Questa sera…, cit. pp. 37-42

(5) Punto di riferimento fondamentale è Luigi Pirandello. Maschere nude I, a cura di Alessandro d’Amico, MILANO 1986, pp. 1028-1058; accanto a questo testo può essere ricordato il lavoro di MARIA RUSIGNUOLO, Le varianti di “ A birritta cu’ i ciancianeddi ”di Luigi Pirandello in Pirandello dialettale, PALERMO 1983 giudicato alquanto lacunoso dallo stesso d’Amico op. cit. p. 1028 nota 1; un ulteriore studio aggiornato sulle varianti pirandelliane è quello di SARAH ZAMPULLA MUSCARA’, Odissea di maschere. “‘A Birritta cù i ciancianeddi“ di L. Pirandello, CATANIA 1988.

(6) L’archivio pirandelliano è presso l’ISTITUTO DI STUDI PIRANDELLIANI E SUL TEATRO ITALIANO CONTEMPORANEO diretto da Alfredo Barbina Via Antonio Bosio 15 Roma .

(7) LUIGI SQUARZINA, Questa sera…, cit. pp. 38-40

(8) L’incontro tra Beatrice e La Saracena avviene nella prima scena del primo atto.

(9) Cfr., LUIGI SQUARZINA, Questa sera…, cit. pp. 40-41;

(10) Op. cit. pp. 41-42;

(11) Luigi Pirandello…cit. Atto I, scena VI, pp. 665-669;

(12) La composizione dialettale di Liolà risale all’agosto- settembre del 1916, mentre quella in italiano risale probabilmente al 1927. Su questo cfr. Luigi Pirandello…, cit. p.LVI, p. LXIV;

(13) E’ stata saltata una breve parte dell’intervista che non è stato possibile trascrivere.

(14) 19 novembre 1981, Palermo, Teatro Biondo.

(15) LUIGI SQUARZINA, Questa sera …, cit. p. 22;

(16) Alcuni testi di riferimento sul rapporto di Pirandello e la drammaturgia europea: P. SZONDI, Il dramma impossibile ( Pirandello ), in Id., Teoria del dramma moderno ( 1956 ), TORINO, 1966; F. FERGUSSON – R. BRUSTEIN, Pirandello e la drammaturgia del‘900, in << Letteratura italiana del Novecento. I contemporanei >>, diretta da G. Grana, vol. III, MILANO, 1979; E. SCRIVANO (a cura di), Pirandello e la drammaturgia tra le due guerre, AGRIGENTO, 1985.

(17) LEONARDO SCIASCIA, Pirandello e la Sicilia, MILANO 1996 ;

(18) Cfr. F. V. NARDELLI, L’uomo segreto. Vita e croci di Luigi Pirandello, 1932, nuova ed. col titolo Vita segreta di Pirandello, ROMA, 1962, poi col titolo Pirandello l’uomo segreto,a cura e con pref. di M. Abba, MILANO, 1986; G.GIUDICE, Luigi Pirandello, TORINO, 1963; ENZO LAURETTA, Luigi Pirandello. Storia di un personaggio fuori chiave, MILANO, 1980; NINO BORSELLINO, Vita di Pirandello, BARI 1983.

(19) E’ una delle ultime opere di Pirandello la cui stesura risale al settembre – ottobre1932 e la prima edizione al 1933. Su questo cfr. Luigi Pirandello…, cit. pp. LXVIII – LXIX.

(20) Pirandello al momento della stesura del Berretto a sonagli, cioè nell’estate del 1916, aveva 49 anni, essendo nato il 28 giugno 1867.

(21) Il primo contatto di Pirandello con Marta Abba avvenne nel febbraio del 1925 durante la formazione della compagnia del Teatro d’Arte di Roma. Su questo cfr., A. D’AMICO – A. TINTERRI, Pirandello capocomico. La compagnia del Teatro d’Arte di Roma 1925 – 1928, PALERMO, 1987,pp.18 –19;  per una cronologia più dettagliata vedere in: A. D’AMICO, Luigi Pirandello. Maschere nude II, MILANO 1993.

(22) Cfr. L. PIRANDELLO, Lettere al figlio Stefano durante la grande guerra, in Almanacco letterario Bompiani, MILANO, 1938, pp. 32 – 45, rist. anast. in L. SCIASCIA ( a cura ), Omaggio a Pirandello. Almanacco letterario Bompiani, MILANO, 1987. 

(23) Cfr., L. PIRANDELLO, Berecche e la guerra, MILANO, 1919, in seguito, ID., Novelle per un anno, FIRENZE, BEMPORAD, poi MILANO, MONDADORI, 1922 – 1937, 15 voll., XIV, Berecche e la guerra, MILANO, 1934. Ulteriori edizioni sono: Novelle per un anno, a cura di M. Costanzo, 3 voll. in 6 tomi, MILANO, I MERIDIANI, 1985, 1987, 1990.


Theorèin - Febbraio 2003