theorèin/musica

MARCO DI BATTISTA
Pessoa


  1. L'Ugo Cattivo
  2. La Tata di Toto
  3. Pessoa
  4. What is This Thing Called Love
  5. Le Voglie Morte
  6. Pensiero Meridiano
  7. Pipino il Breve
  8. In a Sentimental Mood
Componenti

Marco Di Battista: Piano
Tino Tracanna: Sassofono tenore e soprano
Mauro De Federicis: Chitarra acustica ed elettrica
Marcello Sebastiani: Basso
Massimo Manzi: Batteria
Alberto Biondi: Percussioni


"Chi fa musica impara a non odiare.
Chi fa musica impara a vedere, ad ascoltare, a pensare".
(Isaac Sterne)

Lasciamo perdere le solite presentazioni apologetiche o tecnicistiche ... vorrei solo dire quello che più o meno mi è accaduto sentendo ripetutamente queste tracce, dopo che mi è stata fatta la proposta di scrivere queste note. Lasciando andare il nastro in auto, o il cd mentre ero in casa, mi ritrovavo dopo un pò, ciclicamente dentro ciascuna delle condizioni espresse dalla frase di Sterne (la musica è tale, sempre): mi sorprendevo fermo ad osservare qualcosa (non ero in auto) o a sentire, senza fissare niente di particolare o semplicemente, restavo li a pensare.

Credo che sia della mia natura, o semplicemente di quella degli "umani" la curiosità di capire: perchè mi ritrovavo in questa sorta di "catatonia" o meglio perchè finivo per fermarmi nel lavoro che stavo facendo, oppure perchè mentre guidavo non mandavo più a quel paese che mi tagliava la strada?

Appuntata da qualche parte, ho ritrovato casualmente la frase di Isaac Sterne e soffermandomi su di essa ho provato a darmi una risposta: il fatto era che le cose che vivevo già "viaggiavano" a loro modo dentro questo cd. Le immagini che questa musica mi offriva erano ad un tempo serene e fluide, ma poi anche decise o nervose, comunque a me "contemporanee", l'immagine di quello che siamo e viviamo ... non le immagini asfittiche intellettualisticamente perseguite dell'iconografia santificata del jazz contemporaneo fatta di cerebralismi, contemporaneismi e minimalismi, ma nemmeno quelle altrettanto inesistenti, polverose e nostalgiche di fumi, alcol e clubs. Una musica densa piuttosto di "moods", un continuo andirivieni di stati d'animo in alternanza e trasposizione: vi ho trovato condizioni e sensazioni diverse, sorprese e ricchezza di inventiva, un approccio fondamentalmente positivo e allo stesso tempo, consapevole delle cose dell'esistenza.

Forse queste immagini le percepivo perchè erano cose già "ascoltate", viste e percepite da chi sta suonando ... mi spiego: dentro questi brani, constatavo una fluidità continua di incastri ritmici e armonici, ma anche l'apporto distinto e distinguibile eppure unitario delle notevoli personalità dei musicisti, per il fatto che anche dentro queste complesse costruzioni armoniche riuscivano a fare dei piccoli miracoli di logica espressiva, di semplicità e fluidità attraverso il famoso "interplay". Ne ho tratto l'impressione che non c'è musica senza la capacità di ascolto reciproco e che sa ascoltare non sa odiare; rimettendo nel lettore il cd, la tensione collettiva all'espressione si coglieva sempre meglio e gli stati d'animo si precisavano.

Ecco i pensieri che scaturivano ... certo, è anche una musica "pensata", costruita con grande attenzione nella sua complessità, ma soprattutto "interpretata" perchè acquista la sua personalità con la partecipazione emotiva e intellettuale di chi le vive suonando, o anche la suona vivendo. insomma credo che il bello di questo cd sia nel fatto che "è vero": fatto da chi ama la musica, da che sa attraverso di essa aprirsi e aprire spazi di allegria, riflessione, tristezza e ripercorre con essa quelli che sono i "moods" del nostro vivere, restituendoceli in un linguaggio particolare che è il jazz, affrontato con libertà, modernità, competenza, sicurezza, nel solco dello spirito più vivo di questa musica, che ne fa un autentico linguaggio del contemporaneo.

Direi che Marco Di Battista, ha una notevole sapienza della composizione, (si badi, sapienza, non conoscenza) la costruzione armonica pur articolatissima sa comunque trovare una linea logica e naturale. Indubbie direi le capacità interpretative che si palesano in particolare negli standards, quando non lavora direttamente sul suo materiale ma soprattutto ha saputo mettere insieme le personalità di interpreti assolutamente all'interno di un modo "etico" di concepire e di vivere la musica: Manzi è una miniera di sonorità, ricchissimo di invenzioni e verve a tratti travolgente. De Federicis ispirato (ascoltate bene What's this things called love e La tata di toto). Tracanna lirico, tagliente, intenso, trasversale. Sebastiani, una colonna portante nei "fast" sensibilissimo nelle ballads: la versione di In a sentimental mood in duo con Di Battista è semplicemente, molto bella.

Scusate allora se non parlo di analisi armoniche, non ne voglio essere capace perchè credo indispensabile recuperare un ulteriore modo di approcciarsi alla musica e credo che questo cd in questo ci possa essere di grande aiuto oltre al merito di farci amare sempre di più il Jazz e la sua anima.

Antongiulio Zimarino