REPORTAGE

A cura di: Mario Della Penna

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Santa Maria Arabona
IV parte

Il declino del monastero

I primi segni della decadenza del monastero sono scarsamente documentati. Sporadiche, ma preziose, sono le testimonianze che si possono ricavare dall'opera di Anton Ludovico Antinori. L'insorgere di divergenze nel 1301, legate al potere giurisdizionale che il monastero aveva sulle sue dipendenze, causò nel 1303 il trasferimento a Torino di Sangro di Francesco di Alanno, abate dei monasteri di S. Maria Arabona e di S. Stefano in Rivomare.

Il monastero fu costretto a ricorrere più di una volta all'intervento regio, a seguito di liti che sorgevano con i signori e gli uomini dimoranti nei casali vicini. Ad incrinare ulteriormente l'equilibrio del monastero concorsero gli ingenti debiti che esso dovette fronteggiare. Nel 1333 fu venduta una casa in Chieti; nel 1348 dovette rinunciare ad alcune rendite per riparare i danni del terremoto; nel 1386 furono ceduti i diritti sul mulino del fiume Gizio. Un altro sintomo della lenta erosione del patrimonio arabonese fu la progressiva diminuzione delle decime pagate dal monastero fra il 1308 e il 1326.

Nel 1333 l'abate dei SS. Vincenzo e Anastasio alle Tre Fontane fa visita al monastero; questa presenza ci porta a pensare che il rettore dell'abbazia madre, fosse venuto di persona a controllare la siatuazione di crisi.

Nel 1344 fu avanzato il sospetto che il monastero potesse essersi appropriato di parte dei contributi provenienti dai monasteri della Calabria e della Sicilia.

E' difficile valutare con certezza quanto la crisi del monastero abruzzese fosse dovuta alle ingerenze dei privati nei beni dell'abbazia, quanto invece a problemi più strettamente interni. Ad aggravare la situazione si aggiunse il diffuso aumento del tasso di mortalità in particolare negli anni 1315-17 e la grande carestia del 1328.

Nel 1348 la zona venne colpita da un rovinoso sisma classificato come uno dei più violenti negli ultimi secoli.

Con il monaco cistercense Michele, proveniente dal monastero calabrese di Acquaformosa, si instaura un breve periodo di prosperità, che riporta l'abbazia ad uno stato dignitoso. Poco dopo, verso la metà del XV secolo, la crisi economica sembra di nuovo inarrestabile.

Tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo, fece la sua comparsa l'istituto della commenda, aggravando con le sue conseguenze disgregatrici la crisi già in atto, favorendo lo smembramento della comunità monastica.

Nel 1786 un sacerdote, certo Mariano Amanda, in un esposto al re di Napoli rivendicò per la Corona la proprietà dell'abbazia; i frati si difesero e dopo lunghe controversie per decreto della Curia il monastero con in possedimenti residui veniva reintegrato al Regio Patronato nel 1794.

Nel 1799 tutti i beni della Badia furono venduti ai fratelli Defendente e Giacomo Zambra di Chieti, i quali ottennero anche, nel 1806, la concessione in perpetuum della chiesa.

Nel 1944 morì il giovane Dino Zambra, ultimo erede diretto del nome; e nel 1968 il padre, barone Gerardo, lasciava in testamento la chiesa di S. Maria Arabona all'ordine dei Salesiani di Macerata.

Attualmente è in corso di cessione definitiva della chiesa alal Curia arcivescovile teatina.


Theorèin - Gennaio 2005