PROBLEMI E METODI PER UNA RICOSTRUZIONE STORICA:
IL CASO DI FRANCESCO D'ASSISI
A cura di: Mario Della Penna
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Capitolo 24

IL RAPPORTO TRA FRANCESCO E L’ORDINE NATO
DALLA SUA PROPOSTA RELIGIOSA (II parte)

Nella Legenda trium Sociorum i frati si definiscono poenitentes della città di Assisi, si assimilano a i vari gruppi di laici di quel tempo e così dimostrano di non avere nè le caratteristiche nè la consapevolezza di costituire un ordine. Riportiamo qui il passo:[...] essi confessavano con semplicità di essere dei penitenti, oriundi di Assisi. (121) Il carattere assolutamente laico del gruppo originano dei frati minori era già stato sottolineato dal Müller (122), il quale ribadiva l’assoluta estraneità della fraternitas dagli schemi della Chiesa gerarchica. Quello che comunque si può affermare con certezza è che l’incontro con Innocenzo III sancisce un momento di svolta per Francesco e i suoi: nel momento in cui decidono di recarsi a Roma sicuramente era in loro l’idea di creare un ordine religioso per rendere ufficiale la loro esperienza. L’incontro con Il pontefice, da quanto emerge dalle fonti fra loro contraddittorie, costituisce un momento particolarmente problematico. Le biografie ufficiali, con una serie di varianti, presentano un Francesco che non ha particolari diffìcoltà a convincere il papa ad approvare la sua forma di vita. Ma alcuni particolari come ad esempio la necessità di un intermediario tra Francesco e il papa ci fanno presagire una certa resistenza da parte della Curia Romana. Matteo Paris (123) nella sua Chronica esaspera le difficoltà di questo incontro, ci presenta infatti Innocenzo III che si rifiuta di incontrare i poverelli di Assisi e respinge Francesco bruscamente, ma l’atteggiamento di umiltà manifestato dal gruppo porta il papa ad approvare oralmente tale forma di vita.

Nel 1215, il quarto concilio lateranse decretò che chiunque volesse vivere la regola religiosa avrebbe dovuto assumere quella di Benedetto o quella di Agostino. La Curia Romana di questo periodo annoverava tra i suoi membri eminenti giuristi, i quali non riuscivano a concepire una vita religiosa al di fuori dei canoni. Lo stesso Domenico di Guzman dovrà adottare la regola di Agostino per evitare il rifiuto papale al suo movimento. Vista tale situazione è inconcepibile che Francesco non abbia incontrato alcuna difficoltà, dal momento stesso che aveva rifiutato tutte le Regole tradizionalmente riconosciute. L’approvazione del movimento francescano in questi anni è quindi un fatto anomalo, e certamente il rapporto tra Francesco e la Chiesa non si conclude con questa semplice approvazione orale. Esigenze di revisione della normativa che regoli lo stato dei francescani nell’ambito della ufficialità, vengono espresse con le successive approvazioni della Regula non Bullata e della Regula bullata. La dispersione francescana investe nel giro di pochi anni l’ambito europeo: cambiano le necessità, quindi si è costretti ad adeguarsi al mutare dei tempi.

Dopo il primo incontro con Innocenzo III si delinea un’altra caratteristica dell’ordine francescano: la predicazione. I fratres minores infatti non devono condurre una vita contemplativa, ma, come si era detto all’inizio, sono proiettati nel mondo, operano nel contesto sociale sia urbano che extraurbano e devono quindi condurre una vita attiva. Francesco stesso si era posto sicuramente questo problema, ma le fonti non sono coerenti nell’indicare le modalità con cui il santo opera la scelta di predicazione. Nella Vita Prima Tommaso da Celano descrive il momento in cui Francesco e i suoi, tornando da Roma, si posero il problema della vita attiva e di quella contemplativa. Infatti si legge:

[...] si domandavano ancora e seriamente, da persone che si erano impegnate a vivere sinceramente nella santità, se dovevano svolgere la loro vita fra gli uomini o ritirarsi negli eremi. E Francesco, che non fidandosi mai di se stesso in ogni decisione cercava ispirazione da Dio nella preghiera, scelse di vivere per colui che morì per tutti, ben consapevole di essere stato inviato da Dio a conquistare le anime che il diavolo tentava di rapire. (124)

Nella Legenda Maior Bonaventura fa sì che il problema della scelta di vita sia effettuato solo da Francesco. Egli interrogò a riguardo Chiara e Silvestro ed entrambi lo invitarono a dedicarsi alla predicazione. Riportiamo qui il passo che interessa:

[...] mentre, saldi nel santo proposito affrontavano la valle Spoletane, si misero a discutere se dovevano passate la vita in mezzo alla gente oppure dimorare in luoghi solitari. Ma Francesco, il servo di Dio, non confidando nella esperienza propria o in quella dei suoi, si affidò alla preghiera, per ricercare con insistenza quale fosse su questo punto la disposizione della volontà divina. Venne così illuminato con una risposta dal cielo e comprese che gli era stato mandato dal Signore a questo scopo: guadagnare a Cristo le anime che il diavolo tentava di rapire. E perciò scelse di vivere per tutti, anzichè per sè solo, stimolato dall'esempio di Colui che si degnò di morire, Lui solo, per tutti gli uomini. (125)

Nella Regula non bullata si danno indicazioni limitative, si legge infatti:

[...] nullus frater praedicet contra formam et istitutionem sanctae ecclesiae et nisi concessum sibi fuerit a ministro suo et caveat sibi minister ne alcui in discrete concedat. Omnes tamen fratres operibus praedicent. Et nullus minister vel praedicator appropriet sibi ministerium fratrum vel officium praedicationis, sed quacumque ora et iniunctum fuerit, sine omni contradictione dimittat suum officium. (126)

Si afferma dunque che nessun frate deve predicare senza il permesso del ministro. Probabilmente la predicazione si sta trasformando in un problema; il che vale anche per i ministri poichè vi è preoccupazione di abuso di potere, nei confronti dei quali, i frati sono chiamati a una funzione di controllo. Questo capitolo viene steso sicuramente dopo il 1217, quando la fraternità ha già una gerarchia.

I Chierici predicatori che entrano a far parte dell'ordine mancavano di quelle caratteristiche che Francesco nel Testamento vedeva essere tipiche del frater, li voleva infatti idiotae e subditi omnibus, cosa che i chierici in realtà non erano. Ma erano proprio loro a costituire il nerbo dei praedicatores, grazie alla loro cultura e alla loro formazione, e tale situazione li privilegiava rispetto ai laici, ai quali sempre più spesso venivano affidati solo i compiti di servizio all'interno dei conventi.

E' significativo che nella Regula Bullata l'argomento predicazione venga affrontato solo in termini problematici e le disposizioni sono soltanto limitative. Ciò significa che la predicazione ufficiale aveva uno spazio molto limitato e non si intendeva assolutamente incoraggiarla. Si dava piuttosto la preferenza ad una predicazione semplice che anche i frati laici potevano fare e della quale nel capitolo della Regula non Bullata si dà uno specinem. dopo il generalato di fra Elia i laici vengono radiati dall'ordine e nel giro di pochi decenni quella che era stata la fraternitas di Francesco si istituzionalizza, sul modello dei domenicani.

fino agli anni venti del sec. XIII i frati non avevano sedi fisse, tra l'atro nella stessa Regula non Bullata non vengono mai menzionati i loro insediamenti. Nel Testamento, per la prima volta, si comincia a parlare di sedi apposite ed esclusive "pellegrini e forestieri". Riportiamo questo passo:

[...] caveant sibi fratres, ut ecclesias, habitacula paupercula er omnia, quae pro ipsis construuntur, penitus non recipiant, nisi essent, sicut decet sanctam paupertatem, quam in regula promisimus, semper ibi hospitantes secut advenae et peregrini (127).

Le sedi dovevano essere povere, ma sono oramai una realtà ineludibile, inoltre si cominciano a costruire chiese accanto ad esse. Queste trasformazioni furono forse alla base della scelta che portò Francesco all'abbandono della guida dell'ordine, che viene affidata poi a Pietro Cattani: siamo intorno al 1221 o al 1222. Ma Francesco rimane legato al gruppo religioso che da lui ha avuto origine, anche se non riusciva più ad incarnare nelle forme primigenie quell'ideale evangelico da cui egli aveva preso le mosse. Di quel legame con "i suoi fratelli" e della vibrante preoccupazione per la salvaguardia di quell'ideale è testimone il Testamentum.  


(121) Thèophile DESBONNETS, La Legenda trium sociorum, Edition critique, in AFH, LXVII, 1974, pp.89-90

(122) K. MÜLLER. Die Anfänge des Minoritenordens und der Bussbrüderschaften, Freiburg 1885

(123) Matteo PARIS, Chronica Maiora, in Rerum britannicarum medii Aevi scriptores, 57, Londra 1872-73, t.III, pp.131-143

(124) 1 Cel., 35, p. 28; FF, p.440

(125) LM., cap. IV, 2, p.572; FF, p.861

(126) RnB., cap. XVII, p.391; FF, p.113

(127) Test., cap.II, pp.440-441; FF, p.132


Theorèin - Aprile 2006