MOVIMENTI RELIGIOSI E REALTA' SOCIALE TRA XI E XII SECOLO
A cura di: Mario Della Penna
Entra nella sezione STORIA

Se vuoi comunicare con Mario Della Penna: mariodellapenna@theorein.it
Lezione 20

Movimenti religiosi del XII secolo

I seguaci di Arnaldo sono chiamati arnaldisti oppure, come abbiamo visto nella precedente lezione, viene usato il termine di Lombardi.

Più tardi ritroveremo lo stesso abbinamento a proposito dei Valdesi o Valdensi, ossia i seguaci di Valdo, chiamati anche Poveri di Lione, perchè si erano sviluppati nella zona lionese. Dalla scissione di questo movimento in due tronconi, nascono i Poveri di Lione e i Poveri di Lombardia.

Commento su questi contenuti rilevataci dalle fonti.

La predicazione di Arnaldo in sostanza è sopratutto di tenore ascetico e religioso, cioè tende a riformare il clero ispirandosi al Vangelo.

La sua battaglia è incentrata sul fatto che non è consentito possedere beni temporali da parte degli ecclesiastici.

Egli portando alle estreme conseguenze questa posizione, sostiene che ai laici soltanto, spetta il potere temporale, il possesso delle ricchezze.

Ottone di Frisinga lo giudica laicis tantum adulavit (adulava, cercava di farsi amici, soltanto i laici, contro i clerici). Questa è una conseguenza del rigore della sua posizione.

Arnaldo sostiene che agli ecclesiastici spetta solo il potere spirituale, che si riferisce al lato morale e religioso; altro tipo di potere è illegittimo.

Se gli ecclesiastici non rinunciano al potere temporale, non devono essere più essere obbediti.

Risalta l'eco di posizioni patariniche che sosteneva che i sacerdoti indegni non potevano amministrare i sacramenti, ed in caso lo facessero non erano validi. Di conseguenza a quanto detto possiamo inserire la figura di questo predicatore nel filone patarino-evangelico.

Una seconda osservazione riguarda la polemica che sembra essere rivolta solo contro i sacerdoti indegni, non contro tutto il clero; quindi non c'è una volontà di sovvertire ogni gerarchia ecclesiastica, ma di sovvertire quella gerarchica ecclesiastica ritenuta corrotta.

Il clero contemporaneo ad Arnaldo viene definito rèprobi Simonisque seguacis (corrotti e seguaci di Simone cioè Simon Mago). Queste posizioni abbastanza radicali, ma non antiecclesiastiche, gli fanno piombare addosso l'accusa di essere eretico.

Eugenio III (1) nel 1148 (dopo circa tre anni che predicava a Roma) lo definisce scismatico, cioè che doveva essere evitato, emarginato dalla comunità dei fedeli.

Quattro anni dopo nel 1152, rifacendosi ad una immagine evangelica, lo definisce eretico, cosa ben più grave, perchè vuol dire che doveva essere distrutto, combattuto.

Questo perchè gli eretici sono, come sosteneva la vecchia storiografia, il popolo e i laici promotori del comune romano.

La storiografia più recente invece sostiene che il ruolo del popolo era secondario, o meglio che le iniziative e le organizzazioni erano dovute alla nobiltà romana e il popolo magari le appoggiava.

Le predicazioni di Arnaldo si incontra con questo moto politico. Potremmo meglio dire, che si svolge parallelamente a questo moto, almeno all'inizio. Piano piano i due filoni arriveranno a confondersi insieme, visto che hanno lo stesso fine, gli stessi nemici (lo stesso scopo temporalistico, la gerarchia ecclesiastica) ma non hanno gli stessi intenti.

Da una parte (dalla parte del Comune) c'è la ricerca dell'annullamento dei diritti del papato sulla città di Roma, il tentativo di conquistare i diritti imperiali di Roma contro l'indebitum clericorum iùgum (cioè l'odio politico in sostanza da una parte); dall'altra quella di Arnaldo e dei suoi seguaci, c'è una polemica religiosa; è una lotta religiosa contro la gerarchia avida di potere.

Dalle fonti sappiamo che Arnaldo arriva a predicare in Campidoglio, quindi nella sede simbolo della vita di Roma, e arriva a dire che non si devono rispettare coloro che rendono schiava Roma, sede di Imperium mundi dominam.

Questo avrebbe detto Arnaldo richiamandosi anch'egli alle antiche glorie imperiali e quindi avvicinandosi alle posizioni dei suoi compagni di strada, dei promotori del moto di politica.

E' stato sostenuto dalla storiografia più recente, che Arnaldo non tenta all'improvviso una vocazione politica. Queste sue affermazioni di Roma città signora del mondo si spiegano perchè si rende conto che le sorti del comune romano sono legate alle sorti della sua predicazione.

Sostanzialmente però resta un riformatore religioso che per caso, per coincidenza, incontra un filone politico che in parte si collega ad esso. Comunque non si tratta di un agitatore politico.

Per la vecchia storiografia, sopratutto risorgimentale, Arnaldo era il campione del comune romano, addirittura il campione di un nascente spirito nazionale, tendenze queste anacronistiche, quindi non campione dell'anticlericalismo, dell'antistatalismo.

E' stato invece campione della depoliticizzazione del papato; egli propone un papato non politico, il decondizionamento dal temporale degli ecclesiastici. Peraltro l'ideale di riforma si è ormai ingombrato, condannato, col contemporaneo moto politico, adeguandosi a queste idee politiche.

Allora cos'è scattato?

Immediatamente il meccanismo di difesa dei detentori dell'ordine costituito. Si ricostruisce, davanti a questa minaccia del Comune e di Arnaldo, la vecchia alleanza tra papato e impero che, con alterne vicende si interrompeva, diventava inimicizia, poi si ricostituiva davanti al pericolo.

L'alleanza porta all'inevitabile sconfitta degli eretici. Federico II scende in Italia nel 1154-55 entra a Roma colpita dall'interdetto papale e offre, dopo aver sconfitto il partito repubblicano, a papa Adriano IV (2) la testa di Arnaldo, per avere in cambio l'incoronazione imperiale.

Arnaldo è condannato a morte per impiccagione dal prefetto del papa, tornato dopo aver scacciato il particius romanorum. Viene impiccato e poi il corpo viene bruciato; le ceneri disperse nel Tevere.

Questi particolari macabri ci consentono di fare una osservazione che desumiamo dal Frugoni: le ceneri sono disperse nel Tevere perchè dicono le fonti, si temeva una venerazione popolare del corpo di Arnaldo.

Frugoni nota che questo timore dimostra che Arnaldo non aveva sostenuto idee politiche, ma era stato il martire di un'idea religiosa, altrimenti non si spiegherebbe questa volontà di distruggere le reliquie, visto che poteva essere inteso anche come un santo, di voler ricondurre chierici ai modelli della comunità apostolica primitiva.

Arnaldo è un imperatore ostile nei confronti della chiesa, che sente anche il dovere di stroncare l'eresia, perchè elemento di sovversione non solo ecclesiastico ma anche civile.

Federico II non si può paragonare ad Arnaldo. la base è quella, ma a Federico II premeva non tanto l'affermazione del modello della chiesa primitiva, ma una società gerarchicamente ordinata, senza focolai di contestazione, pericolosi anche dal punto di vista dell'imperatore.

Quindi a Federico non interessava l'ideale evangelico. Dopo la sua morte, a Roma gli arnaldisti scompaiono. Non abbiamo più tracce forse fino al 1163 dice Giovanni di Salisbry. C'era ancora qualche seguace, poi invece li troviamo in Lombardia, perchè abbiamo traccia di presenza a Lodi, in cui un cronista Ottone Morena parla della presenza di gruppi di persone povere e violente, chiamate ironicamente Filii Arnaldi (figli di Arnaldo).

Come mai in Lombardia perdura così a lungo il mito di Arnaldo dopo tanti anni che era andato via da Brescia? Evidentemente persisteva il ricordo di questo personaggio in una regione come la Lombardia che nel XI secolo era particolarmente ricettiva a frammenti ereticali.

In conclusione gli arnaldisti saranno condannati nel 1184 dal Concilio di Verona con la famosa Decretatio ad abolendam in cui saranno condannati vari altri eretici come vedremo in seguito, questo per iniziativa di Lucio III e Federico Barbarossa. Progressivamente gli arnaldisti scompariranno. Ne rimarrà il nome, usato qualche volta in contesti diversi per indicare dei sovversori.

Con questa condanna,che arriva quasi trent'anni dopo la morte di Arnaldo, fallisce un primo tentativo di attuazione del mito del ritorno alla comunità primitiva, che abbiamo detto essere il mito che serpeggia un pò in questo secolo e anche nel secolo successivo, anche in contesti insospettabili, per esempio notava la Chenù che questo mito lo afferma Federico II. Siamo ai primi decenni del XIII secolo (è imperatore dal 1212) quando Federico afferma questo.


(1) Eugenio III - Al secolo Bernardo di Pisa (m. Tivoli 1153), già titolare di una abbazia cistercense, divenne pontefice nel 1145, succedendo a Lucio II. A causa di ribellioni fu costretto a lasciare il Vaticano e stabilirsi a Viterbo. Incaricò S.Bernardo di organizzare la II crociata e pregò Corrado III di intervenire affinchè lo facesse ritornare a Roma; ma il suo tentativo si rivelò vano.

(2) Adriano IV - Nicola Breakspear (Langley 1100 circa - Anagn 1159). Creato da Eugenio III cardinale vescovo di Albano; nel 1152 legato di Norvegia, fu eletto nel 1154, alla morte di Anastasio IV. Di fronte allo spirito autonomistico di Roma e alla minaccia di Guglielmo di Sicilia, si appoggiò a Federico Barbarossa: questi, giustiziato Arnaldo da Brescia e incoronato imperatore (1155) si dimostrò incapace di proteggere il papato. Adriano fu costretto perciò a riconoscere a Guglielmo, col trattato di Benevento, le conquiste fatte (1156). E' l'unico papa inglese.


Theorèin - Novembre 2005