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La Resurrezione di Cristo, come episodio descritto nelle fonti storiche, appare come un evento storicamente credibile, perchè i testi che ne tramandano la memoria corrispondono alle caratteristiche di autenticità che si richiedono ad un qualsiasi documento antico per considerarlo attendibile. Come dicemmo dall'inizio, sono datati ad un periodo immediatamente successivo ai fatti narrati, sono stati tramandati in modo integro nei codici e nei papiri successivi, sono stati scritti da testimoni oculari o attendibili, di cui conosciamo l'identità e di cui possiamo valutare la credibilità. La crux maggiore della loro credibilità, le cosiddette discordanze, sono in realtà, come credo di aver dimostrato mediante la comparazione dei testi, delle omissioni incrociate concepite per una lettura ad incastro che, proprio per la precisione dei suoi addentellati, si dimostra da sè. Le mancanze di notizie, che si riscontrano trasversalmente in tutti i testi evangelici, sono invece addebitabili all'interdipendenza tra le fonti scritte e la tradizione orale, dimostrata anche in altri passi evangelici, e a cui nessuno degli scrittori - che presumibilmente non credevano nè che i loro testi sarebbero divenuti sacri, e quindi intoccabili, nè di essere destinati ad una lettura più che millenaria - aveva intenzione di rinunciare, di certo inconsapevoli del fatto che essa si sarebbe perduta proprio perchè non scritta, e probabilmente persuasi che la storia non sarebbe durata tanto a lungo - brani di Mt e Mc, e forse anche di Lc, fanno presupporre che gli evangelisti credessero in una fine del mondo imminente, di certo confusa con la rovina di Gerusalemme o almeno preparata da quella, e in ogni caso che sarebbe accaduta nella stessa generazione che aveva rifiutato Cristo. In questo senso, i vangeli appaiono strettamente connessi tra loro e alla catechesi orale, per cui nel corso dei secoli proprio la perdita di questi legami extratestuali e la dimenticanza di quelli intratestuali, addebitabili all'irrigidirsi delle tecniche di lettura, condizionate dalla sacralizzazione dei testi, hanno causato l'erronea percezione di discordanze insanabili o enigmatiche - una percezione che, sia detto per inciso, si dev'essere avvertita assai presto, come provano i numerosi interventi di Gv nel puntualizzare fatti e circostanze. Tale percezione scaturì dallo scollamento tra i cristiani ex-gentibus e quelli ex-circumcisione, ossia tra i fedeli convertiti dal paganesimo e quelli provenienti dall'ebraismo. Per un trentennio scarso, i cristiani erano stati di fatto considerati una setta ebraica tra tante, perseguitabile finchè si vuole, ma non più eretica dei sadducei o degli erodiani o degli esseni. E non molto diversa da quella dei farisei, certo meno di quanto non lo fosse quella dei sadducei: infatti questi ultimi, che pure avevano condannato Gesù coi farisei, non credevano in molte cose che l'uno e gli altri avevano confessato: nè all'anima, nè agli angeli, nè all'oltretomba bipartito tra inferno e paradiso, nè al giudizio universale e alla resurrezione della carne. Ragion per cui i cristiani avevano conservato usanze e abitudini ebree, e si sentivano ebrei, anzi più ebrei di prima, perchè avevano ricevuto il Messia. Piano piano gli apostoli avevano cominciato a predicare ai pagani, e a stento li avevano esentati dalle usanze giudaiche più rigide, come le purità alimentari o la circoncisione, grazie all'influsso di Paolo e al Concilio di Gerusalemme. Ma i pagani erano rimasti in minoranza, anche se a volte autorevole, e gravitavano attorno ai fedeli ex-circumcisione anche fuori dei confini palestinesi, perchè le prime grandi Chiese esterne alla Terra Santa erano nate - a Tessalonica come a Corinto o Antiochia o Alessandria o Roma stessa - sempre attorno alle colonie ebree.
In questo contesto le memorie tramandate a voce dei fatti di Gesù erano vivissimi, legati ai gruppi che con lui avevano vissuto. Gruppi -meminisse iuvat - tutt'altro che poco influenti nella società. Ho citato il fatto che la famiglia della Madonna era originaria di Gerusalemme, e aveva casa nel centro della città, presso la Piscina di Bet Esdatain, la famosa piscina a cinque portici del miracolo del paralitico, unica nel suo genere architettonico. Sotto le fondamenta crociate e bizantine della chiesa di Sant'Anna, a due passi dall'antica piscina, si trovano i resti di una domus ecclesia del I secolo, ossia di una casa trasformata in luogo di culto, come accadeva per le dimore dei personaggi neotestamentari più significativi. I dati archeologici fanno chiaramente intendere che il culto celebrato era mariano, e quindi possiamo identificare quel sito con la casa di Gioacchino e Anna, in cui nacque Maria e descritta dall'apocrifo - ma interessantissimo - Protovangelo di Giacomo. Il gruppo dei parenti di Maria diffuse un culto iatrico legato alla Piscina che s'innestò sincreticamente su quello ebraico preesistente, e basato sulla magia bianca esercitata sull'anello, il sigillo e le medaglie di Salomone, il guaritore per eccellenza nella devozione popolare ebraica. Associato al cavaliere che trafigge la diavolessa Lilit e all'Arcangelo Raffaele - il taumaturgo di Tobia padre - Salomone componeva con loro una triade iatrica che i cristiani riadattarono così: a Salomone fu sostituito Cristo, Raffaele fu rimpiazzato con angeli anonimi - che non facessero ombra al medico divino - e il cavaliere fu sostituito dalla Vergine Maria, che aveva schiacciato la testa del dragone infernale. Per cancellare tale culto, che continuò pure dopo l'assedio di Gerusalemme voluto da Tito, ancora nel 135 Adriano, definitivo distruttore della città, impiantò la triade iatrica pagana Serapide-Esculapio, Iside-Igea, Arpocrate-Telesforo. Ma il culto giudeo-cristiano sopravvisse sino al v secolo, quando gli imperatori smantellarono gli edifici dove si praticava, costruirono la chiesa bizantina sulla piscina e portarono le idrie nel Santo Sepolcro. C'è da meravigliarsi se a Gerusalemme le tradizioni orali su Gesù erano vive, visto che quella cultuale inaugurata dai parenti di Maria durò per cinquecento anni ? Non poterono durare venti, trent'anni ? Altri centri di raccolta giudeo - cristiana erano la casa di Maria da adulta, dopo la morte e resurrezione di Gesù, presumibilmente a Magdalia, e attorno alla sua tomba, presso l'attuale monastero di Santa Maria di Giosafat, archeologicamente datata al I sec. e anch'essa significativamente vuota come quella del figlio, a fondamento archeologico dell'antichissima notizia dell'Assunzione della Vergine. A Gerusalemme - come si è detto più volte - avevano il quartier generale i XII, presso il Cenacolo, anch'esso del I sec. A Gerusalemme aveva casa Marco. Convertiti al cristianesimo erano anche sacerdoti, scribi e farisei - come Paolo. Altri centri giudeo-cristiani c'erano attorno alle domus ecclesiae di Nazareth, l'una già casa di Maria - l'attuale basilica dell'Annunciazione - l'altra casa di Giuseppe, che rimase ai giudeo-cristiani sino all'VIII secolo, custodita dai lontani discendenti della famiglia davidica ! Fino poi alla domus ecclesia di Betlemme, su cui si costruì la basilica della Natività. C'erano poi domus ecclesiae a Ain Karin, patria di Giovanni Battista, a Cana, a Cafarnao, ecc. E si tratta di siti archeologicamente supervisionati, non individuati dalla tradizione. In un contesto del genere, il cristianesimo primitivo era in grado di mantenere forti legami con l'ebraismo e di custodire - anche per i pagani - le memorie di Cristo, senza che si sentisse di fermare per iscritto conoscenze tanto diffuse. Persino il sito del calvario ha inequivocabili resti archeologici di un culto cristiano del I secolo, con grotte e caverne, poi profanate significamente da Adriano con un culto della resurrezione di Adone ad opera di Afrodite: grottesca caricatura del sincretismo pagano del rapporto tra il planctus Mariae e la Resurrectio Christi. Non c'è dubbio che tra i convertiti al cristianesimo dall'ebraismo fatti e eventi extraevangelici per noi scomparsi erano assai noti. Purtroppo poi gli eventi congiurarono contro la conservazione di questa tradizione, spostando l'asse della nascente fede verso i convertiti dal paganesimo. Anzitutto, nel 62, il sommo sacerdote ebreo Anano fece assassinare il capo riconosciuto dei giudeo-cristiani, Giacomo di Alfeo, cugino di Cristo. Mai si era arrivati a tanto. Erode aveva fatto assassinare Giacomo di Zebedeo, ma era uno straniero, un idumeo usurpatore che si reggeva sulle armi di Roma. Anano, anche se dissoluto e inetto, era il capo del popolo di Dio. Segno che l'ebraismo ufficiale mirava a respingere ai suoi margini quei suoi figli che riconoscevano in Gesù il Messia. Nel 65 Pietro e Paolo furono giustiziati a Roma, assieme al grosso della comunità giudeo-cristiana della capitale: i legami viventi tra l'origine ebrea del Cristianesimo e la nuova generazione mista erano stati spezzati senza misericordia. Quando poi in Oriente divampò la rivolta giudea in chiave messianica, a cui ovviamente i giudeo-cristiani non parteciparono, nel 70 Gerusalemme fu saccheggiata, e gli ebrei espulsi. Ma non i giudeo-cristiani. Che cominciano a costruire templi sinagogali non più orientati verso il Tempio salomonico, e in cui si conservavano - adesso sì - anche le scritture del Nuovo Testamento, ormai equiparate alla Torah. Per i cristiani le profezie di Gesù si erano avverate e la città che lo aveva ucciso era stata distrutta. Ma anche l'ebraismo ne era uscito trasformato: le sette preesistenti, variopinte, pittoresche e litigiose, erano scomparse: sterminati gli esseni e i sadducei, estinti gli erodiani, sconfitti almeno per ora gli zeloti, smentiti tanti sedicenti messia guerrieri, rimanevano solo i farisei, ossia i più irriducibili avversari dei giudeo-cristiani, non avendo mai dimenticato le requisitorie di Gesù contro la loro casistica legalista e il tradimento di Paolo di Tarso. E entro l'80 il Consiglio rabbinico, esule da Sion, fulminò la maledizione contro i cristiani che entrò poi nei canoni del Talmud. Essi erano oramai eretici. Ma anche i pagani convertiti dubitavano dei giudei battezzati: gli usi paramosaici imposti dal concilio di Gerusalemme erano caduti in disuso, già si delineavano gruppi cristiani di cultura copta, siriaca e greca, e già emergeva il primato della comunità romana, con la Lettera di Clemente nel 90. Buona parte delle tradizioni giudee su Cristo era scomparsa con le vittime della Guerra Giudaica. L'ultimo apostolo scrive il suo Vangelo quando ormai la contaminazione tra la nuova fede e la cultura greca è già avviata e ha prodotto lo gnosticismo - il lessico giovanneo è esplicito e riecheggia quello eretico in chiave polemica - e le caratteristiche più estranee alla mentalità comune ebrea della nuova fede sono enfatizzate, come la divinità di Cristo, la multipersonalità di Dio, la presenza del maestro nell'Eucarestia. Gli ebrei dal canto loro reagiscono dando una valutazione solamente negativa di Cristo, generando storielle denigratrici che poi saranno livorosamente riprese da Celso nel suo Discorso Vero e contestate da Origene, a cui sopravvissero fino alle blasfeme Toledoth Jesu, che tanto motivo hanno dato all'antisemitismo di allignare. Sono costoro i Giudei di cui Gv parla con ostilità, anche se lo storico deve identificarli coi farisei, unici superstiti del genocidio culturale di Tito e Vespasiano. I giudeo-cristiani sono sempre più isolati. Un gruppo cospicuo di essi nel II sec. diventerà ebionita, rigettando la divinità di Cristo e l'insegnamento - oramai canonico - di Paolo. Ci si meraviglia se in questo contesto, tra il 70 e il 100, le tradizioni orali a cui ancora Gv si rifaceva, siano scomparse ? E che ai posteri le eleganti forme stilistiche di Gv o Mt, coi loro rimandi alla catechesi non scritta, siano apparse come incomprensibili omissioni? Ma non c'è solo il dato filologico che attesta il fatto storico della Resurrezione. Ci sono i riscontri archeologici, paradossalmente autentici perchè assenti. Nessuno dubita della autenticità archeologica della tomba di Cristo. Come ho detto, presso di essa - a un tiro di sasso dal Calvario - fiorì subito il culto. Non dimentichiamoci che la tomba era di un sinedrita, Giuseppe di Arimatea, che poteva usarla come voleva. Certo la persistenza di altre sepolture non incoraggiava la devozione degli ebrei osservanti, attenti all'impurità legale. Ma presso il calvario c'erano ambienti "post-crucem" dove si recava Maria, e dove lei e il Figlio furono oggetto di culto, assieme a delle reliquie della passione. Scavi recenti (1950, 1973 e ss.) hanno restituito buona parte di questi luoghi. In essi vi era persino un forno per l'esalazione di erbe aromatiche cultuali. E agli ebrei non convertiti quel luogo di patiboli e di cadaveri interessava poco. Ma il culto fu tale che Adriano, come dissi, tentò di occultarlo per sincretismo, ma senza successo. Ebbene, in questo complesso, che per una concezione semitica del luogo di culto rimase per buona parte a cielo aperto e nello stato originario fino allo scempio fattone da Costantino con la sua operazione architettonica - l'Anastasis e la Basilica bizantina - il cuore è costituito da una tomba vuota. Sarà banale, ma credo che se una religione avesse il corpo del fondatore, se lo terrebbe, e creerebbe la sua teologia sul corpo presente. Ma il Cristianesimo non ce l'ha. E crea una teologia dell'assenza, che a conti fatti è molto più imbarazzante e problematica di qualsiasi altra. Ma è vincolante. Perchè il corpo non c'è davvero più. E in 2000 anni di ricerche, nessuno l'ha trovato. Tanto che gli studiosi non credenti, anch'essi dotati d'interessi di bottega come quelli religiosi, si sono dovuti premurare di nascondere, fino ad annullare, l'identità del padrone del corpo scomparso, per rendere irrilevante o addirittura logica l'assenza del cadavere. E' quanto fecero i critici di matrice positivista o i mitologi idealisti e marxisti. Ma sbagliarono clamorosamente, smentiti dai dati storici che, nella loro bruta incoscienza, non hanno altra voce che quella dell'evidenza. E vediamo perchè. Impostando la questione in termini storico-critici, alla Loisy o alla Renan per intenderci, ancora una volta c'imbattiamo nello scoglio delle date di composizione dei testi evangelici. Non solo con la datazione da me seguita, ma anche con quella più generalmente accettata (Mc 60 d.C., Mt e Lc 70 d.C., Gv 90-100) i conti non tornano e non c'è tempo per la formazione delle leggende, compresa quella più impegnativa della Resurrezione. Comunque, ammettiamo che si sia formata una leggenda, ossia che Cristo non sia risorto. Su che cosa si può essere formata ? Le ipotesi sono due:
Un falso consapevole è quello di cui il Sinedrio fece accusare gli apostoli dalle guardie: essi avevano rubato il corpo durante il loro sonno. E' dunque una voce che circolava dal 30 d. C. Ed è sicuramente la più semplice supposizione che chiunque farebbe dinanzi alla scomparsa della salma di un leader religioso, che ha promesso di risorgere. Ma proprio la sua antichità la smonta. Anzitutto, come potevano le guardie addormentate accorgersi del furto ? E se si svegliarono, perchè non lo impedirono ? E' un rilievo elementare che fu fatto già da Agostino da Ippona, illustre e acuto convertito. Inoltre il Sinedrio, che pure arrestò più volte gli apostoli, muovendo loro molte accuse, non li accusò mai di profanazione di tombe e di sottrazione di cadavere. Segno che non poteva provarle in nessun modo. Ancora: potevano gli apostoli profanare una tomba sorvegliata nel bel mezzo di un cimitero, peraltro da soldati romani ? Se la sentivano davvero di rubare un corpo appena schiodato da una croce, col rischio di salirci anch'essi ? Non dimentichiamoci che il Sinedrio volle la crocifissione per bestemmia, ma Pilato la concesse per ribellione, in quanto Gesù si intitolava Re dei Giudei, usurpando le prerogative dell'imperatore romano. Gli apostoli rischiavano d'incorrere nell'ira del procuratore, che aveva la mano pesante con i sediziosi -e lo attesta lo stesso Vangelo, quando Gesù commenta il caso di quei galilei il cui sangue Pilato aveva fatto mescolare con quello dei loro stessi sacrifici: gesto crudele e blasfemo. Qualcuno poteva obiettare che gli apostoli potevano avere qualcosa da guadagnare dall'asportazione del cadavere. Ma i fatti lo smentiscono: non solo avevano precipitosamente abbandonato il Maestro al momento della cattura, ma il primo giorno utile per viaggiare - finito il sabato - il gruppo aveva cominciato a sfilacciarsi: erano partiti i Due di Emmaus, si era allontanato Pietro, si era separato Tommaso. Gli altri erano rintanati in casa per paura dei Giudei. Non è lo stato d'animo in cui si cerca di cogliere dei vantaggi. Del resto, i fatti dimostrano che non ce ne furono: la gestione comunitaria dei beni dei cristiani primitivi tolse ai XII la possibilità di lucro, e le persecuzioni immediatamente iniziate e drammaticamente culminate nella morte violenta di tutti gli apostoli smentiscono che il furto potesse aprire loro prospettive di potere o gloria. E non avrebbero potuto aspettarsi altro, data la fine del Maestro. Un furto non è dunque un'ipotesi plausibile. Lo stato psicopatologico è forse allo stato attuale l'unica ipotesi credibile, perchè impostabile in modo scientifico, che spieghi in modo "naturale" le esperienze parapsicologiche connesse alla nascita della fede nella Resurrezione. Ma non spiegherebbe l'assenza del corpo, che sarebbe ancor più enigmatico. A meno che non si supponesse che tale furto fosse compiuto in uno stato di tale esaltazione da essere pressochè inconsapevole, quasi atto di personalità dissociate o borderliner. Ma la sorveglianza delle guardie esclude un simile colpo di forza, o almeno che potesse passare inosservato. Ma che possiamo dire dello stato mentale dei discepoli e degli apostoli ? Forse è opportuno capire se potessero autosuggestionarsi fino a tal punto. E bisogna cominciare dall'inconscio più profondo, quello archetipico e collettivo, che ci portiamo tutti dentro. Mi porrei alcune domande, e le riporto. Come mai un messia fallito suscita nei suoi discepoli questa esaltazione irrazionale ? Essi avevano sperato in un regno terreno, avevano sognato gloria e potere, e ora si ritrovavano tra le mani solo un cadavere. Un cadavere che, anche quand'era vivo, in fondo non valeva molto agli occhi del mondo: un ex-carpentiere, della Galilea - da cui non viene niente di buono, come dice il Vangelo stesso - figlio unico di madre vedova, discendente da una stirpe regale decaduta, squattrinato, vagabondo, mantenuto da delle donne. Sono tutte accuse che troviamo nei vangeli e che rispecchiano dati di fatto. L'unica forza di Cristo era l'eloquenza e i prodigi. Ma i prodigi erano - e sono - assai comuni. E la dottrina di Cristo era spesso agli antipodi delle speranze dei suoi stessi discepoli. Per quanto potessero aver assorbito il suo insegnamento spirituale, per essi vederlo condannato e ucciso fu sicuramente il segno tangibile di una irrimediabile sconfitta. Come poteva nascere in loro il desiderio di una rivalsa, peraltro spirituale, e quindi votata alla stessa drammatica fine? Non solo dovevano accettare che il Messia promesso doveva morire, ma anche che il suo regno non sarebbe mai stato materiale. In una parola, dovevano sovvertire a tal punto la loro psicologia umana e ebraica, da far rivivere un morto scomodo per tutti, loro compresi. Uno stato psichico tanto più incomprensibile se consideriamo che avrebbe dovuto abbracciare un gruppo abbastanza numeroso in modo omogeneo e profondo, in un momento di gravissimo scoraggiamento e paura - tutti lo avevano abbandonato, tranne Giovanni e le donne - e se pensiamo che dovette poi essere trasmesso agli altri, ai seguaci via via guadagnati. E così il Messia infamato, Cristo, l'unico che interpretava in senso spirituale il suo ruolo in un'epoca di acceso nazionalismo, si sarebbe trovato ad essere l'unico considerato salvato da Dio, mentre tanti altri sedicenti Cristi dell'epoca, ben più in sintonia col sentire comune, erano stati dimenticati. Nessuno ha visto nè risorgere nè ascendere l'Anonimo messia che fu martirizzato da Pilato nel 35-36 sul monte Garizim, dove aveva radunato i suoi seguaci per mostrare alcuni sacri arredi mosaici, come prodromo della rivolta antiromana; o Theudas, ribelle autoproclamatosi Cristo e ucciso in battaglia dal procuratore Cuspio Fado, successore di Pilato nel 44 presso il Giordano, e il cui capo fu portato in trionfo sulle picche romane in Gerusalemme; o l'Anomimo ebreo egizio che, nel 52, fu visto uscire incolume, protetto da Dio, dal campo di battaglia dove i Romani del procuratore Felice avevano massacrato i suoi seguaci; o Bar Kokheba, il leader della rivolta del 132, quella che provocò il tracollo del Giudaismo per 2000 anni, e che pure era stato ufficialmente riconosciuto Messia e che aveva resistito epicamente alle legioni quadrate in 50 fortezze e 985 città e villaggi. Tutti avevano promesso i nuovi cieli, e tutti erano stati sconfitti. Ma non in modo infamante. Erano caduti in battaglia, come Giuda e Gionata Maccabei. Ognuno di loro aveva personalità e carisma ben più adatti alla fanatizzazione postuma, e più seguaci di Cristo, tra cui statisticamente il fenomeno dell'esaltazione poteva aver più possibilità di accadere. Ma non accadde. Accadde solo tra i discepoli di Gesù. E per creare il mito scomodo di un messia spiritualista, che ai suoi promette solo morte e sofferenza. Non mi sembra un buon presupposto. Supporrebbe un istinto masochista nei discepoli, che invece erano quasi tutti persone "adattate"al proprio contesto sociale: gente che lavorava, sposata, con figli. Vero che Gesù aveva predetto più volte la sua morte e resurrezione, ma la sua predicazione gli aveva procurato tanti nemici che la prima profezia era piuttosto facile da avverarsi, e la seconda in fondo poteva essere una inconsapevole millanteria. In conclusione, gli apostoli gli credevano, ma non tanto da potersi convincere che potesse risorgere a piacimento, non tanto da poterlo vedere, o addirittura rubare in stato di trance, diventando tutti schizofrenici di colpo, assieme ai loro seguaci e complici. Ammesso che simili trance siano possibili. E torneremo anche su questo. In verità, di nessun aspirante messia, di nessun capo o fondatore religioso, e di nessun uomo mai nessuno ha avuto la facciatosta di dire che fosse risorto. Nè di mettere in imbarazzo i posteri con prove a favore di questa folle asserzione. Non sembra che nessun uomo, in 5000 anni di civiltà, abbia mai sostenuto di aver visto risorgere un suo simile. Ad eccezione di una ventina di testimoni ebrei di Palestina per il loro presunto messia, 2000 anni fa circa (e limitiamo la cifra ai soli veggenti del periodo pasquale). E' un fatto, anche se psicopatologico, unico. E fa riflettere. Anche i deliri più accesi rispecchiano, in modo distorto, i limiti della mentalità di un'epoca. Da sempre si trova chi dice di aver volato sul carro degli dei. Oggi qualcuno sale su un UFO. Altri dicono di essere stati scelti per tale o talaltra missione. Pochissimi ricevono messaggi che li spingono a rompere gli schemi comportamentali del proprio tempo, e sono messaggi che fanno riflettere - come Giovanna d'Arco che volle guidare un esercito in un'epoca in cui le donne erano incompatibili con la vita politica e militare. Ma nessuno ha mai delirato sulla Resurrezione di qualcuno. Sui fantasmi, sulla telescrittura et similia, sì. Ma sulla Resurrezione no. La morte è percepita come irreversibile da tutti. Anche dai pazzi. Gli unici che non la percepirono così furono i seguaci di Cristo, che in tutto il resto della loro vita furono invece sempre ragionevoli e misurati. Enigma duro da sciogliersi per una psicanalisi non preconcetta. A meno che non siano davvero stati testimoni di un evento unico. Ma ancor più strepitoso per l'autosuggestionamento degli apostoli sarebbe l'aver concepito la Resurrezione come prova della divinità di Cristo. E questo perchè egli aveva dichiarato di esserlo e aveva promesso di provarlo proprio risorgendo. Ora, se la Resurrezione è in realtà la proiezione della suggestione dei discepoli, bisogna supporre che essi abbiano non solo superato la consapevolezze inconscia universale dell'irreversibilità della morte, ma anche quella propria di qualsiasi ebreo osservante: la trascendenza e unicità di Dio. Siamo logici: chi crederebbe oggi ad un tizio che dicesse di essere Figlio di Dio ? E anche se risorgesse, chi associerebbe subito tale evento alla natura divina ? Per gli ebrei era proprio così, e anche di più. Si fecero massacrare per non ammettere la trasformazione del tempio di Salomone in un sacrario in onore di Zeus ai tempi di Adriano, e lo avrebbero fatto anche già dai tempi di Caligola, che voleva mettere una sua statua nel luogo sacro, se l'imperatore non fosse stato massacrato da Cherea mentre andava alla latrina. La guerra dei Maccabei era del resto nata proprio per liberarsi dal paganesimo. Segno della inequivocabile e irriducibile concezione monoteista ebrea, che mai avrebbe potuto accettare di divinizzare un uomo, peraltro ammettendo implicitamente una molteplicità di persone nell'unica sostanza divina. Non a caso lo spirito semita, che sopravvive più forte nell'Islam, spinge i musulmani a ripudiare la Trinità come un politeismo camuffato. Gli ebrei discepoli di Cristo avrebbero dovuto ripudiare inconsciamente e consciamente questa radicatissima forma di monoteismo, che non aveva permesso la divinizzazione neanche di Abramo, di Mosè, di Elia, di Enoch. E neanche in epoche in cui l'ebraismo era stato ben più irenico, e contaminato dal paganesimo delle nazioni vicine. Persino autori pagani, come Celso, trovarono bizzarra la deificazione di Cristo, non invulnerabile come gli dei pagani, ma crocifisso. Mentre gli ebrei discepoli di Gesù avrebbero dovuto concepire una divinizzazione così umiliante, passata addirittura per il grembo di una donna, anche se per partenogenesi. Ancora oggi il Te Deum inneggia a Cristo, dicendogli che, per amore dell'uomo, "non horruisti virginis uterum". Inoltre tali ebrei, pur divinizzando Gesù, avrebbero poi difeso con assoluto rigore il monoteismo contro il culto dell'imperatore e degli altri dei pagani, suscitando l'ostinata ostilità dei gentili. Possiamo mai credere a questo ? Del resto, perchè Cristo fu condannato a morte ? Per la stessa ragione per cui fu più osteggiato: si proclamava Dio. Fu più volte sul punto di essere lapidato. E alla fine fu preso. E quando il Sinedrio lo interrogò su questo controverso punto, al colmo dell'esaltazione - o del coraggio - Gesù si proclamò ufficialmente Dio, citando per sè il profeta Daniele e i salmi, con un gesto che commenteremo. E fu condannato a morte, con una sentenza ratificata anche dalla piazza, istigata proprio in tale senso per la sua presunta blasfemia. Perchè gli apostoli, che già avevano mostrato tanta buona volontà nell'accettare le sue asserzioni di divinità in privato, dovevano autoconvincersene dopo la sua ignominiosa morte ? Non certo da Dio fu quella fine ! E quindi non certo atta all'autoconvinzione, alla suggestione. Qualche pignolo potrebbe giustamente affermare che una parte dei testi messianici dell'AT prevedeva la divinità del Cristo, e quindi Gesù poteva - come fece - collocarsi in quel filone profetico. Su questi aspetti teologici torneremo, ma per ora non bisogna dimenticare che era un filone messo in ombra nella teologia dell'epoca - di nessun altro messia si disse allora altrettanto - e soprattutto che Gesù fu l'unico maestro ebraico ad interpretare quei passi in modo rigoroso ed esclusivo. Ad attribuirsi il Nome stesso di Dio, e la preesistenza alla sua vita umana. A chiamare Dio suo Padre. I suoi discepoli non potevano trovare in quella letteratura biblica un appiglio alla loro suggestione, perchè il loro Maestro di fatto la superava. Potevano farlo forse solo dinanzi ad una prova. E a rigori nemmeno con quella: oggi un buon cristiano che paradossalmente vedesse un morto risorgere si rifiuterebbe lo stesso di farne la Quarta Persona di una Trinità allargata. Evidentemente, l'esperienza misteriosa che i cristiani fecero dopo la morte del loro fondatore eponimo fu talmente forte da sovvertire anche quest'ostacolo psichico. Se questo ci dà il quadro della psicologia profonda dei presunti suggestionati, le fonti evangeliche ben testimoniano anche a proposito di quella individuale, e ci danno altri elementi a sfavore della lettura psicopatologica. Anzitutto, i Vangeli ci presentano visioni individuali e collettive. Ora, in linea di principio, una o due persone possono anche suggestionarsi. Ma gruppi maggiori no. La psicanalisi non può dare ragione di fenomeni del genere. Si suggestionano piuttosto gli esterni, che dinanzi a episodi inspiegabili preferiscono tacciare di esaltazione i testimoni. Gesù è apparso alle Donne - che hanno visto anche gli angeli - e agli Apostoli con dei discepoli. Poi ancora più volte ai XII, fino all'ascensione. Poi i XII hanno avuto la visione del fuoco di Pentecoste. Poi Gesù ha fatto sentire la sua voce al gruppo di Paolo e dei suoi scherani in marcia verso Damasco. Già era apparso ai Cinquecento. Tutti gruppi molto estesi. Inoltre il loro stato psichico - ad esclusione dei 500 discepoli - era differente da quello di chi è incline alla suggestione. Il gruppo di Paolo era esplicitamente ostile. Le donne erano incredule e terrorizzate. Gli apostoli erano spaventati il giorno di pasqua, e rimasero intimoriti fino a Pentecoste, perchè minacciati dai Giudei. Alcuni di loro dubitarono fino alle visioni in Galilea - Tommaso è il caso maggiore, anche se si convinse sette giorni dopo la pasqua. La prima volta i XII scambiarono Gesù per un fantasma. In Galilea non lo riconobbero. Inoltre sono i primi veggenti che mangiano con la persona che vedono...Anzi avrebbero visto il loro fondatore tornare dall'oltretomba per cucinare il pesce...Inoltre lo vedevano ovunque: nella tomba, per strada, in casa, a tavola, in città e in campagna, sul lago, in montagna, nella valle del Cedron...Lo vedevano dalle barche e da terra, da vicino e da lontano...ci camminavano - anche in città: dal Cenacolo al Monte degli Ulivi per l'Ascensione bisogna attraversare una parte di Gerusalemme - e ci chiacchieravano: di religione, di politica, ma anche di pesca e di culinaria...Dette così queste cose fanno ridere. E' mai possibile che ci si suggestioni in modo così prosaico, buffo ? Se fosse un falso sarebbe ingenuo. Ma come autoinganno è inverosimile. E' talmente banale quello che fecero i XII con il loro Apparso, da poter essere solo vita vissuta, quotidiana, sbiadita. Cioè vera. Storica. Anche i veggenti solitari sono credibili. La Maddalena, che del gruppo più di tutte poteva sperare di rivedere il morto, che tanto l'aveva aiutata, in realtà va al sepolcro completamente disincantata: deve infatti imbalsamare la salma. Quando trova il sepolcro vuoto, e quando va a chiamare Pietro e Giovanni, crede che il corpo sia stato trafugato. Quando rimane da sola vede tuttavia gli angeli. Ma anche allora crede che il corpo è stato trasportato via. E non riconosce Gesù...Non sembra lo stato psichico di un esaltata. D'altro canto, se si fosse esaltata, avrebbe potuto, sia pure inconsciamente, credere di poter convincere qualcuno? Lei, povera donna in un mondo maschilista, lei, già indemoniata - e quindi mezza matta - e soprattutto lei, prostituta ? Chi le avrebbe creduto ? Nessuno. E infatti gli apostoli la trattarono da svitata. I Due di Emmaus non "vedono" Gesù: non lo riconoscono infatti. Ma ci camminano insieme. Ci cenano. Ci parlano a lungo. E tutto questo mentre lasciano Gerusalemme, abbandonando il gruppo, anche se con qualche dubbio. Anche questa suggestione è un pò atipica. L'unico veggente solitario più "sospetto" era Pietro, i cui sensi di colpa potevano influire sulle percezioni. Ma sappiamo così poco di questa visione da non poterla giudicare. Inoltre l'autenticità delle altre suppone che sia vera anch'essa. Inoltre, amche Pietro era poco incline alla suggestione: credette che il corpo fosse stato trafugato e considerò svitata la Maddalena e forse anche le Donne. Anche dell'apparizione di Giacomo sappiamo poco, ma anche per lui possiamo dire lo stesso che abbiamo affermato per Pietro: vere le altre visioni, vera la sua; aveva visto Gesù con gli altri apostoli a Pasqua, in Giudea e in Galilea, poteva vederlo da solo. In quanto all'interpretazione mitica della Resurrezione, come ho già detto è da escludere sia per la datazione dei testi, sia per i riscontri archeologici. Peraltro non mancano coloro che, per pregiudizio ideologico, sono pronti a dare una lettura mitologica di parti della Scrittura, compresa la Resurrezione. Sono paradossalmente proprio certi teologi, più numerosi in ambiente protestante che in quello cattolico, che hanno forgiato la loro esegesi biblica sul presupposto di una datazione bassa dei testi, ormai smentita, e sotto il forte influsso della teologia demitizzatrice di Bultmann. In questo contesto temi ed elementi della tradizione evangelica sono considerati simbolici ed allegorici, scelte paraletterarie funzionali alla contestualizzazione biblica. Per questa teologia il Vangelo è mito non perchè falso, ma perchè linguaggio religioso con un proprio sistema di simboli che rivestono la realtà. Il vangelo come trattato teologico prima che storia. A questo proposito va detto che sicuramente i racconti evangelici - e tanto più quello sulla Resurrezione - sono punteggiati di riferimenti teologici, a cui io stesso ho fatto rimando via via. Anche le scelte stilistiche sono dominate da una ratio teologica. Ma la sostanza rimane storica. Facciamo alcuni esempi. La presenza degli angeli alla tomba per alcuni è una ripresa delle vecchie agiofanie veterotestamentarie, in cui Dio parla tramite i suoi spiriti. Eppure in quelle agiofanie Dio parla solo attraverso i suoi spiriti. Qui, alle stesse veggenti degli angeli, dopo fa comparire il Figlio - e toccherebbe a rigori solo a questi surrogare gli angeli in una ripresa letteraria del VT. Inoltre, se non videro gli angeli, chi videro le Donne e la Maddalena ? Chi diede alle prime l'annunzio della Resurrezione ? Varrebbero a questo punto le obiezioni fatte alla presunta esaltazione, se dicessimo che l'hanno capito da sole. Del resto, se per un teologo di oggi vedere un angelo è sicuramente un optional, per un ebreo devoto non lo era allora: autentiche o no, le visioni si buttavano, e non c'è bisogno di inventarsi topoi letterari per dare un fondamento al racconto evangelico. Il punto - l'ho detto e lo ripeto - non è se videro o no, ma se videro cose vere. Altro esempio: il terremoto e l'angelofania. Esegeticamente potrebbe pure essere un topos. Però, Dio nel VT non sta mai in un terremoto, se non quando scende sul Sinai a dare la Legge: un contesto un pò diverso, direi. D'altro canto, se non ci fu sisma, cosa aprì la tomba ? Cosa terrorizzò le guardie ? Almeno quelle erano reali. Rimossa la causa mitica, l'effetto storico documentato appare inspiegabile. E anche qui, relativizzando, possiamo ben dire che anche se delle guardie avessero visto degli angeli, non sarebbero certo impazzite. Erano pagane, e nel loro cielo c'era posto per un nuovo sincretismo, popolato anche di angeli, e all'occorrenza di morti che risuscitano, forse anche figli di un Dio, visto che di dei ne avevano tanti. Persino i sacerdoti potevano superare lo shock, considerandolo un inganno diabolico: tutti i gruppi sacerdotali attribuiscono, oggi come allora, a potenze oscure i prodigi che non possono ricondurre ai propri dei. Avviene anche oggi, e anche nel cristianesimo. L'unica cosa che non poteva accadere era che la visione fosse incontrovertibilmente certa, e il popolo, monoteista, si convertisse. Da qui la favola del furto del corpo, che però non spiega niente, come ho detto. Ancora, l'Ascensione di Gesù. Alcuni teologi sostengono che sia narrata in due modi diversi: alla fine di Mt e negli At, e interpretano simbolicamente gli elementi discordanti. Il monte in Mt è simbolo della dimora di Dio, come il Sinai, il Carmelo e l'iperuranico Monte di Dio dell'antico ebraismo preesilico. La nube degli At è segno della gloria di Dio, come nell'Esodo o sull'Arca dell'Alleanza. E via di questo passo. Forse bisognerebbe partire dal fatto che Mt non descrive nessuna ascensione, ma solo un mandato missionario. Se qualcuno è tanto bravo da spiegare perchè Mt debba parlare dell'Ascensione senza dire che Gesù ascese, o scomparve o qualcosa del genere, si faccia pure avanti nel mondo scientifico, perchè davvero è un enigma incomprensibile. Del resto Mt dà persino coordinate spaziali, anche se vaghe: un monte della Galilea - forse il Tabor. E perchè dovrebbe essere simbolico ? Ha un valore simbolico, ma non è un simbolo, almeno fino a prova contraria. Perchè Gesù non poteva andare su un monte ? Andarci sul serio ha un valore più simbolico che inventarlo su carta. E anche oggi fior di asceti o santi popolari vivono sui monti, con una scelta simbolica inconsapevole forse, ma reale ! Francesco d'Assisi fu stigmatizzato sulla Verna. Benedetto da Norcia costruì il suo monastero su Monte Cassino. Pio da Pietrelcina visse stigmatizzato sul Gargano. Eppure nessuno dubita della storicità di questi luoghi. Solo Cristo non poteva fare l'alpinista ? Dopo tutto, anche lui aveva una storia religiosa che lo precedeva e a cui voleva rifarsi, con gesti simbolici ma concreti. Lo stesso dicasi della nube degli At: se Gesù disparve, dovette farlo in una maniera. E perchè non con una nube vera, ossia con una figurazione sensibile che i discepoli, nel quadro della loro cultura, ben potevano riconoscere come segno della sua divinità ? I simboli hanno un valore per chi li vede e li decodifica, ossia a posteriori di un significato dato. Non precedono i significati. Esistono solo in un contesto culturale vissuto. Se Cristo fosse asceso in una fiamma, non c'era ragione di parlare di nube. Il simbolo è la chiave ermeneutica con cui il soprannaturale si rivela ad un uomo predisposto a comprenderlo, e non la consapevole manipolazione di un senso attraverso un significante posticcio, la cui scelta appare immotivata ai posteri. Perchè non la nube e non il Carro come Elia o Ezechiele ? Perchè non la colonna di fuoco ? Sono domande a cui un mitosimbolista non può rispondere. Ma uno storico sì: si parla di nube perchè nube fu. Del resto appare ridicolo, da parte di teologi "scientifici" accettare fatti inspiegabili come Resurrezioni o Ascensioni, e poi sottilizzare su nubi, monti, angeli e cose così. E qui veniamo al cuore della mitologizzazione del Vangelo: per questi critici il discrimen è proprio qui: la Resurrezione è un fatto reale ma non storico - ossia avviene in Dio ma non nel tempo - o almeno può non essere storico, senza che nulla cambi. A parte l'acuta e contorta sottigliezza, varrebbe la pena di sottolineare che a questo punto tutti i riscontri storici - letterari, archeologici, psicanalitici, ecc. - seppelliscono queste distinzioni bizantine: con tali abbondanti documenti, la Resurrezione o è storia o non è niente. L'idea che sia un fatto interno di Dio è una vera follia: suppone già la fede nel Risorto, e una fede senza appigli è fanatica e superstiziosa. Che sappiamo noi di quello che fa Dio ? Ci sono milioni di persone che nemmeno ci credono. E dovremmo affrontare l'enigma storico più grande in questo modo folle? E la tomba vuota ? C'era un corpo. Cosa è successo quando è passato dalla storia alla realtà di Dio ? Questo è il passaggio, storico anch'esso, che ci riguarda. A questo punto potremmo persino ritrovare il corpo di Gesù, in uno scavo fantaarcheologico come quello del film americano The Body, e continuare ad illuderci che sia risorto in Dio...Potremmo scoprire che gli apostoli e gli altri veggenti, che hanno avuto visioni nella loro vita e quindi nella storia, erano tutti psicopatici, e continuare lo stesso a credere, tanto Cristo è risorto in Dio...Meno male che la storia ha i suoi metodi, e se asserisce o nega lo fa con cose prosaiche e terrestri come il carbonio 14 o la stratigrafia o la filologia comparativa...Altrimenti nei libri di storia la Resurrezione di Cristo sarebbe insegnata come vera, ma assieme all'apoteosi di Giulio Cesare, di Ottaviano o di Claudio, avvenute anch'esse nei Cieli e per decreto del Senato romano... Da dove verrebbe poi il mito della Resurrezione, anche se ci fosse stato paradossalmente il tempo perchè si formasse ? Non certo dall'ebraismo: esso aveva prodigiose uscite dal mondo di persone vive, come Elia e Enoch; aveva sepolture introvabili, come quella di Mosè; aveva oggetti divini scomparsi, come l'Arca dell'Alleanza; ma non aveva resurrezioni che portavano il morto in uno stato ultraterreno. Aveva la resurrezione del figlio della vedova di Naim operata da Eliseo: il ragazzo era tornato a vita normale, come Lazzaro o la figlia di Giairio o della vedova di Naim. Ma nient'altro. Dunque bisogna cercare altrove. Ma anche le resurrezioni pagane non possono fungere da archetipo per il Cristianesimo: le rinascite degli dei pagani sono legate a cicli teogonici o a teomachie come quella di Osiride, ucciso dal fratello Seth e ricomposto da Iside, ma rimpiazzato sul trono celeste da Horus. Non hanno un valore soteriologico, salvifico. In questo caso infatti c'è una lotta per il potere tra due esseri divini, di cui l'uno rappresenta l'ordine e l'altro il caos. Osiride è poi ricomposto non per virtù propria, ma per azione della moglie e del dio Anubi, e il tema della sua dipartita eclissa quello della sua rinascita. Altre resurrezioni ancora sono cicliche, come quelle del mito di Castore e Polluce. Peraltro, vicende mitiche come quella di Osiride e Seth erano comuni alle mitologie mediorientali, ed erano già entrate nella cultura biblica, ma molto addomesticate: c'è infatti chi vede nella storia di Caino e Abele la degradazione umana della lotta tra i due fratelli divini. Ma le molteplici mitologie del politeismo non hanno miti che neanche lontanamente si avvicinino alla dottrina centrale del cristianesimo: un Dio che, degradandosi fino alla condizione umana, viene ucciso per espiare le colpe del mondo, ma poi risorge come uomo perfetto. Il tutto una volta sola. Nessuna soteriologia antica ha questo schema. Non vi è dunque una fonte mitologica da cui attingere per la Resurrezione di Cristo. Mito fuori tempo massimo per fissarsi per iscritto, lo sarebbe ancora di più nel formarsi anche oralmente, quando i tempi sono ancor più lunghi, e sarebbe poi l'unico conosciuto a non avere rapporti con elementi culturali precedenti. Un pò troppo per essere scientificamente plausibile. Tanto più che, con un Gesù totalmente o parzialmente inventato, sarebbe impossibile spiegare l'origine del cristianesimo: chi fonda la fede in nome della quale nascono tali miti ? Qual è il trait d'union tra il nulla rivestito di mito e i primi cristiani ? Qualche parola va sprecata sul rapporto tra Resurrezione e profezia ebraica. Abbiamo detto che il clima creato dalla atroce e meschina morte di Cristo distrugge i presupposti psicologici per ogni esaltazione mistica, e che il retroterra culturale non fornisce quelli per una nobilitazione postuma. Rimane il problema della profezia ebraica, che annuncia e prepara il messianismo. Non potrebbe avere essa influenzato i fedeli, facendo riconoscere in Gesù alcuni elementi del Messia, così da giustificare una fiducia postulata nella resurrezione ? Il Messia ebraico è, specialmente nel I secolo, un Messia guerriero e politico, un nuovo Mosè, un Davide redivivo, un Giuda Maccabeo riveduto e corretto. Le profezie di gloria dell'AT si attagliano perfettamente a quest'idea, e infatti il cristianesimo ha dovuto darne una lettura spirituale ed allegorica, interpretando i trionfi terreni come immagine di quelli celesti e interiori. L'unico messia riconosciuto mai dalla Sinagoga fu, come ho detto, il bellicoso Bar Kokheba, poi tragicamente disconosciuto. Gli altri pretendenti erano altrettanto violenti. In quest'ottica la figura di Gesù è un unicum, e la sua predicazione è un apax legomenon, che fa rivivere certo lo spirito profetico, ma che all'epoca non sembrava assolutamente adatto ad un messia. Non a caso attorno a Gesù non ci fu mai unanimismo, e gli stessi discepoli erano divisi. Cristo aveva la credenziale maggiore per essere messia re, perchè discendente di David, ma il dato non fu sempre noto ai suoi contemporanei, nè valutato positivamente (per molti Giuseppe era solo il povero fabbro di Nazareth; altri faticavano a legare l'appartenenza alla casa di Davide con la Galilea; altri ancora, dimentichi dell'identità paterna, lo trattavano da figlio unico di madre vedova, e lo identificavano dal nome materno, sminuendolo); inoltre per farsi riconoscere come inviato di Dio non fu di ostacolo a Bar Kokheba l'appartenere a famiglia diversa da quella dell'antico re. D'altro canto il casato di David era scomparso come tale da tempo, e il senso messianico dell'appartenenza alla dinastia si era attutito da quando i Giudei si erano retti a teocrazia sotto il sinedrio e a ieromonarchia sotto Maccabei e Asmonei. Un legittimismo davidico era ormai fuori tempo. Circolavano inoltre voci per cui il messia doveva venire da un luogo sconosciuto. Naturalmente Gesù mise in evidenza in relazione a sè stesso i temi che l'ortodossia ufficiale teneva in ombra, e si fece chiamare Figlio di David. Inoltre affermò di voler completare la Legge col suo insegnamento, riallaccinadosi al messianismo mosaico, che prometteva nel Pentateuco l'avvento di un profeta pari al legislatore del Sinai. Insomma, ben diversamente da quanto credono coloro che ne fanno un mero predicatore morale forse un pò ingenuo, il Gesù storico perseguì un progetto di autopresentazione messianica che puntava su temi considerati di secondo piano o abbandonati almeno in parte dal messianismo nazionalista, e che invece metteva provocatoriamente in ombra quelli accettati come fondamentali, reinterpretandoli del tutto. Segno che aveva un'idea "politica" ben precisa, ma anche che essa era di gran lunga osteggiata, altrimenti non avrebbe dovuto insistervi tanto. Ma il cuore del messianismo di Gesù di Nazareth è la pretesa di essere Dio. Separare il suo magistero morale da questa pretesa è storicamente impossibile: la stessa vetta del suo insegnamento, il corpus del Discorso della Montagna, da lui più volte ripetuto nella sua predicazione errante, si basa sulla contrapposizione tra l'autorità provvisoria di Mosè e la sua, definitiva e divina. Ai suoi apostoli Gesù chiede una esplicita professione di fede nella sua divinità, e solo Pietro la fa. Perde molti seguaci facendosi Dio. Ai Giudei non riserva provocazioni, non solo chiamando Dio suo padre, ma autonominandosi Io-Sono, ossia assumendo la denominazione di Dio stesso. Come se non bastasse, si proclama Dio e Figlio di Dio e Messia dinanzi a Caifa e al sinedrio. Dove lo porta tutto questo ? Alla morte. Segno che nessun messia poteva, almeno all'epoca, deificarsi impunemente. E anche i suoi discepoli lo abbandonano: segno che in fondo tanto convinti che fosse Dio non lo erano...In realtà il messianismo del VT accredita in parte la fisionomia del Redentore come Dio. E i passi del VT che Gesù applica a sè stesso o che gli applicarono poi i discepoli sono esatti, ma suscettibili di altre letture. Solo i fatti potevano consacrarne l'interpretazione univoca, e fatti eccezionali come una Resurrezione, che smentiva il magistero infallibile del Sinedrio. L'idea del Messia come Figlio dell'Uomo che, seduto alla destra della Potenza, verrà sulle nubi del Cielo, che è l'idea che porta Gesù a morte, fa proprio una cosa del genere, combinando Daniele 7, 25 e Sal 110, 1. Per l'ebraismo dell'epoca di Cristo, Il Figlio dell'Uomo di Daniele è assunto presso Dio, ma non è Dio: supera l'humana condicio, ma per azione esterna di Dio, non per natura. Il suo potere è eterno, quindi lui è immortale, ma per grazia di Dio. E può essere sia il Messia, sia il Popolo intero. In verità gli esegeti credono più che sia il Messia singolo, ma questo attesta che il passo ammette un ventaglio d'interpretazioni, di cui Gesù dà la più estremista, e il Sinedrio la più moderata. Per il primo il misterioso personaggio è simile a un Bar Masha', a un Figlio dell'Uomo, ma è più di esso. Per i secondi è simile e quindi è un Bar Masha'. Per il primo il Bar Masha' andrà realmente presso Dio, e riceverà realmente il potere celeste, per il secondo ci va in modo figurato e ha un potere terreno. Per il primo il Bar Masha' è personalmente immortale. Per il secondo più la sua opera. Ma per rincarare la dose, Gesù cita il sal 110 , 1 in modo discorsivo: Dio dice al Re Messia di sedere alla sua destra fino alla vittoria definitiva. Del Salmo, messianico, ancora erano possibili varie interpretazioni, ma Gesù, dicendo di essere Dio e Messia, rivendica per sè il privilegio di sedere fisicamente presso Dio. Credo che non ci siano dubbi sulla sua convinzione di essere Dio. Se fossimo stati nel Sinedrio, non avremmo forse anche noi trovato bizzarra la sua pretesa? Per accettare una reinterpretazione di quei passi, ci voleva un riorientamento gestaltico molto profondo, che il Sinedrio non poteva accettare da un suo prigioniero. I suoi discepoli l'accettarono solo dopo la sua morte e solo per la Resurrezione, quando cominciò a valer la pena di credere che un tizio, che si era proclamato immortale ma che era finito in croce, potesse essere ancora considerato vivo perchè visto e toccato. Prima non aveva senso. Anzi era impossibile proprio perchè Gesù si era applicato profezie tutte diverse dalla fine che aveva fatto. E solo allora anche gli apostoli presero i salmi regali e frasi simboliche come quella "Tu sei mio figlio oggi ti ho generato" dette da Dio al Re, e le interpretarono letteralmente. Non l'avrebbero fatto se Gesù non fosse mai risorto. Perchè nulla nella loro fede giudaica del I sec. faceva del Messia il Figlio naturale di Dio. Questa dottrina, mirabilmente espressa nel prologo di Giovanni, introduce in Dio una comunità personale, che è l'embrione del dogma niceno-costantinopolitano della Trinità, per la quale Dio è Padre, Figlio e anche Spirito, che nel VT non sta da nessuna parte ma che è l'unica spiegazione teologica di un messianismo divino che si concilii con la figliolanza divina. Un salto dogmatico che la Sinagoga non poteva fare. Ma il Cristianesimo, con un uomo risorto, sì. Con uno morto, certo no. E infatti, i primi cristiani, nei loro volumina e nei loro codices, quando scrivono Padre, Figlio e Spirito, lo fanno come quando gli Ebrei scrivevano Io-Sono, ossia il nome di Dio: solo le consonanti. Perchè sono Nomina Sacra, i nomi di Dio. Ma nel corso dei secoli l'irriducibile monoteismo ebraico, attestato dal VT, creò non pochi ostacoli alla trinitarizzazione della sostanza divina, con Ario e Macedonio. Segno che il passaggio dal Dio solitario del Sinai a quello comunitario di Gesù era davvero difficile, per la fede e la ragione. Infine, il messianismo di Gesù è un messianismo di dolore. Non ci voleva poi molto a capire che con le sue pretese divine sarebbe finito sulla Croce. Lui stesso l'aveva predetto. Ma non l'aveva temuto. E aveva annunziato la Resurrezione, con un termine incomprensibile per i suoi fedeli. Essi avevano una embrionale fede nella sua immortalità e divinità. Ma non capivano nè il risorgere nè il bisogno del soffrire, al di là del loro pur sentito attaccamento umano nei suoi confronti. Pietro rimproverò Gesù che parlava di morte, e ne fu rimproverato a sua volta. Giacomo e Giovanni chiedevano un posto a destra e a sinistra nel regno messianico, e il maestro li invitò a considerare il martirio imminente suo e loro. Tommaso rassegnato disse ai condiscepoli di accompagnarlo a Gerusalemme, dove voleva salire nonostante il mandato di cattura dei farisei: lì sarebbero morti tutti insieme, anche se si vede che non era proprio il massimo delle aspirazioni dell'apostolo... Eppure Gesù faceva della sofferenza il cuore della sua missione. Ed era un insegnamento per i suoi intimi. E questo era un tema nuovo del messianismo. Gli ebrei non avevano un messia sofferente. I famosi Canti del Servo del Signore, nel Deutero-Isaia, e il loro clone, il Sal 22, che si realizzano alla lettera nella passione di Gesù, persino in dettagli come la sepoltura con i ricchi o nella morte per disidratazione, e che suppongono alla fine- senza nominarla - una resurrezione del morto, non erano per il messia, ma per un servitore modello di Dio, forse per tutto il popolo, addirittura per il profeta o il salmista. Eppure Gesù applica a se stesso tutto quanto, arrivando persino a citare il v. 1 del sal 22 sulla croce: Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato. I discepoli ravvisarono per forza le somiglianza tra la passione del maestro e quei testi più antichi di secoli e secoli. Ma dovettero attendersi la prova del nove: ossia che il Messia realmente sofferente, ritornasse realmente in vita. Solo così la pretesa di essere Dio sarebbe divenuta accettabile. Non dunque un processo di suggestione dalla profezia alla vita, ma una rilettura della profezia scaturita dai fatti vissuti ! Il contrario della mitizzazione. L'idea che Gesù dava di sè come messia era talmente articolata che, se smentita in parte, crollava tutta. Ma se confermata nella sua istanza fondamentale, era inattaccabile. Gli apostoli erano dunque in attesa e non in suggestione. Ma un'attesa sofferta e difficile, perchè non tutti i giorni incontri un tipo povero e debole che ti dice di essere Dio, che morirà e risorgerà...Del resto non poteva essere diversamente: il mito o la leggenda modificano post-eventu, ma la profezia no: essa si dimostra nei fatti o se no cade miseramente. La sorte di tanti millenarismi settari dei nostri giorni, per cui anche migliaia di persone attendono l'armagheddon col naso in su in questa o quella data, per poi rimanere delusi irrimediabilmente, lo dimostra. E lo dimostra anche la sorte dei messianismi laici: la mentalità di un nazista o di uno stalinista rimane quella, ma il crollo del Reich o dell'URSS smentiscono le loro credenze razionali. E vengono sostituite da altre idee, magari sostenute con lo stesso fanatismo. Solo il Cristianesimo non è smentito dalle sue profezie, anzi le risintetizza tutte in un corpo compatto che supera il pluralismo esegetico dell'antico Ebraismo. E' un successo ermeneutico di rara potenza teologica. Di tutte le correnti della Sinagoga del I sec., solo il Cristianesimo ha salvato tutti i testi messianici e paramessianici del VT, unendoli in una sola visione. Che cosa rimane da credere, dopo tutto ciò, a chi ancora nega che la storia possa ammettere l'incontrovertibilità di un fatto soprannaturale? Forse che Gesù sia stato deposto dalla croce vivo, nonostante le ore trascorse inerte, senza poter respirare - la respirazione dei crocifissi esigeva il puntare le gambe per liberare la cassa toracica dalla tensione delle braccia stirate dall'inchidamento, operazione che uno svenuto non può fare, per cui muore in qualche minuto - e nonostante la lanciata al cuore. Che sia rimasto tale tre giorni in un sepolcro, senza mangiare o bere. Che sia sopravvissuto al tetano dei chodi, all'infezione dei flagelli, delle spine, del selciato morso nelle cadute e del legno ruvido della croce sulle ferite, e ai litri di sangue perduti, se non anche ad un inizio d'infarto, i cui straordinari sintomi si vedono già dal sudore di sangue nel Gethsemani. Che sia evaso sotto il naso di soldati romani, aiutato da donnette. O magari senza l'aiuto di nessuno, togliendosi un masso di qualche quintale dalla porta con le mani e i piedi lacerati. E che si sia spacciato per risorto ai suoi fedeli. Trascinandosi qua e là in Gerusalemme, Giudea e Galilea. Per poi andare a morire da solo chissà dove, pago di un ultimo imbroglio senza senso, di cui nessuno ha allora avuto sentore, nemmeno quei nemici che in vita gli avevano rivolto gli insulti più volgari. E c'è gente che crede in simili assurdità, peraltro senza riscontro. O magari, per essere alla moda, si può credere che sia addirittura fuggito a Roma o in Francia, guarito da ferite che avrebbero ammazzato un toro, e addirittura felicemente sposato e con figli, mentre i quattro fessacchiotti dei suoi discepoli si facevano arrestare, torturare e uccidere per lui, mai risorto e nemmeno mai morto, e nonostante ciò ancora creduto...Il tutto dimostrato da misteriosi testi criptati che però nessuno ha mai visto o decodificato. C'è anche gente che legge cripticamente i Vangeli e gli Atti, fissando arbitrariamente chiavi di lettura che non solo non hanno riscontro, ma che cozzano con i dati archeologici e storici in genere. E c'è chi incassa un sacco di soldi riesumando leggende apocrife che fanno di Cristo e della Maddalena, ebrei dell'Impero romano del I sec., i capostipiti dei Merovingi, re barbari pagani del V secolo, nati e vissuti fuori dell'Impero..Se non sono questi dei delirii...Magari ancora più originalmente facciamo di Cristo un alieno, e con lui anche di Quetzalcoàtl, dio azteco, o di Enlil, divinità sumera. Lo facciamo risorgere con un Ufo, e lo portiamo su Vega, magari a combattere contro Goldrake. Poco importa che non sappiamo se esistono, e che, anche se esistono, Gesù tutto sembrava tranne che un omino verde. E che anche un omino verde sarebbe morto con quei trattamenti. E che non si capisce perchè gli alieni volessero fondare una religione e non una colonia o una base spaziale. E che se la volevano fondare potevano risparmiarsi tutta 'sta messinscena, su cui ci arrovelliamo da due millenni ! Altro che intelligenze superiori. E c'è gente che crede a queste follie, ma non alla Resurrezione. Esse dimostrano che alcuni, dinanzi alla crisi del paradigma scientifico laicista dell'impossibilità o indimostrabilità della resurrezione, non perdono la fede in essa, ma la puntellano grottescamente con ipotesi fantastiche, che prima di convincere gli altri devono convincere loro stessi. Del resto, anche Kuhn, nella sua epistemologia, aveva ben messo in evidenza il ruolo della fede prerazionale nella conoscenza scientifica e nei suoi modelli, che sopravvive anche alla sua confutazione, fino alla definitiva affermazione di un nuovo modello interpretativo. In quanto agli ufo, sono la grottesca caricatura della fede, che sostituisce al misticismo classico e trascendente quello postmoderno e immanente: atto di fede in attesa di dimostrazione per sostituire un'altra fede vecchia, che in più i riscontri già li ha. Certo, se accettiamo i risultati di questa indagine, dobbiamo accettare una concezione nuova della storia. Anzitutto dobbiamo ammettere che l'ambito dell'indagine storica non si delimita da sè, per cui lo studioso non può dire che una tal cosa è possibile e l'altra no; egli deve invece semplicemente constatare la fondatezza di un fatto per ritenerlo autentico o almeno possibile. E' un sano principio di eteroreferenzialità. Poi dobbiamo ammettere che lo storico non deve temere le conseguenze delle sue scoperte, facendosi giudice degli eventi: ciò che accade nella storia per effetto dello studio storico è una corrente storica tra le altre, e se un fatto dimostra la verità di una religione - o la sua falsità - l'esistenza di Dio - o la sua inesistenza - non è compito dello studioso censurarla. Molti infatti non credono in Cristo risorto non perchè convinti della fine ordinaria della sua vita, su cui sanno poco o nulla, ma perchè temono di doversi convertire, non tanto ad una fede, ma a uno stile di vita. Altri non mettono mai in discussione le loro convinzioni fideistiche, per timore di scoprire di aver torto. Ma tra costoro la differenza la fanno le prove pro o contro. La storia non si fa in anticipo. E' un principio di eteronomia storica. Bisogna almeno in linea di principio accettare che alla storia umana sia connessa una metafisica, le cui ipotetiche manifestazioni nel tempo sono storiche anch'esse e quindi accertabili. Tale metafisica potrebbe benissimo influenzare gli eventi, e essere condizionata da essi nel modo di mostrarsi. Ciò peraltro implica la rivalutazione di una storia fatta non solo con la ragione, ma anche con il mito, la sensibilità, la fenomenologia spirituale della cultura. E non per questo è meno logica o rigorosa. L'uomo non ha infatti solo il linguaggio logico-matematico, ma anche altre logiche, altrettanto salde e potenti, ancor più profonde ed esaurienti, perchè i fatti storici sono anzitutto un vissuto di singoli e collettività, degli erlebnis fondativi e fondanti, che non possiamo esaminare in modo asettico, ma che sono anzi obiettivamente analizzati solo se riconosciuti come determinanti per la nostra vita. E' la polimorfia del metodo storico, e la sua esistenzialità fondativa. Bisogna accettare un'ermeneutica che vada all'infinito, lungi dai monismi teorici e pratici, dai materialismi più o meno dialettici, dagli idealismi più o meno vicini alla fine della storia, dai laicismi pragmatici che vorrebbero togliere le religioni dal vissuto storico, come tolgono le kefiah dalle teste e i crocifissi dalle pareti, per rimpiazzarle con un vuoto malinconico e senza speranza. E' la trascendenza della storia stessa. In una parola, la storia non è tanto Istorie, la parola greca che la qualifica come visione intellettuale unitaria e fissa, spesso preconcetta, e che non a caso i greci, che hanno fondato la disciplina, usavano poco; ma è soprattutto res gestae, cose compiute, è un insieme di tà ghenòmena ex antròpu, di cose fatte dall'uomo e rimaste. E cosa ha fatto l'uomo Gesù, prima e dopo di morire, è il fatto che più rimane nei secoli. Il fatto che si facesse Dio conta in subordine: è la sua umanità che lo afferma o lo nega, con ciò che rimane di lei. E oggi, dopo 2000 anni, il grosso dell'umanità ancora accetta almeno implicitamente la sua pretesa di divizzarsi: effetto che sarebbe senza senso, se privo di una causa, di una dimostrazione efficace, che persuase i primi fedeli, l'eco della cui fede sopravvive vigoroso fino ad oggi ed è divenuto, a dispetto di tanti, forza motrice centrale della storia. Theorèin - Novembre 2004 |