LA TEOLOGIA CRISTIANA. APPUNTI PER UN CORSO SISTEMATICO

A cura di: Vito Sibilio
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CHRISTIANA DEVOTIO
Brevissima introduzione alle devozioni

Venite a Me voi tutti
che siete affaticati ed oppressi,
e Io vi darò riposo

(Nostro Signore Gesù Cristo)

Con l'esposizione della teologia della preghiera e con le parafrasi del Pater e dell'Ave, il progetto catechetico da me concepito sulla falsariga del Catechismo della Chiesa Cattolica è virtualmente terminato. Tuttavia nell'ambito dell'eucologia si colloca proficuamente la trattazione delle devozioni. Esse, ciascuno dal proprio angolo visuale, restituiscono la pienezza del mistero cristiano, partendo sempre da una scelta personale preferenziale di orazione. Ogni devozione ha una fondazione dogmatica, una pietà personale che si sostanzia di culto liturgico, uno sforzo etico che tende all'ascesi attraverso una precisa spiritualità. In ragione di ciò, ogni devozione – parliamo di quelle ufficiali della Chiesa, quelle più solenni – è a mio avvison parte integrante di una trattazione sistematica dei contenuti della Fede.

Ma quali sono queste devozioni? E' possibile individuarle ricalcandole sul processo della nostra santificazione. Tale processo, iniziato nell'economia salvifica, ha degli attori principali, con cui l'uomo deve collaborare. Il primo di essi è Dio stesso, le Cui Tre Persone Divine sono infatti sempre implicate nella nostra santificazione.

Al Padre tutti tendiamo attraverso quanto operano in noi le altre Due Persone Divine. Egli abita in noi tramite la Grazia. Ci ha creati tramite il Figlio nello Spirito. Ci ha redenti dando per noi Suo Figlio. Ci ha riempito del Suo Spirito inviato tramite l'Umanità gloriosa di Gesù. Ci ha adottati in Lui incorporandoci al Corpo Mistico del Redentore. Ci ha predestinati a questo, allo scopo di condurci all'eternità. La devozione cristiana tende quindi naturalmente verso la Prima Persona Divina.

Gesù Cristo, in quanto Uomo Dio, è causa meritoria, esemplare, fontale della vita di Grazia e quindi della vita di preghiera e di devozione. Egli ha infatti meritato per noi la Grazia e in virtù di ciò ce la comunica nei modi descritti; Egli è il modello, l'esempio perfetto ed eterno a cui non solo noi dobbiamo tendere, ma a cui il Padre stesso, nello Spirito, ci spinge ad uniformarci, e il Cristo stesso vuole conformarci a Se', perché la nostra incorporazione al Suo Mistico Corpo non sia solo un fatto parziale. Egli è la fonte della Grazia, proprio perché Capo di questo Corpo, da cui essa scorre, come linfa e sangue spirituali. E' perciò indispensabile essere devoti, nel senso di “donarsi a”, del Verbo Incarnato. Molteplici sono le forme devozionali verso di Lui. Ognuna ne esprime il mistero da una particolare prospettiva: il Sacro Cuore, il Santissimo Nome, il Preziosissimo Sangue, le Sante Piaghe, la Santa Infanzia, Cristo Re dell'Universo, il Santissimo Sacramento. Anche prescindendo dalle forme specifiche di ognuna di esse, la devozione al Verbo Incarnato è l'essenza stessa del Cristianesimo, ciò per cui noi siamo detti, già nella Scrittura, Cristiani, ossia "di Cristo". Proprio tramite tale devozione noi giungiamo al Padre, perchè appunto Cristo è la Via che ci conduce a Lui.

Lo Spirito Santo è la Persona Divina Che direttamente opera in noi. Egli abita in noi, perciò abbiamo nei Suoi confronti i giusti doveri di rispetto, di ascolto, di custodia della Sua presenza. Egli infatti abita in noi come in un Tempio. Egli, Grazia Increata, ci comunica la Grazia santificante; per essa, abito della nostra anima, riceviamo le Grazie attuali che ci muovono, ci sostengono e ci confermano nel bene; esse sono una esplicazione delle Grazie sacramentali che riceviamo attraverso i Sette Segni. Ognuna di tali Grazie assecondate e portate a compimento è per noi titolo per averne di nuove, sino alla Grazia della perseveranza finale che ci introduce nel Cielo. Le Grazie, che sono un dono immeritato di Dio che scaturiscono dal Battesimo, che a sua volta ci muove per primo alla Fede che inaugura la dinamica salvifica in noi, implicano, se assecondate, il consolidamento del nostro abito al bene, le virtù. Assecondare lo Spirito Santo implica e suppone, ovviamente, la devozione a Lui. Se la devozione al Verbo Incarnato conduce al Padre, è anche vero che contiene in sè quella allo Spirito Santo, che quindi è bene che sia esplicitata.

La Santissima Vergine Maria, nei modi subordinati Suoi propri, è causa meritoria, esemplare e Mediatrice di Grazia universale. Elle infatti ha meritato come Corredentrice, dopo essere stata Lei stessa la prima Redenta, contribuendo alla salvezza del genere umano in modo complementare e non sufficiente all'opera del Figlio, Che volle questo proprio per innalzare al massimo fastigio la natura umana rinnovata. Ella è causa esemplare perché primo modello perfettamente uniforme all'archetipo costituito da Cristo stesso. Ella è Mediatrice Universale perché riceve dal Figlio le grazie e le distribuisce secondo il Divino Consiglio a Lei comunicato. Appare evidente quindi la fondazione mariologica dell'ascetica; se ne deduce che, dopo Cristo, Maria è Colei alla Quale è indispensabile votarsi per vivere di preghiera. Anche alla Vergine esistono diverse devozioni, che esprimono in modo differente il Suo unico mistero, in particolare quelle all'Immacolata, all'Addolorata, al Cuore Immacolato. Al di là di queste forme, la devozione mariana è, nella sua natura, coadiutrice di per sè di quella a Cristo e, nel piano divino, indispensabile per la Salvezza, sebbene di per sè sia insufficiente.

Gli Angeli e i Santi, ciascuno nel modo suo proprio, attribuito loro nella divisione delle funzioni tra le membra del Corpo Mistico nella Comunione dei Santi, partecipano della causalità meritoria ed esemplare, nonché della mediazione subordinata, propria della Vergine e, attraverso di Lei, a quelle primarie ed assolute del Cristo, Che a Sua volta riceve lo Spirito Santo dal Padre stesso. Tale partecipazione è gerarchica, e chi occupa una posizione più elevata trasmette la Grazia ricevuta a chi gli è subordinato. Ciò è assai evidente nella Gerarchia Angelica, ma sussiste anche nelle Schiere dei Santi. Perciò è necessario praticare il culto degli Angeli, dei Santi e dei Defunti, santi anch'essi anche se non ancora inseriti nella Gloria. Tali devozioni sono ausiliarie, necessarie nel loro complesso e obbligatorie nel culto liturgico. Ma è bene averne di proprie, sia nei confronti delle Schiere dei Santi e dei Cori angelici in genere, come anche delle Cornici del Purgatorio, sia per singoli Santi o Angeli. Un ruolo particolare è svolto da San Michele, da San Giuseppe, dai Santi protettori e dall'Angelo Custode di ognuno. Perciò è opportuno indirizzare ad essi le devozioni individuali, fermo restando che alcune di esse sono liberamente suscitate dallo Spirito Santo in noi.

Esporremo dunque le devozioni secondo questo ordine gerarchico: quelle per le Tre Persone Divine, in particolare quelle cristologiche; quella mariana nelle sue forme; quelle per gli Angeli e i Santi.

PATER DE COELIS
Elementi di devozione all'Eterno Padre

"Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me"

(Nostro Signore Gesù Cristo)

Esiste una devozione al Padre, che in un certo senso percorre come un fiume carsico tutta la pietà cristiana, sia liturgica che privata. In effetti essere devoti del Padre significa avvicinarsi a Lui mediante il Figlio nello Spirito Santo, per cui tutta la vita cristiana è un votarsi alla Prima Persona della Santissima Trinità. Non vi è preghiera che non sia rivolta a Lui nella Liturgia, scongiurato per Cristo Suo Figlio, nè vi è devozione cristologica, pneumatologica, mariologica e agiologica che non abbia il Padre come termine ultimo. Non si può vivere la vita cristiana senza avere innanzi a sè il monito di Gesù: Siate perfetti come lo è il Padre vostro Che è nei Cieli. Non vi è fondazione dogmatica che possa prescindere dall'Esse Ingeneratum, ossia appunto dall'Eterno Padre, Che apre il circuito delle Eterne Relazioni trinitarie e da Cui procede il decreto senza tempo della Creazione e della Redenzione. A Lui sarà offerto il Regno dal Figlio Suo alla Fine dei Tempi. Perciò non si può non avere una genuina, profonda, fidente devozione al Padre, essendo codesta la finalità ultima della stessa Fede Cristiana. La commentiamo, dal punto di vista eucologico, attraverso quanto segue, considerandolo ovviamente come un angolo visuale che non esaurisce quanto di per sè è inesauribile: la contemplazione del Mistero da Cui tutto viene e a Cui tutto tende.

IL MISTERO DEL PADRE NELLE PREGHIERE A LUI DEDICATE

Nel suo Mistico Corpo, animato dallo Spirito Santo, Cristo parla ancora del Padre suo. Gli appellativi riservati dalla teologia al Padre sono di due tipi: quelli relativi a Lui e quelli relativi a ciò che Lui fa per l’uomo.

Attingendo al primo gruppo, possiamo anzitutto definirlo Creatore del mondo, perché, come abbiamo detto trattando della Trinità, Egli è Colui Che ha fatto il mondo, mediante il Suo Verbo e, in questo, attraverso il Suo Spirito. La Sapienza del Padre, esistente prima ancora di ogni creatura in seno alla Trinità, contiene, come Verbo, tutte le essenze, tra le quali Dio Padre, assieme a Dio Figlio, nell’unità dello Spirito, ha scelto quelle a cui ha voluto unire l’esistenza in un mondo ordinato e creato dal nulla. Infatti, sulle acque originarie aleggiava lo Spirito di Dio. Ed è ancora il Padre creatore che, nel Figlio e tramite lo Spirito, conserva nell’essere tutte le cose, e di esse si prende cura, secondo un piano razionale e misterioso, che fa sì che ognuna di esse raggiunga il suo scopo naturale per sfociare poi nel disegno di compimento ultraterreno per cui sono state fatte. Chiamiamo dunque il Padre Provvidenza ineffabile, della quale cioè nulla può dirsi in modo esaustivo, e che mai può essere sufficientemente lodata, compresa, amata. Il progetto provvidenziale nasce infatti – in senso gerarchico, non cronologico – sempre nella mente del Padre, per poi essere condiviso dalle Altre Persone, nell’unica Onniscienza, Onnipotenza e Bontà divine.

La realizzazione del disegno soprannaturale che è lo sbocco della Provvidenza verso il mondo naturale è la Redenzione, che restaura l’ordine primigenio voluto dalla Trinità mediante l’innalzamento del creato alla sfera della grazia e perturbato dal peccato. Questa volontà salvifica trova nel Padre la sua prima manifestazione. E’ Lui che ha proposto alle Altre Due Persone, e con Loro stabilito, che l’uomo fosse creato e costituito, senza alcun suo merito, in grazia, e che tale grazie ridondasse a vantaggio di tutta la creazione. Sempre Lui ha caldeggiato e voluto per primo, nell’unica Volontà di Dio, la Redenzione mediante l’Incarnazione di Uno della Trinità, perché gli uomini fossero riscattati da un Sangue divino, restaurati nella grazia, giustificati, santificati ed eletti, fino al perpetuo coronamento in Cielo. In questo piano il Padre ha contemplato la restaurazione escatologica della natura creata in un nuovo ordine non più sottoposto alla caducità, per cui il progetto primigenio, frutto di libero dono e rovinato da Satana e Adamo, fosse ricapitolato e realizzato per misericordia e perdono. Il Padre è dunque Colui Che in seno alla Trinità ha propiziato il mondo, sia in senso causativo che operativo: è il Propiziatore del mondo, ossia l’ispiratore del Redentore (il Figlio) e del Santificatore (lo Spirito). In ragione di ciò, Egli è all’origine di ogni cosa: delle relazioni divine nella dialettica eterna della Trinità; delle cose nella creazione; degli eletti nella santificazione; lo chiamiamo dunque Sorgente di ogni cosa.

La Sua funzione fontale permette di affermare anche il vincolo profondo con le Altre Due Persone Divine: il Figlio, in quanto Sapienza generata dal Padre, è la Sua Sapienza, quindi il Padre stesso, non secondo la sussistenza, ma secondo la sostanza, è appunto Sapienza Eterna, contemplata sia in seno alla Trinità (endiàthetos) che fuori di essa in relazione al mondo (proforikòs); lo Spirito Santo, in quanto Amore procedente dal Padre direttamente verso il Figlio, e tramite Lui indirettamente, per ritornarGli nell’abbraccio trinitario, è l’Amore o la Bontà sua, sempre secondo la natura e non secondo l’ipostasi, per cui il Padre stesso è Bonta Infinita, perché infinitamente amante e amata nell’immensità di Dio. Tale Bontà trabocca fuori dalla Divinità, proprio amando gratuitamente tutte le cose create senza alcun bisogno. Questo traboccare produce la Creazione e la Propiziazione come prodromo della Redenzione, ragion per cui il Padre per primo è, secondo la natura, al pari delle Altre Due Ipostasi, Infinita Misericordia. E’ infatti infinita la misericordia che conferisce l’essere al nulla, che lo conserva in esso, che lo redime una volta che, per causa deficiente – ossia per mancanza di perfezione – sprofonda nel peccato. Per tale misericordia a noi è dato di contemplare il Padre come Santissimo e Dolcissimo. Santissimo, perché fonte della triplice santità di Dio, e perché sommamente perfetto nella Sua Natura, che esige da tutte le creature lo sforzo verso la santità, che Egli poi corona; dolcissimo, perché pieno di tenerezza ineffabile per Suo Figlio, tale da far procedere un’Ipostasi tutta d’Amore, lo Spirito; perché capace di conferire l’esistenza e la vita alle cose create; perché capace di fare gli esseri intelligenti a Sua immagine; perché ne decide l’elevazione all’ordine soprannaturale; perché li fa redimere dal Suo Figlio; perché li perdona e li sostiene continuamente; perché se ne prende cura; perché li riempie del Suo appagante amore in terra e in cielo.

In ordine a ciò che il Padre fa verso noi sue creature, possiamo contemplarlo come nostro difensore, perché abbatte e ricaccia il potere del male in ogni ordine e grado, prevenendone l’assalto, depotenziandolo, ridimensionandolo e sanandone gli effetti nefasti, esattamente come ogni padre fa con i suoi figli, con la differenza che Egli lo fa con chi ha scelto di fare diventare Suoi figli, non con una prole verso cui avesse obblighi. E così ognuno può invocare per sé, sempre e comunque, l’aiuto del Padre, che è la causa di ogni soccorso, grazia e beneficio per noi. In conseguenza di ciò, e per il possesso che liberamente ha dato di Sé a ognuno e a tutti, riconciliandoci tra noi e chiamandoci alla vita immortale, il Padre è qui e lassù la nostra gioia, così com’è la nostra gloria, ora invisibile e un giorno destinata a rifulgere innanzi a tutti gli Angeli, per il lume concessoci per pura misericordia, nel perpetuo coronamento degli Eletti. Egli è infatti il Padre della Gloria, perché da Lui deriva ogni gloria: il Figlio Suo, Che è il riflesso della Sua Luce; lo Spirito, che Li onora entrambi; la Chiesa, che è innestata in Cristo; i Beati, splendenti in eterno di una felicità luminosa che non si può neanche immaginare e che nessuno avrebbe mai potuto raggiungere.

Nella contemplazione della Sua Provvidenza, del Padre possiamo dire che è ricco per tutte le creature: esse infatti primigeniamente da Lui ricevono alimento, energia e vita, senza esclusione alcuna, dal più minuscolo al più grande, dai viventi agli inanimati, dagli spiriti agli enti materiali. Il Padre celeste non esaurisce mai la ricchezza della Sua liberalità. Quando osserviamo piante e animali che vivono secondo la ricchezza delle loro forme, quando contempliamo la molteplicità degli elementi, quando esploriamo la vastità dei cieli e la innumerevole abbondanza di corpi siderali, noi abbiamo solo un pallido riflesso della ricchezza del Padre donatore e largitore benevolo, Che non chiede nulla in contraccambio, perché nulla può esserGli dato che non sia già suo. E questo provvido donatore, che si è compiaciuto di ampliare misticamente il Corpo umano del Suo Figlio in quello mistico che è la Chiesa, ne diventa la magnificenza, la magnificenza della Chiesa: Egli è Colui Che la magnifica, perché la ingrandisce, nel tempo e nello spazio, nell’eterno e nel contingente; è Colui Che ne è magnificato, perché la Chiesa Lo loda nella liturgia, Lo conosce nella Rivelazione, Lo testimonia su tutta la terra, si onora di essere formata da Suoi figli adottivi, molti dei quali pienamente santificati. Grazie alla diffusione della verità, il Padre restaura la cognizione di Sé nelle menti degli uomini e li affranca dalla schiavitù della menzogna, in particolare quella più grande, che divinizza semplici creature, sovvertendo l’ordine naturale: è dunque il capovolgimento degli idoli, il fondatore della vera Fede, il liberatore delle coscienze, il Dio glorioso che tutti vogliono e devono, una volta conosciuto, adorare, e che è causa di salvezza per i Suoi fedeli; ma è anche Colui Che chiama alla conoscenza di Sé liberando le anime dalle nubi dell’errore che offuscano, col peccato, la piena consapevolezza della Sua Verità: perciò Lo chiamiamo luce di coloro che sono nelle tenebre. Egli è la speranza dei cristiani, perché causa prima della ragione della loro speranza, in quanto primo artefice del progetto della salvezza, e fine della loro vita, oltre la quale Lo contempleranno in Cielo; perché basamento del loro sostegno in terra e in cielo; perché vero fondamento delle promesse divine, per la Sua fedeltà, e dell’efficacia della grazia, con la Sua primigenia potenza.

In quanto Primo della Trinità degli Eguali, è il Primo nell’autorità: non ve ne alcuna in terra o in cielo che da Lui non provenga, e che in Lui non trovi la ragione della sua validità e positività. Egli è la saggezza dei capi, Che guida tramite il Suo Logos, e la magnificenza dei Re e di ogni soggetto di sovranità, individuale e collettivo, la cui autorità è un pallido riflesso della Sua. Essa si esplica sul cosmo sia tramite loro che direttamente, per cui Egli solo è la vera guida degli uomini, in qualità di Creatore provvidente e Padre, e la autentica consolazione dei popoli, da Lui voluti nella loro varietà e non abbandonati alla solitudine creaturale in un mondo ostile. La Sua munificenza per la società umana si mostra in particolar modo nel dono che Egli fa di sé alla vita di famiglia: in essa è imitata la Sua paternità e fecondità, l’una e l’altra presenti, in titolo diverso, nel maschio e nella femmina. La famiglia rispecchia, nella sua molteplicità di ruoli, la ricchezza interiore di Dio come Elohim, come Essere plurale. Dio Padre direttamente, e non solo tramite i genitori, educa e dirige i figli dell’uomo, per cui è realmente la guida dei giovani, dei quali ha cura, ottemperando alla Sua paternità adottiva. In modo particolare, con una tenerezza speciale, Egli si fa carico direttamente di coloro i quali non hanno avuto i genitori, di essi è Padre solo Lui, come rifugio degli orfani, o di coloro che hanno perduto il dono della vita sponsale, quale consolazione delle vedove e dei vedovi. Ma il dono della fecondità non è solo conferito agli sposi, ma anche, nell’ordine spirituale, al sacerdozio, che genera alla vita spirituale, dà onore e conduce al Padre ed è reso partecipe della Sua stessa paternità in Cristo: perciò il Padre è la gioia dei sacerdoti.

Dispensatore generoso, il Padre mostra la Sua paternità specialmente verso i bisognosi, che predilige a tal punto, da essersi inchinato verso di loro mandando tra essi il Suo Figlio, e avendoli elevati a Sé mediante Lui: Egli infatti non salì sulla Croce, ma come il Crocifisso ebbe sete dell’umana salute, ed estingue la sua sete nella nostra povertà. Se ne abbevera per trasformarla nella Sua ricchezza. Il Padre dunque è l’aiuto dei miseri, che su nulla possono contare se non su di Lui, e che in Lui, con la fede, trovano tutto; è la letizia e la consolazione dei poveri, che accettano di arricchirsi possedendo Dio solo, e che dalla Sua mano ricevono ogni cosa, per cui sono felici nell’umana povertà di mezzi, perché sanno che riceveranno più di ogni altro ricco; è l’amico dei piccoli, perché a loro ha rivelato i segreti del Regno, e la distruzione dei superbi, a partire da Satana, i cui piani confonde, la cui potenza ottunde e la cui falsa grandezza smaschera; è la libertà degli schiavi, perché ha fatto sciogliere gli uomini dalle catene del peccato, ha proclamato di aver fatto tutti loro uguali e ha debellato nel tempo la piaga del servaggio; è il rifugio di salvezza dei disperati, perché a chi manca qualsiasi appiglio umano mai mancherà quello di un Padre Che è anche Dio, al quale è piaciuto sottrarli dal baratro dell’eterna disperazione, l’Inferno; è la consolazione degli afflitti, di cui conosce ogni pena e a cui è vicino più d’ogni altro, perché è Immenso, e perché, per alleviarne il dolore, ha mandato loro accanto i Suoi angeli, i Suoi profeti e poi Suo Figlio, per poi farli inabitare dal Suo Spirito; è il rifugio degli anziani, che non hanno più nessuna attesa terrena, ma hanno un Padre Che li attende in Cielo, e quello dei moribondi, che in Lui si affidano, per passare l’ultimo, più doloroso e solitario guado; è la saggezza dei giusti, perché a loro, come a Salomone, Egli dona la Sua stessa Sapienza, che è la causa efficiente della loro stessa giustificazione, oltre che la forma della distruzione dell’ignoranza naturale e quella causata dal peccato e dalla morte; è la vita dei morti, che risorgono nell’anima e risorgeranno nel corpo solo per il Suo volere ; è la gloria dei Santi, che Lo vedono come Egli è. Solo dunque nella Sua bontà e per la Sua potenza di Padre noi troviamo il riposo nelle tribolazioni, sia essendone liberati sia perseverando in esse. Solo nella Sua dolcezza e tenerezza, largitrice del Cristo, abbiamo speranza nella desolazione. Solo nella Sua provvida sollecitudine noi troviamo la causa e il mezzo per raggiungere un porto di salvezza nei pericoli, del corpo e dell’anima. Solo in Lui, Padre Che trionfa su ogni male, noi abbiamo pace e protezione nel denudamento, fisico e spirituale, in cui tutti incorriamo in questa vita, sino alla spoliazione suprema della morte.

LA MISERICORDIA DIVINA COME VOLTO DEL PADRE

Nella sua stupenda enciclica su Dio Padre, il Beato Giovanni Paolo II (1978-2005) Lo definisce Dives in Misericordia, ricco in misericordia (1980). La ricchezza del Padre è la Sua misericordia, per la quale Egli è ricco per tutte le creature. Essa è in un certo modo la cifra jaspersiana che interpreta l’estremo orizzonte del divino, appunto il mistero del Padre. Esso è, in seno al mistero di Dio, realmente la situazione limite, bisognosa di essere interpretata. E il Padre stesso offre la chiave per decodificare il Suo mistero fontale. Egli rivela Se stesso attraverso il Figlio, Che dice: “Chi vede Me, vede il Padre” (Gv 14,9). Ma rivelando il Padre, il Figlio rivela anche la Misericordia: essa è la causa dell’Incarnazione ed è l’essenza del messaggio messianico; l’una e l’altra sono dal Padre, Che manda il Suo Figlio nella carne, la Sua Parola vivente, per salvare il mondo. Il messaggio del Cristo infatti non è Suo, ma del Padre che l’ha mandato, e porta a compimento ciò che già nell’AT i profeti avevano detto di quella speciale potenza dell’amore divino, per cui esso prevale anche sul peccato. Ma Colui Che prevale è proprio il Padre. E Gesù lo mostra nella monumentale parabola del Figliol Prodigo – ampiamente commentata dal venerato Pontefice – tramite cui mostra come il Padre, nell’amore misericordioso, non solo dona ai miseri il cuore, ma restituisce loro la stessa dignità umana. Il trionfo della Misericordia, il mistero della Pasqua, attraverso la Croce e la Resurrezione, è proprio il cuore del disegno del Padre, la dimostrazione della straordinaria potenza del Suo amore che debella morte e peccato, il compimento del processo di riabilitazione dell’uomo mediante l’associazione alla Redenzione della funzione materna di una creatura umana, Maria, Madre della Misericordia. Da questo compimento la misericordia si stende di generazione in generazione, proprio secondo la profezia della Beata Vergine nel Magnificat. Ed è questa misericordia paterna che è causa di speranza per l’uomo in mezzo alle mostruose vicissitudini della vita e della storia. Essa infatti non potrebbe sussistere solo con la giustizia di Dio, ma il Padre proprio per questo ha offerto al mondo un’economia salvifica basata sull’amore misericordioso. Di tale economia è ministra la Chiesa, la cui missione si iscrive tutta nella misericordia del Padre, professandola, predicandola e praticandola, ma soprattutto appellandosi ad essa, per sé e per il mondo.

La misericordia di Dio, che la Bibbia indica con hesed (sostantivo maschile che indica l’amore responsabile di Dio, che è fedele a Se stesso), con rahamīm (sostantivo femminile che indica l’amore materno), con hān (clemenza, benevolenza, grazia), con ‘emet (fedeltà), con hūs (pietà e compassione) e dai verbi hānan e hāmal (aver compassione, risparmiare) – come dottamente spiegato da Papa Wojtyła – non può non trionfare. E l’azione del Padre verso il mondo è un rosario di trionfi – non a caso il rosario in Suo onore li contempla tutti – perché la Sua misericordia non può essere sconfitta: trionfa sul peccato originale, promettendo il Redentore; trionfa nella natura umana con il Fiat della Vergine all’Incarnazione nell’Annunciazione; trionfa ancora in essa dando al Figlio, come Uomo, tutta la Sua potenza, nel Getshemani, per superare la passione interiore e affrontare quella fisica compiendo il Suo volere; trionfa nella vita di ognuno nel Giudizio particolare dopo la morte, salvando l’anima o respingendola dopo averle offerto tutte le possibilità di salvezza; trionfa alla fine dei tempi col Giudizio Universale, quando la materia è pienamente redenta e spiritualizzata con la Resurrezione dei Corpi e il perpetuo coronamento degli Eletti e il giusto respingimento dei reprobi.

COR JESU SACRATISSIMUM
Elementi di devozione al Sacro Cuore di Gesù.

"Ecco il Cuore Che ha tanto amato gli uomini,
da non risparmiarsi in nulla per mostrare loro il Suo amore..
e in risposta dalla maggior parte di essi non ricevo
che ingratitudini...freddezza, disprezzo...
Ho una sete ardente di essere amato dagli uomini
nel Santissimo Sacramento e questa sete Mi consuma,
nè trovo alcuno che cerchi, secondo il Mio desiderio,
per dissetarMi, di renderMi amore per amore..
Almeno tu fammi questo piacere di supplire
alle loro ingratitudini per quanto potrai esserne capace.
Ed è per questo che Io ti chiedo che il Primo Venerdì
dopo l'Ottava del SS.Sacramento sia dedicato
ad una festa particolare per onorare il Mio Cuore..
facendo una riparazione d'onore"

(Nostro Signore Gesù Cristo a Santa Margherita Maria Alacoque)

NATURA DELLA DEVOZIONE

La devozione al Sacro Cuore di Nostro Signore Gesù Cristo è la più completa delle devozioni cristologiche. Essa ha come oggetto l'Amore Personale di Gesù per noi, simboleggiata appunto nel Cuore. Nulla può più elevare l'anima di una relazione personale, intima, amichevole, fraterna, filiale, di sussistenza con la stessa Persona di Cristo Che ci ama con tutto Se' stesso. Nulla può più consolarla, infiammarla, allietarla, elevarla, santificarla, realizzarla di questa meravigliosa e inconcepibile intimità che ci viene offerta.

Nella Bibbia ebraica, il cuore è indicato coi termini leb e lebab. Esso è la sede dell'anima, della coscienza, del pensiero, della memoria, dei desideri; è la parte del corpo biologico che non ha mai posa. Da esso scaturisce la vita. Il suo mistero è insondabile e noto solo a Dio. In esso avviene l'incontro tra l'uomo e il Signore, perchè lì avvengono le scelte decisive, lì è possibile convertirsi od ostinarsi nel male, da lì scaturisce il vero culto e l'amore verso di Lui – per cui si esigono appunto la totalità del cuore, della mente e delle forze. Nel cuore fede e amore si congiungono e da esso unitamente scaturiscono come atto umano, in quanto l'una e l'altro si implicano. In sintesi, il leb ebraico è la personalità tutta intera, la soggettività personale stessa, che si esplica in tutte le forme della vita interiore individuale. Il Cuore di Cristo è dunque tutto ciò, in quanto il retroterra culturale ebraico non solo permane tutto nel Nuovo Testamento, ma è la cornice nella quale deve essere collocata, per essere compresa, la devozione in questione.

In essa l'oggetto formale (ossia l'Amore Personale) è dunque distinto da quello materiale (ossia il Cuore di carne in quanto tale), come già rilevato da Pio VI (1775-1799) contro le obiezioni mosse alla sua pratica. Nè potrebbe essere diversamente, non potendosi adorare una parte fisiologica del Corpo di Cristo disgiungendola dalla Sua totalità umana e separandola dalla Sua Persona, nè considerarla come soggetto agente a se' stante, perchè cio' compete solo alla Sussistenza Ipostatica diofisita del Verbo. Perciò, chi adora il Cuore di Cristo, in Se' adorabile per la comunicazione degli idiomi in seno all'Unione Ipostatica, adora il Cuore e cio' che Esso rappresenta, significa e simboleggia: la Persona di Cristo Che ci ama e chiede amore.

Egli mostra l'amore del Padre, Che ha tanto amato il mondo da dare per esso il Suo Figlio Unigenito; mostra altresì l'amore Suo proprio, che per salvare il mondo incapace di redenzione e votato alla rovina, si è spontaneamente offerto a soffrire e a morire per noi sulla Croce; mostra anche l'amore dello Spirito Santo, Che è effuso dall'Umanità glorificata di Cristo ed è mandato ad abitare in noi per farci Suoi templi viventi, come dono del Cuore del Redentore, tramite cui noi siamo stabilmente uniti al Suo Corpo e giustificati; manifesta dunque la pienezza dell'amore trinitario il quale, uscendo dal circuito chiuso della circumincessione, deborda e dilaga sulle creature, poste nell'essere e santificate per poterlo appagare; adempie infine le grandi profezie sull'Amore di Dio, fatte dallo Spirito Santo per bocca di Geremia (31, 33 ss.), Isaia (49, 15; 53), Zaccaria (12, 10 ss.) e altri ancora, destinate all'era messianica. Dal Cuore di Gesù dunque, e per amore, ci vengono tutti i doni spirituali e materiali, tutte le provvidenze naturali e soprannaturali, tutte le grazie, attuali, sacramentali, di stato, prevenienti, concomitanti, susseguenti, estrinseche, intrinseche e quant'altre, perchè ogni cosa ci è stata data attraverso gli atti di carità che il Verbo del Padre ha compiuto per noi proprio tramite quel Cuore umano. Da Esso viene l'incorporazione alla Chiesa e l'aspetto ecclesiologico della devozione, teso all'accrescimento e alla dilatazione dell'organismo mistico del Corpo del Redentore; viene l'inabitazione dello Spirito, senza il Quale tale culto è impossibile; viene il dono della Madre, Che ci conduce al Cuore del Figlio; vengono i Sacramenti tutti e in particolare l'Eucarestia, nella quale il Cuore di Cristo è sacramentalmente presente onde realizzare il desiderio di stare con ciascuno di noi sempre e comunque, anche a prezzo dell'indifferenza e dell'abbandono, se non anche del sacrilegio.

Tale devozione perciò vuole ricambiare l'Amore con l'amore che Esso suscita liberamente in noi, assecondando le mozioni della Grazia. Si sostanzia perciò di consolazione e riparazione, ossia di una vita di santità vissuta per compiacere Gesù e compensarlo dell'indifferenza degli altri, contribuendo così alla loro salvezza e facendo proprie le Sue stesse disposizioni altruistiche. La consolazione, tanto ardentemente chiesta da Gesù medesimo a Santa Margherita Maria Alacoque – come vedremo – con espressioni alcune delle quali sono state poste come versetto incipitario a questo saggio, è già richiesta dallo Spirito Santo nel Salmo, quando in profezia per il Cristo dice: Ho cercato consolatori e non ne ho trovati (Sal 69,21). Gesù vive nel Gethsemani la solitudine connessa al mistero redentivo: Egli deve rimanere senza alcun conforto per dare a tutti la salute; sperimentando la solitudine ontologica a cui il peccato condanna l'uomo, Egli Che è senza colpa rompe l'isolamento tra uomo e uomo e soprattutto colma l'abisso tra lui e Dio. A noi, redenti nel Suo Sangue, è dato di farci consolatori del Cristo, adempiendo alle Promesse del Battesimo e della Cresima, rimanendo fedeli ai propositi della Confessione, ricevendolo nel cuore nostro con l'Eucarestia, così da essere per Lui parte scelta, amici fedeli, seguaci devoti, meritevoli poi di entrare nella Sua gioia.

La riparazione ne deriva per logica. Se già San Paolo soffriva nel suo corpo ciò che mancava alla Passione di Gesù a vantaggio della Chiesa, lasciando nella Scrittura un appello e un esempio in tal senso per le generazioni venture, lo stesso Signore a Santa Margherita chiese la pratica riparatrice, di cui vedremo gli antesignani e gli epigoni più innanzi. Di certo il cristiano, toccato dalle sofferenze di Gesù, vuole allieviarGliele, facendosi carico di aspirazioni, desideri, atti di volontaria virtù che siano offerti non solo per sè ma anche per gli altri, per cui la loro indifferenza sia supplita dalla generosità di chi ama il Signore, divenendo occasione di salvezza per gli uni e di santificazione per gli altri. Come Gesù offre tutto Se' stesso al Padre nel sacrificio per il quale tutti siamo redenti, così, tra i redenti, alcuni offrono gli unici meriti del Cristo, di cui sono partecipi, per se stessi e per quanti, pur avendoli ricevuti, li lasciano inerti essendo così bisognosi di qualcuno che li applichi per loro e che per loro chieda perdono per la colpevole omissione. In tale ottica diviene anche atto di propiziazione, per ricondurre non solo i tiepidi, ma anche i ribelli all'amore di Dio, e avvicinare ad Esso coloro che ancora non lo conoscono. Vediamo dunque in questa devozione una matrice missionaria ed ecumenica molto forte, aperta al dialogo non nel senso mondano, ma in quello soprannaturale che prepara alla conversione coloro che sono lontani, perchè Gesù vuole attirare tutti a Se'. Ma soprattutto vediamo che tale devozione crea e rafforza il vincolo obiettivo che il singolo fedele ha col Cristo, al Quale vuole offrire il proprio amore personale esattamente come lo ha ricevuto, facendosi partecipe delle più intime, profonde e alte intenzioni del Divino Interlocutore. Percio' dalla devozione al Cuore di Cristo ognuno può trarre alimento per qualsiasi tipo di buona opera, orientata alla consolazione dell'Amore solitario e alla riparazione dell'Amore offeso, in qualunque campo e circostanza, perchè, al di là delle pur precise pratiche riparatrici, non vi è atto alcuno che il cristiano non possa compiere con queste intenzioni. In un percorso spirituale che diviene esistenziale, il credente scopre di essere conosciuto dal Sacro Cuore, perchè Questi lo ha amato di amore eterno, predestinandolo, facendolo nascere e chiamandolo per nome. Scopre di essere giustificato da Lui, attraverso il Battesimo, che lo fa figlio di Dio, membro della Chiesa ed erede del Cielo. Scopre che il Sacro Cuore gli insegna a credere nella Paternità di Dio, avendo fede in Lui, vivendo nella speranza e crescendo nella carità. Vede che il Sacro Cuore lo precede, come modello, sin dal Vangelo, dove appare pieno di bontà e amore, abisso di ogni virtù, fonte di vita e santità. Impara che Egli lo perdona, perchè oceano di misericordia di cui noi peccatori abbiamo bisogno e al quale dobbiamo portare altre anime. Capisce che il Sacro Cuore lo salva, con la perseveranza finale garantita dalla Grande Promessa – di cui diremo- in cui rifulgono la bontà e la sapienza di Dio. Sente che Egli gli chiede riparazione, come dovere personale e come bisogno sociale. Capisce che Egli lo aiuta a vivere di unione e di abbandono, mediante il possesso della Grazia (vivere nell'amore), l'intimità con Lui nella preghiera continua (vivere con l'amore) e l'offerta di sè al beneplacito divino (vivere per amore), in un meraviglioso percorso ascensivo. Infine capisce che il Cuore di Gesù lo spinge all'apostolato, con la preghiera, l'azione e il sacrificio, per cui nulla è sprecato nella vita con Lui.

LA DEVOZIONE AL SACRO CUORE NELLA TRADIZIONE

Il culto al Sacro Cuore di Gesù si fonda essenzialmente sulla Sua manifestazione nei momenti della Passione: su di Esso reclina il capo l'Apostolo prediletto, ascoltandone i palpiti e ricevendone l'ardore che lo renderà capace, lui più giovane tra i Dodici, di rimanere accanto al Maestro sino ai piedi della Croce; Esso viene squarciato dalla lancia di Longino per garantire ai carnefici la sicurezza della Morte di Gesù e per mostrare all'uomo l'immensità della carità del Redentore, che trasforma in strumento di salvezza anche l'estremo accanimento, facendo sgorgare da Se' Sangue e Acqua come simbolo dei Sacramenti della neonata Chiesa, la Nuova Eva tratta dal Costato dell'Adamo novello addormentato in Croce e a Lui condotta come Sposa generatrice di anime redente.

Nei primi secoli la Chiesa non ha avuto un culto diretto e liturgico per il Sacro Cuore, ma non ha mai tralasciato la commemorazione dell'Amore di Cristo. San Cipriano di Cartagine (210-258) scrive che da questo Cuore aperto dalla lancia discende la sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna. San Giovanni Crisostomo (344/354-407) lo definisce mare immenso di clemenza inesauribile. Sant'Agostino di Ippona (354-430) lo vede prefigurato nell'Arca di Noè, affermando che come dalla finestra dell'Arca entrarono gli animali che non dovevano morire nel Diluvio, così dalla ferita del Cuore di Gesù sono invitate ad entrare tutte le anime perchè si salvino. San Pier Damiani (1007-1072) asseriva che nel Cuore di Gesù troviamo tutte le armi di difesa e i rimedi di guarigione per i nostri mali. Molte anime sante, poi, specie nel Medioevo, hanno avuto accesso ai penetrali di questa Carità Sussistente. Ad esempio San Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), fondatore dei Cistercensi, ammirava il tesoro di ricchezze nascosto nel Cuore del Redentore e trasaliva dinanzi alla bellezza dell'abitazione spirituale in Esso. Egli contempla il Costato del Cristo aperto dalla Lancia come il luogo della sofferenza amorosa. I suoi scritti sull'argomento traboccano d'amore, come il LXI Sermone sul Cantico dei Cantici o la Meditazione sulla Passione, dove grida: "Aprici, Signore, aprici l'ingresso del Tuo Costato...facci entrare attraverso l'apertura del Tuo Costato, apertura che è la Fede della Chiesa, e chiudi questa porta dal di fuori." Molti dei figli di Bernardo furono amanti appassionati del Cuore infiammato del Redentore. Il Beato Guglielmo di Saint-Thierry (1075-1149), nelle sue Orazioni meditative ha sviluppato considerazioni simili a quelle di Bernardo, affermando che le ricchezze di Dio, un tempo chiuse nel Cuore di Gesù, si sono riversate su di noi quando Esso è stato aperto dalla Lancia, per cui a noi è dato di entrarvi interamente, per accedere all'Anima stessa del Redentore e alla Misericordia di Dio. Il Beato Guerrico di Igny (1070/1081-1157), in un celebre sermone sulla Domenica delle Palme, riprende con commosso calore i temi bernardiani, specie quando invita a nascondersi nelle Mani trafitte e nel Costato aperto, quando descrive il Signore come buono e colmo di pietà, capace perciò di aprire il Suo Cuore perchè il Sangue della Ferita ci dia vita, il calore del Suo Corpo ci riscaldi, il Suo anelito ci ispiri. San Bonaventura da Bagnoregio (1217/1221-1274), generale dei Francescani, amava la Piaga mediante cui gli era stata aperta la strada per giungere all'intimità del Cuore di Cristo e porvi la propria dimora. Santa Gertrude la Grande (1256-1302), cistercense di Helfta, nelle sue Rivelazioni descrive la scena meravigliosa in cui Gesù, apparsole, le mostrò con le Sue mani il Suo Cuore e le offrì di abitare in lei per compiervi quanto era per lei impossibile. La Santa protestò la sua indegnità, ma il Salvatore, con tenera fermezza, attestò la Sua volontà di operare in lei, conoscendone la fragilità, purchè in qualche maniera Glielo chiedesse. Sempre Santa Gertrude potè chiedere in visione a San Govanni Evangelista perchè nel suo Vangelo non avesse descritto i palpiti di quel Cuore su cui si era reclinato nell'Ultima Cena, avendone come risposta che l'udire tali soavità era per i tempi suoi, onde il mondo, ormai fiacco, potesse riscaldarsi. Gertrude è la prima, per grandezza, di una schiera di Sante cistercensi amanti del Cuore di Gesù. Santa Liutgarda (1182-1246) per prima ebbe la visione del Cuore di Cristo, il Quale celebrò le loro nozze mistiche e le promise, mostrandosi a lei, che in Lui avrebbe gustato le delizie del Suo amore, se l'avesse amato. Santa Matilde di Magdeburgo (1210-1282), cistercense anche lei ad Helfta, fu invitata da Cristo stesso invitò a concentrarsi solo sull'amore per il Suo Cuore e mise per iscritto le proprie esperienze mistiche ne "La luce diffusa dall'alto". Santa Matilde di Hackeborn (1241-1299) fu anche lei onorata della visione del Cuore di Gesù, al cui amore fu invitata ad unire il proprio per perfezionarlo, e le fu attestato che nella Piaga del Cuore stesso vi è la carità che abbraccia ogni cosa. La Santa fu condotta in visione nel Cuore di Gesù perchè vi si riposasse; il Signore le assicurò che tutto avrebbe ottenuto, chiedendo a questo Cuore e Lo diede a lei in un'estasi ineffabile. Gesù accompagnò questo prodigio mistico con splendide parole, in cui offriva alla Santa i Suoi occhi per vedere, i Suoi orecchi per sentire, la Sua bocca per parlare e il Suo Cuore per amare esattamente come Lui. E così avvenne. Ma basti questo per illustrare la devozione al Sacro Cuore nel Medioevo (1).

Per l'Età moderna, ricordo San Giovanni Eudes (1601-1680), il grande apostolo del culto cordiano, sia per Gesù che per Maria, che propagandò l'idea della riparazione delle offese fatte al Sacro Cuore (2). Ma la nascita del culto moderno al Cuore divino si ha con le Rivelazioni private fatte da Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690), visitandina di Paray-Le-Monial. Iniziate nel 1673, continuarono fino alla sua morte (3). Ella, nella diffusione delle Rivelazioni, fu assistita da San Claudio de la Colombiére (1641-1682), gesuita. Gesù mostra alla Santa il Suo Cuore, avendo la volontà di continuare la Sua azione di salvezza, iniziata con la Croce, proprio attraverso di Esso, oceano delle divine misericordie, mostrandolo agli uomini. Il Signore chiese un culto pubblico e privato, liturgico e devozionale, incentrato su una solennità da celebrarsi il venerdì dopo l'Ottava del Corpus Domini. A lei il Signore lamentò l'indifferenza degli uomini verso il Suo Cuore che pure tanto li ama; a lei fece XII Promesse per i devoti del Suo Cuore Sacratissimo:

  1. Darò ai miei devoti tutte le grazie necessarie al loro stato
  2. Metterò la pace nelle loro famiglie
  3. Li consolerò in tutte le loro afflizioni
  4. Sarò loro rifugio in vita e soprattutto in morte
  5. Spanderò abbondanti benedizioni su ogni loro impresa
  6. I peccatori troveranno nel Mio Cuore la sorgente e l'oceano infinito della Misericordia
  7. Le anime tiepide diventeranno fervorose
  8. Le anime fervorose giungeranno presto a grande perfezione
  9. Benedirò i luoghi dove sarà esposta ed onorata l'immagine del Mio Sacro Cuore
  10. Darò ai sacerdoto la grazia di commuovere anche i cuori più induriti
  11. Le persone che diffonderanno questa devozione avranno il loro nome scritto nel Mio Cuore e non ne sarà cancellato giammai
  12. Io ti prometto, nell'eccessiva misericordia del Mio Cuore, che il Mio Amore Onnipotente accorderà, a tutti coloro che si comunicheranno per nove primi venerdì del mese consecutivi, la Grazia della penitenza finale. Essi non morranno in Mia disgrazia, ma riceveranno i Santi Sacramenti (se necessari n.d.r.) e il Mio Cuore sarà per essi di sicuro asilo in quell'ora estrema.

La XII Promessa è detta la Grande; da essa scaturisce la Pia Pratica della Comunione Riparatrice dei Primi Venerdi del Mese, che la Chiesa celebra pubblicamente da ottobre a giugno ma che ognuno può iniziare quando vuole. Formulata nel 1690, prima della morte della Santa, rimase quasi nascosta nei suoi Scritti fino al 1869, quando si cominciò a diffonderla con immensi benefici spirituali per chi vi prestò fede. Chi dunque fa Nove Comunioni in altrettanti Primi Venerdì del Mese consecutivamente, con l'intenzione di riparare le offese fatte a Gesù e con la volontà di emendarsi dalle proprie colpe, ha la certezza morale di raggiungere la Salvezza, compiendo con la Grazia divina le buone opere necessarie che Dio ha preordinato per lui. Il moribondo che con le dovute disposizioni ha fatto le Comunioni può aspettarsi o la ricezione dei Sacramenti o un atto di contrizione perfetta che li sostituisca, aprendogli la strada del Cielo. In effetti, i casi di conversioni prodigiose e di interventi salvifici straordinari, per i moribondi che avevano fatto la Pia Pratica, in punto di morte, non si contano e anche chi scrive ne è stato testimone (4).

Fu sempre a Santa Margherita che il Cuore di Gesù si mostrò nelle forme simboliche poi divenute classiche: il mare di fiamme che ne significano la carità, la Croce piantata su di Esso come prova del fatto che Gesù portò l'amarezza della Sua Passione per tutta la vita dentro di Se' e fino al compimento, le spine che lo coronano come segno dei suoi patimenti prolungati dall'indifferenza degli uomini. Dei primi due simboli è la stessa veggente, illuminata dall'alto, a dare spiegazione, mentre registra solo il terzo. La corona fiammeggiante si è poi evoluta nella raggiera di luce e nella fiamma che sovrasta il Cuore di Cristo. In Esso è sempre visibile la Ferita della lancia, gettante sangue e acqua. Essa mostra visibilmente l'amore accogliente di Gesù, da cui sgorgano i Sacramenti e nasce la Chiesa.

Anche Santa Margherita, come le altre Sante citate, ebbe l'esperienza del matrimonio mistico con lo scambio dei cuori. Il suo venne fuso con quello Divino e le venne restituito in una forma intensamente ardente. Sempre a Santa Margherita Gesù chiese l'Ora Santa, ogni venerdì, per riparare i peccati e placare la Divina Giustizia, partecipando misticamente nella notte all'Agonia del Gethsemani. Essa si fa tuttora, dinanzi al Sacramento, in genere esposto (5). Perciò, con la Comunione mensile il Primo Venerdi (detta anche Ammenda onorevole) e con la Festa annuale, le tre pratiche fondamentali della devozione odierna al Sacro Cuore sono state rivelate e chieste proprio a Santa Margherita (6). Negli scritti della Santa troviamo poi anche molte altre consolanti assicurazioni di Gesù e aspirazioni del Suo Cuore (7).

Naturalmente la richiesta più importante era quella della Festa. All'inizio essa, con il suo Ufficio e la sua Messa, fu celebrata nelle diocesi di Francia. Poi Clemente XIII (1758-1769) la estese all'Arcidiocesi di Colonia e a quelle nazioni che l'avessero richiesto alla Santa Sede, come Rito doppio maggiore. Il Beato Pio IX (1846-1878) inserì la festa del Sacro Cuore nel Calendario universale, adempiendo alla richiesta del Signore (8), nel 1856, approvando anche il Mese devozionale di Giugno nel 1873 arricchito di Indulgenze (9) e ratificando il voto dell'Assemblea Nazionale della III Repubblica Francese di erigere un Tempio al Sacro Cuore a Montmartre a Parigi, sempre nello stesso anno. La stessa ratifica concesse, nel medesimo 1873, al voto dei cattolici di edificare in Roma una Basilica dedicata al Sacro Cuore. Il culto al Sacro Cuore si mostrò capace di ispirare sia la riparazione che l'azione sociale nel venerabile Leone Dehon (1843-1925), fondatore dei Sacerdoti del Sacro Cuore, in altri Fondatori come San Daniele Comboni (1831-1881), Santa Maddalena Sofia Barat (1779-1865), Santa Caterina Volpicelli (1839-1894) e altri, che misero i loro Istituti sotto la protezione del Sacro Cuore, e persino in uomini politici, come il presidente dell'Ecuador Gabriel Garcia Moreno (1821-1875), martirizzato dalla Massoneria. In genere, non vi è Santo moderno e contemporaneo che non abbia devozione per il Cuore di Gesù. Esemplare in tale senso è San Pio da Pietrelcina (1888-1968), la cui preghiera quotidiana era rivolta al Sacro Cuore.

Il magistero pontificio enucleò i motivi soggiacenti alla devozione e ne incoraggio' le pratiche con svariati interventi. Leone XII (1823-1829) autenticò le Promesse del Sacro Cuore. Leone XIII (1878-1903) promulgò l'enciclica Annum Sacrum e consacrò il genere umano al Sacro Cuore, il 25 maggio 1899, come preparazione al Giubileo del 1900 (10). In essa il Papa mostra sapientemente come la pratica della consacrazione sia atto dovuto, avendo Gesù diritto su ciascuno di noi. San Pio X (1903-1914) concesse la Plenaria toties quoties alle chiese in cui si tiene la pia pratica del Mese di Giugno e l'altare gregoriano ad instar al predicatore e al rettore delle chiese in questione nel giorno di chiusura dell'esercizio. Benedetto XV (1914-1922), canonizzando Margherita Maria Alacoque il 13 maggio 1920, ratificò solennemente la Grande Promessa e tutte le altre fatte dal Sacro Cuore alla Sua serva fedele. Pio XI (1922-1939), l'8 maggio 1928, promulgò l'enciclica Miserentissus Redemptor sul culto in questione, ampliando quanto detto da Papa Pecci, specificando quanto dovuto per giustizia e per amore nella pratica della riparazione, mentre nel 1929, nell'anno della Conciliazione, elevò la festa del Sacro Cuore a Rito doppio di prima classe, ossia al rango di solennità secondo il nuovo ordinamento liturgico. Il venerabile Pio XII (1939-1958) redasse la più grande enciclica sul Sacro Cuore, la Haurietis Aquas, pubblicata il 15 maggio 1956. In essa sentenziò che nella Scrittura, nella Tradizione e nella Liturgia i credenti trovano le sorgenti limpide e profonde del culto al Sacro Cuore; di questi motivi il Papa fa un'ampia rassegna, così da fornire nella Lettera la più completa ed esauriente fondazione dell'argomento, ad oggi insuperata (11). Il Beato Giovanni XXIII (1958-1963) visse il suo sacerdozio e il suo Papato nella devozione al Sacro Cuore, al cui culto è ancora oggi comunemente associato, traendo da Esso la linfa della sua santità e del suo programma pastorale di evangelizzazione, ecumenismo e santificazione delle anime. Il servo di Dio Paolo VI (1963-1978) confermò il rango liturgico della festa del Sacro Cuore ed esortò alla Sua devozione, icasticamente definita sintesi della Redenzione. Il servo di Dio Giovanni Paolo I (1978) pure intervenne a favore di questo culto. Il Beato Giovanni Paolo II (1978-2005) intervenne su di Esso con svariati Discorsi, specie dopo gli Angelus domenicali, commentandone le Litanie e riaffermandone l'importanza nella pietà cristiana. Egli fu il primo Pontefice Romano a visitare devotamente il Santuario di Paray Le Monial, dove ripetè la consacrazione del genere umano di Papa Leone XIII. Papa Benedetto XVI insiste ancora oggi sulla rilevanza del culto al Sacro Cuore.

IL MISTERO DEL CUORE DI CRISTO NELLE LITANIE A LUI DEDICATE

Nella preghiera della Chiesa, sotto la forma delle Litanie a Lui dedicate, abbiamo la più bella espressione del mistero del Cuore di Gesù. Sono trentatrè invocazioni, una per ogni anno di vita del Redentore, divise in tre gruppi: quelle che descrivono le Sue imperscrutabili ricchezze, quelle che le descrivono mentre si riversano su di noi, quelle che attestano il perdono e la salvezza presenti in Lui.

Nel primo gruppo di invocazioni Lo salutiamo innanzitutto Figlio dell'Eterno Padre, contemplando il mistero della Generazione Eterna della Seconda Persona della Santissima Trinità dalla Prima. Indi lo invochiamo come Formato dallo Spirito Santo nel seno della Vergine Madre, rammentando la Sua partenogenesi pneumatica. Infine consideriamo l'Unione della Due Nature nel Vincolo Ipostatico invocandolo come Unito sostanzialmente alla Persona del Verbo di Dio. Lo sguardo devoto si posa poi sulla Sovranità universale che Gli compete come Figlio di Dio anche come Uomo, invocandoLo Pieno di maestà infinita. A Lui, in cui, più che nel Tempio di Salomone, si realizza il detto biblico: Io ti ho costruito una dimora perenne (1 Re 8,13), oltre che il passo che dice: Il Signore non abita in case fatte da mani d'uomo (At 7,48)– infatti questo Cuore è stato concepito di Spirito Santo. Che poi il Cuore di Cristo sia un Tempio lo attesta la profezia fatta da Lui stesso: Distruggete questo Tempio e in tre giorni lo farò risorgere (Gv 2, 19). Perciò possiamo rivolgerci al Sacro Cuore chiamandolo Tempio santo di Dio. In questo Tempio è stato offerto a Dio l'unico ed eterno Sacrificio. Il Sacro Cuore è il Tabernacolo dell'Altissimo, che camminò e cammina con noi nell'Eucarestia, esattamente come l'antica Tenda o Tabernacolo o Dimora seguiva il Popolo di Israele, con dentro l'Arca dell'Alleanza, nelle sue peregrinazioni nella Penisola del Sinai. Il Cuore di Gesù è la Casa di Dio, perchè Egli vi risiede stabilmente, anche ora che il Cristo è nel Santissimo, come dice la Scrittura: Ma è proprio vero che il Signore abita sulla terra?..Siano i Tuoi occhi aperti notte e giorno verso questa Casa, verso il luogo di cui hai detto: Lì sarà il Mio Nome (1 Re 8,37), e la Porta del Cielo, perchè nessuno arriva al Padre se non per mezzo Suo e nessuno è giustificato senza di Lui. Il Cuore del Salvatore è, per l'inesauribile suo desiderio di donare, una vera Fornace ardente di carità; per aver congiunto, nell'atto redentivo, in modo encomiabile e perfetto, le esigenze del rigore e le istanze della misericordia, è il Santuario di giustizia e amore; essendo sempre solerte verso di noi, nella Provvidenza come nel perdono, ci appare come Pieno di bontà e amore. Il Cuore del Salvatore è l'esempio più fulgido di ogni perfezione, in Lui contenute tutte senza alcun limite, per cui lo invochiamo come Oceano di tutte le virtù, mentre per l'innumerevole schiera dei Suoi meriti lo definiamo Degno di ogni lode. Il Cuore del Redentore esercita su di noi l'influsso sovrano e invincibile su tutte le nostre persone, acquistate da Lui nel Suo Sangue, suscitando nei nostri cuori l'amore per Lui, per cui lo appelliamo Re e centro di tutti i cuori. Questo è il Cuore del Verbo del Padre, la Sapienza increata mediante Cui è stato fatto e viene governato il mondo, per cui lo salutiamo dicendo: Cuore di Gesù, in cui sono tutti i tesori della scienza e della sapienza. Il Cuore di Gesù, in cui dimora tutta la pienezza della Divinità, è abitato dalla Trinità in un modo incomprensibilmente perfetto, sia per la Grazia che per l'Unione Ipostatica. Egli è l'Eletto, l'Uomo perfetto, il Nuovo Adamo, in cui il Padre ha riposto la Sua compiacenza, così come afferma la Scrittura: Questi è il Mio Figlio prediletto, nel Quale mi sono compiaciuto (Mt 3, 17).

Nel secondo gruppo di invocazioni, riconosciamo anzitutto che il Cuore di Gesù è Colui dalla Cui pienezza abbiamo tutti noi ricevuto, come attesta Gv 1, 16; poi confessiamo che Lui è il Desiderio di tutte le genti, l'Atteso, il Desiderato delle Nazioni, per la cui parola sono frementi le Isole, perchè nel Suo Nome tutti devono essere battezzati; indi riconosciamo che Egli è Paziente e misericordioso con noi tutti e sempre Generoso con quelli che lo invocano; infine riconosciamo che, in quanto Redentore, è Fonte unica di vita e santità.

Nel terzo gruppo di invocazioni salutiamo in Lui Colui Che ha espiato i nostri peccati; consideriamo come sia stato Colmato di obbrobri (12); constatiamo come sia stato Martoriato per i nostri peccati; ammiriamo che sia stato Obbediente fino alla morte; volgiamo lo sguardo a Lui, Trafitto dalla Lancia, che ci ha aperto i penetrali del Suo Amore; confessiamo che è la sola Fonte di ogni consolazione, perchè solo in Lui troviamo conforto in terra e felicità in Cielo, come attesta la Scrittura quando dice: Venite a Me voi tutti che siete affaticati ed oppressi, e Io vi consolerò (Mt 11, 28), e laddove poi soggiunge: Vieni servo buono e fedele, prendi parte alla gioia del tuo Signore (Mt 25, 21). Il Sacro Cuore è la causa della nostra vita e resurrezione, perchè non solo ci comunica la vita soprannaturale, ma ce la restituisce quando ci perdona risuscitandoci spiritualmente e ci farà risorgere nell'Ultimo Giorno. Il Cuore del Redentore è la ragione della nostra pace e riconciliazione, perchè siamo stati riappacificati con Dio nel Suo Sangue e veniamo perdonati in Lui se disgraziatamente cadiamo. Dichiariamo poi la Sua innocenza e la Sua generosità invocandolo quale Vittima per i peccatori. Asseriamo poi conseguenzialmente, che non solo è la Salvezza di quanti sperano in Lui, ma anche la Speranza di quanti muoiono in Lui, per divenire poi la Delizia di tutti i Santi nell'eternità. Infatti chi spera in Lui riceve la giustificazione e chi muore in Grazia spera da Lui la beatitudine, che è Lui stesso, mediante Cui ci è mostrata la pienezza della Divinità, oltre lo splendore della Sua Umanità.

Le Litanie riparatrici, nelle loro tre forme, a loro volta ci tracciano un ritratto della sensibilità del Cuore di Cristo, contristata dalla nostra cattiveria. Nella prima serie di esse chiediamo a Gesù di donarci il Suo amore in considerazione di quanto da Lui fatto e sopportato per noi, in quanto Verbo Incarnato per amore, Amore troppo spesso sconosciuto e disprezzato, nonchè Divin Fanciullo abbandonato e perseguitato – con riferimento alle traversie della Sua divina Infanzia per colpa di Erode. Lo invochiamo ricordandogli che nelle Sue peregrinazioni evangeliche ebbe per avversari e contraddittori i farisei e i sacerdoti, compatendo il fatto che il Suo Divin Cuore è trafitto dall'ingratitudine più che dalla lancia del Centurione, confessando che il Suo è un Amore sempre vivo e sempre nuovo nell'Eucarestia. Lo preghiamo per compensare il fatto che Egli è assai dolente per il vedere l'inutilità del Suo Sangue sparso per tante anime, tanto afflitto per il nostro poco amore e perchè è quasi uno straniero per coloro che più spesso visita. Lo supplichiamo e gli offriamo riparazione perchè, malgrado tutto, non si stanca di farsi mendico alla porta dei nostri cuori, lo accogliamo e lo amiamo per noi e per gli altri perchè desidera abitare nei nostri cuori e perchè attende il nostro amore per quelli che non lo amano. Lo seguiamo devotamente perchè domanda cuori fedeli e compatiamo il Suo dolore perchè domanda cuori compassionevoli. Gli offriamo la nostra riparazione perchè il Suo Cuore arde di una fiamma di amore e misericordia, e infine Gli umiliamo la nostra conversione perchè è assai contento della nostra contrizione. Sono espressioni molto intense, per certi tratti drammatiche; esse terminano con un accorato appello a liberarci dall'ingratitudine, a preservarci dalla tiepidezza e a ricolmarci del Suo amore.

Nella seconda serie litanica riparatrice, oltre alle invocazioni identiche alla prima, abbiamo forme simili per contenuto, quando invochiamo il Sacro Cuore in quanto Incarnato per nostro amore, amore sconosciuto e oltraggiato, Bambino divino perseguitato, costretto nella Sua Vita apostolica a sopportare avversari e contradditori, amore sempre vivo nell'Eucarestia; abbiamo poi forme differenti ma anch'esse intense, quando diciamo che Egli accettò di morire in Croce per noi o quando gli chiediamo che ci liberi dall'ingratitudine. La terza serie litanica è molto simile alla seconda. In essa spicca una invocazione al Cuore di Gesù che non cessa di amarci malgrado la nostra miseria, che veramente è l'unico, vero titolo che abbiamo per continuare a ricevere qualcosa da Lui.

Appare dunque chiaro ed evidente che da queste preghiere i fedeli traggono alimento per la contemplazione e la meditazione del Mistero di Cristo e del Suo Cuore, nonchè ragione per eccitarsi al fervore


1. Mi sembra giusto rammentare che anche Sant'Anselmo d'Aosta, il Beato Ugo da San Vittore, San Francesco d'Assisi, Sant'Alberto Magno, la Beata Angela da Foligno e Santa Caterina da Siena hanno, nell'Età di Mezzo, tenuta alta la fiaccola della devozione al Cuore di Cristo.

2. Ricordo nell'Età Moderna anche San Pietro Canisio e Sant'Alfonso Maria de' Liguori tra i devoti del Sacro Cuore.

3. La Santa ebbe esperienze mistiche anche in precedenza, almeno sin dal 1671, con significative visioni nel 1673 (il Bambino Divino e San Francesco d'Assisi), ma quelle concernenti il Sacro Cuore iniziano da quella data. Molto importanti a tale proposito sono ovviamente la prima, il 27 dicembre 1673, quella della stessa data dell'anno successivo e quella del giugno 1675.

4. La Grande Promessa trovò molte resistenze. La prima venne dai circoli giansenisti. Sebbene le dottrine soteriologiche da loro propalate erano state ampiamente condannate, la loro influenza fu grande sulla questione, essendo coeve alla Grande Promessa. Alla devozione al Sacro Cuore si obiettava di dare la salvezza a buon mercato. In realtà la Promessa di Gesù è una celeste conferma della soteriologia agostiniano-tomista, così come essa era stata recepita dal Concilio di Trento. Essa può innalzare alle vette della santità ma funziona anche in coloro che, per debolezza, abbandonano l'ideale di fedeltà abbracciato al momento delle Comunioni. E' quindi la dimostrazione dell'efficacia della Grazia stessa e nel contempo la conferma della libertà umana. Tempera l'eccesso giansenista che, credendo nell'efficacia assoluta della Grazia, sostiene che l'hanno solo i Santi, perchè solo essi la mettono pienamente a frutto, mostrando così di esserne posseduti. La Grande Promessa mostra che la Grazia conduce infallibilmente alla Salvezza coloro che la lasciano agire, anche a dispetto della loro negligenza. Non a caso Gesù parla dell'eccessiva misericordia del Suo Cuore. Inoltre essa, spingendo a riparare per gli altri, sprona ad una carità che è simile a quella di Cristo, quindi alla perfezione della santità. Un altro ostacolo veniva dal fatto che le devozioni che promettevano infallibilmente la salvezza erano guardate con sospetto e nel 1753 furono proscritte. Ma il Concilio di Trento aveva insegnato che nessuno può essere sicuro della propria salvezza se non per una rivelazione privata. E quelle del Sacro Cuore sono appunto rivelazioni private che garantiscono la salvezza a chi fa le Nove Comunioni. La salvezza non è infallibilmente garantita, perchè nessuno può sapere se ha fatto veramente bene le Comunioni, ma dà la certezza morale, nella speranza e nella fede in Cristo, di raggiungerla per aver adempiuto quanto chiesto. Si noti la somiglianza tra il sistema soteriologico di sant'Alfonso e la Grande Promessa: l'uomo, su invito e per grazia di Gesù, compie l'opera più nobile- l'intercessione per gli altri in unione a Lui – e attende supplice e confidente la grazia suprema, che gli viene concessa da Dio Che si è legato volontariamente con la Sua promessa.

5. Si può fare anche privatamente e, se c'è zelo, a casa. Simile ad essa è la Guardia d'Onore.

6. Altre sono l'Atto di consacrazione, la venerazione dell'Immagine del Sacro Cuore, l'Offerta dell'Apostolato della Preghiera o della Riparazione, la Santa Messa in onore del Cuore di Cristo (per la quale fra l'altro vi è un Ufficio apposito votivo che si può celebrare ogni volta che la Liturgia lo permette), oltre che tante altre preghiere, come le Coroncine o le Litanie.

7. I Desideri del Cuore di Gesù sono Nove: che i Suoi devoti si accostino spesso e bene alla Santa Comunione; che non manchino, anche a costo di sacrificio, di andare alla Comunione il Primo Venerdì del Mese in riparazione delle offese che Egli riceve dall'umana ingratitudine; che onorino la Sua immagine e la tengano esposta nelle loro case e la portino addosso; che facciano delle Comunioni spirituali e frequenti visite alla chiesa e che, se impediti, facciano visita spirituale volgendosi verso il Santissimo Sacramento; che stiano in chiesa col massimo rispetto facendo atti di ammenda e riparazione frequentemente; che si mostrino umili e miti con tutti sopportandone con pazienza i difetti; che meditino spesso i dolori della Sua Passione e Morte; che celebrino con solennità la Sua festa; che consacrino a Lui gli ultimi giorni di carnevale, quando Egli è più oltraggiato (cosa oggi dilatata a tutti i tempi dell'anno). Le Promesse fatte ai Suoi Apostoli sono Dieci: saranno aperti loro tutti i tesori divini; hanno assicurata l'amicizia del Cuore Divino, la protezione della Vergine e dei Santi; faranno rapidi progressi nella vita spirituale, perchè il Cuore di Gesù li santificherà e glorificherà; riceveranno la grazia di un puro amor di Dio; attireranno benedizioni speciali sulla loro famiglia; alle opere di zelo di chi propaga questa devozione sono riservate copiose benedizioni e faranno grandi conversioni; le persone che propagheranno questa devozione avranno il loro nome scritto nel Cuore di Gesù e non ne sarà mai cancellato; conosceranno i misteri della Croce e ne comprenderanno merito e valore, mentre nelle prove dell'apostolato riceveranno forza e consolazione; lo stesso Cuore di Gesù sarà loro premio e ricompensa.

8. Essa è preceduta da una Novena, spesso pubblica. Sarebbe bene che fosse sempre tale.

9. Assai diffuso, ma che dovrebbe essere praticato ovunque.

10. Perciò non dovrebbe esserci diocesi senza parrocchia, città senza chiesa o cappella, chiesa senza altare dedicati al Sacro Cuore. Monumenti a Lui andrebbero innalzati in ogni abitato. La Sua immagine dovrebbe essere ostesa ovunque.

11. Si auspica una nuova enciclica su questo grande tema.

12. Quali siano questi obbrobri lo si evince da una serie litanica minore ascrivibile alla pietà di Santa Maria Margherita Alacoque, che Lo invoca così per commuovere le viscere della Misericordia del Sacro Cuore: sconosciuto e oltraggiato, calunniato e perseguitato, abbandonato dagli uomini e tentato, tradito e venduto a vil prezzo, biasimato, accusato e condannato ingiustamente, rivestito di un abito di obbrobrio e vergogna, schiaffeggiato e irriso, trascinato con una corda al collo, flagellato a sangue, giudicato pazzo e indemoniato, posposto a Barabba, spogliato nudo con infamia, coronato di spine e deriso, caricato della Croce e delle maledizioni del popolo, schiacciato dalle ingiurie, dai dolori e dalle umiliazioni, triste fino alla morte, oltraggiato, coperto di sputi, percosso e schernito, appeso a un legno infame in compagnia dei ladroni, annientato e privato dell'on


Theorèin - Dicembre 2012