LA TEOLOGIA CRISTIANA

A cura di: Vito Sibilio
Entra nella sezione FILOSOFIA

Se vuoi comunicare con Vito Sibilio: gianvitosibilio@tiscalinet.it

IN EPISTULAS AD THESSALONICENSES

Breve introduzione alle Lettere di San Paolo ai Tessalonicesi

Tessalonica, oggi Salonicco, era posta sulla Via Egnazia, che andava da Durazzo a Bisanzio. La città era un porto importante e Paolo vi giunse durante il suo Secondo Viaggio, dopo che fu cacciato da Filippi, e – trovatavi una sinagoga – vi fondò una fiorente Chiesa (At 17,1). I Giudei lo costrinsero ad abbandonare la città a causa dei loro intrighi, per cui l’Apostolo si recò a Berea e poi ad Atene.

LA PRIMA LETTERA AI TESSALONICESI

DESTINATARI

Pieno di ansia per i cristiani tessalonicesi, angariati dalle persecuzioni, Paolo tentò due volte di tornare in città (1 Ts 2,18), ma inutilmente. Perciò vi mandò Timoteo da Atene (1 Ts 3,1-12), perché lo informasse della situazione e confortasse i fedeli (1 Ts 3,1). Compiuta tale missione, Timoteo tornò a Corinto e riferì a Paolo (At 18,1).

OGGETTO

La Lettera è un’occasione per effusioni intime del cuore dell’Apostolo ai suoi figli spirituali e per dare diverse esortazioni pratiche.

DATAZIONE

La Lettera fu scritta nel 50 da Corinto, massimo nell’inverno tra il 50 e il 51. E’ probabilmente la prima lettera che Paolo scrisse.

CONTENUTO E STRUTTURA

Nella Lettera distinguiamo un Prologo, due Parti e un Epilogo. Il Prologo (1,1-10) contiene l’indirizzo, il saluto e il ringraziamento a Dio per i benefici elargiti ai Tessalonicesi. La Prima Parte (2,1-3,13) è storica; in essa Paolo giustifica la sua condotta e loda i Tessalonicesi per aver risposto alla sua sollecitudine, sopportando le persecuzioni; spiega perché non potè tornare a Tessalonica e perché mandò Timoteo presso la città; dice che la relazione di quest’ultimo l’ha consolato e prega che Dio faccia crescere i Tessalonicesi nel bene. Nella Seconda Parte (4,1-5,22), che è dogmatica e morale, Paolo esorta alla virtù, intesa come santità, carità e lavoro; risponde riguardo alla sorte di coloro che muoiono prima della Seconda Venuta di Gesù, destinati al Paradiso in attesa della Resurrezione; insegna che alcuni, superstiti alla Fine del Mondo, non morranno e quelli tra essi che saranno salvati verranno rapiti in Cielo; esorta alla vigilanza in attesa della Parusia sapendo che essa può avvenire in qualunque momento ed esorta all’adempimento dei vari doveri di ognuno, verso gli ecclesiastici, i fratelli e Dio stesso. L’Epilogo (5,23-28) contiene voti e saluti.

DISAMINA CONTENUTISTICA, FILOLOGICA E LETTERARIA

Sila e Timoteo erano a fianco dell’Apostolo quando scrisse la Lettera. I capitoli 1-3 sono caldi dei sentimenti apostolici di Paolo, mentre, come dicevamo, altre sezioni sono parenetiche (4,1-12; 5,12-28); tra di esse si inserisce la breve parte escatologica a cui facemmo cenno sopra (4,13-5,11). La Lettera è incentrata in effetti sulla tematica escatologica, incentrata sulla Resurrezione e sul Ritorno glorioso di Cristo, Che porterà la salvezza a quanti sono morti in Lui (4,13-18). Paolo, fedele all’insegnamento di Gesù riportato in Matteo, esorta alla vigilanza per l’imminenza imprevedibile del Ritorno del Cristo. Questo Ritorno è descritto chiaramente: il Cristo scenderà dal Cielo al suono della tromba di Dio e alla voce dell’Arcangelo. Dopo risorgeranno i morti in Cristo. Indi i superstiti saranno con essi rapiti sulle nubi per incontrare il Signore e stare sempre con Lui.

LA SECONDA LETTERA AI TESSALONICESI

OGGETTO

Se nella Prima Lettera ai Tessalonicesi Paolo aveva parlato del Ritorno di Cristo, nella Seconda l’Apostolo deve frenare l’esaltazione mistica che aveva pervaso la Chiesa locale in attesa degli eventi finali. Molti Tessalonicesi erano dediti all’oziosa attesa. Per chiarire gli equivoci e per supplire a quanto avrebbe dovuto dire recandosi presso di loro – cosa al momento impossibile- Paolo scrive la Seconda Lettera ai Tessalonicesi.

DATAZIONE

Ciò avvenne tra il 50 e il 51, da Corinto, qualche mese dopo la Prima Lettera ai Tessalonicesi. Al massimo fu scritta agli inizi del 53. E’ la seconda delle Lettere di Paolo.

CONTENUTO E STRUTTURA

Essa contiene un Prologo, due Parti e un Epilogo. Il Prologo (1,1-12) contiene l’indirizzo, il saluto e l’azione di grazia con la preghiera a Dio per i Tessalonicesi. La Prima Parte (2,1-17) è dogmatica: parla della Seconda Venuta di Cristo, dice che sarà preceduta dall’avvento dell’anticristo, insegna che i fedeli non devono pensare che la Venuta sia imminente e che devono essere preparati e costanti nella fede proprio a causa dell’incertezza del tempo del Ritorno. La Seconda Parte (3,1-15) è morale: biasima l’ozio, raccomanda il lavoro, esorta alla virtù e ad evitare i disobbedienti.

DISAMINA FILOLOGICA, CONTENUTISTICA E LETTERARIA

Anche la Seconda Lettera ai Tessalonicesi ha esortazioni pratiche (1; 2,13-3,15) frammiste a indicazioni sulla Parusia e i segni che la precederanno (2,1-12). Essi saranno l’apostasia generale dei popoli cristiani e l’apparire del figlio della perdizione, l’anticristo, che non riconoscerà alcun Dio pretenderà per sé onori divini. La Seconda Lettera ai Tessalonicesi ha, com’è ovvio, grandissime affinità letterarie con la Prima. Questo, sorprendente per alcuni, li ha spinti a ipotizzare che essa fosse opera di un falsario, che avrebbe imitato lo stile di Paolo, per mitigare l’ardore millenarista dei primi cristiani. In realtà Paolo stesso dovette avere questo intento, non essendo lui un millenarista. La ripresa nella Seconda Lettera ai Tessalonicesi dei temi della Prima fa sì che esse si completino e non si contraddicano come qualcuno vorrebbe. Del resto, se Paolo fosse stato un millenarista esagitato, i fatti lo avrebbero contraddetto e il suo magistero non avrebbe avuto da subito tanto prestigio. La Tradizione antica della Chiesa, accanto alla disamina stilistica, attesta l’autenticità della Lettera. In essa Paolo concepisce l’anticristo come una persona riservata per la fine dei tempi, la cui manifestazione è impedita da un ostacolo (2,6), che i Tessalonicesi conoscevano ma che noi non possiamo individuare. A lungo si è pensato all’Impero Romano; potrebbe essere la predicazione del Vangelo. Ma la questione è aperta. In 2,15 Paolo dà il medesimo valore a ciò che insegna scrivendo e a ciò che insegna a voce. Perciò la Chiesa riceve con la medesima devozione sia l’insegnamento orale degli Apostoli o Tradizione sia quello scritto, che è la Bibbia.

IN EPISTULAS AD TIMOTHAEUM

Breve introduzione alle Lettere di San Paolo Apostolo a Timoteo

Le due Lettere di Paolo a Timoteo e quella a Tito sono dette “Lettere Pastorali”. L’argomento e i destinatari, ma anche lo stile e il tono suggeriscono questa classificazione che naturalmente come tutte le classificazioni è parziale. Si tratta, come vedremo, di Lettere autenticamente paoline, nonostante i dubbi di una critica ideologica.

DESTINATARIO

Timoteo fu il discepolo prediletto di Paolo. Nativo di Listra in Licaonia, figlio di un pagano e di una giudea, Eunice, venne alla luce nel 17. Sia lui che la madre che la nonna si convertirono al Cristianesimo. Timoteo, che conosceva le Scritture avendo ricevuto una educazione ebraica anche se non la circoncisione, divenne per Paolo, passato per Iconio e Listra, un supporto valido. L’Apostolo lo fece circoncidere per la sua parziale origine ebrea. Subito dopo gli conferì i sacri ordini. Lo associò talmente a sé che la Lettera ai Filippesi, quella a Filemone e la Seconda ai Tessalonicesi vede come mittenti associati sia Paolo che Timoteo. Questi rimase a Berea quando Paolo, nel 52, fu costretto a lasciarla per le persecuzioni giudaiche. Fu poi ad Atene col suo mentore, che però lo spedì presto a confortare i Tessalonicesi perseguitati. Da lì rientrò presso Paolo e lo seguì a Corinto. Da qui Paolo andò a Gerusalemme e a Efeso, da dove spedì Timoteo in Macedonia con Erasto. Ebbe la missione di visitare anche Corinto. Quando rientrò in Asia, Paolo lo ricondusse con sé nuovamente in Macedonia e Acaia. Timoteo lasciò l’Apostolo a Filippi per poi ricongiungersi con lui a Troade. Quando Paolo fu arrestato in Palestina e poi tradotto a Roma, probabilmente Timoteo gli stette accanto per tutto il tempo. Lui stesso fu imprigionato e confessò la sua fede, ma non fu martirizzato. Ordinato vescovo per una precisa indicazione dello Spirito Santo, ricevette da Lui molti carismi taumaturgici e miracolosi. Quando Paolo tornò in Oriente da Roma, lasciò Timoteo ad Efeso per reggere la Chiesa locale, per cui, come attesta Giovanni Crisostomo assieme ad altri Padri, egli fu il primo vescovo di Efeso, forse durante l’assenza dell’Apostolo Giovanni. La dignità episcopale di Timoteo, in ogni caso, non poteva oscurare quella apostolica del Quarto Evangelista. Timoteo fu un asceta che non bevve mai vino e le cui penitenze compromisero la salute del suo corpo. Prima del martirio di Paolo, Timoteo si recò a Roma per incontrarlo nuovamente. I suoi Atti furono scritti da Policrate di Efeso, ma rimaneggiati tra il V e il VI sec. e rivisti da Fozio. In essi leggiamo che Timoteo fu martirizzato per lapidazione dai pagani, mentre predicava contro la festa idolatrica della Catagogia, il 22 gennaio del 97, sotto Nerva, prima del ritorno di Giovanni in Efeso. Paolino di Nola, Teodoro il Lettore e Filostorgio ci informano che le sue reliquie furono traslate a Costantinopoli nel 356, nella Chiesa degli Apostoli, dopo aver operato tanti miracoli lungo il tragitto.

PRIMA LETTERA A TIMOTEO

OGGETTO

La Lettera rivolge a Timoteo consigli, esortazioni, moniti e insegnamenti per lo svolgimento del suo ministero.

DATAZIONE

L’idea di una natura pseudoepigrafica della Prima (e della Seconda) Lettera a Timoteo, che si evincerebbe dal contenuto e dallo stile, non solo non è sostenibile ad una più onesta disamina dei testi, ma è smentita dalla presenza di frammenti della Prima Lettera a Timoteo a Qumran, ossia 7Q4 che con certezza si identifica con 1 Tim 3, 16-4, 3 e a cui sarebbero avvicinabili 7Q11, 7Q12, 7Q13, 7Q14, come 1 Tim 2,15-3,1; 3,1-2; 3,15; 3,7. Siccome Qumran fu distrutta nel 68, la Lettera in questione è senz’altro paolina. Peraltro la datazione paleografica la colloca al 50 ca., per cui sorge il problema della sua collocazione nella vita dell’Apostolo. Tradizionalmente considerata successiva alla Prima Prigionia Romana di Paolo (come da me convenzionalmente riportato nella breve nota biografica sull’Apostolo), alla luce di questi dati essa è da considerarsi invece anteriore.

La cronologia del Robinson poneva la Prima Lettera a Timoteo tra il 52 e il 57, ma forse si può essere più precisi.

Il riferimento in 1,3, “quando stavo partendo per la Macedonia ti ordinai di rimanere ad Efeso”, farebbe il paio con 20,1, dove Paolo si reca in Macedonia da Efeso. La ricostruzione degli eventi accaduti in quel lasso di tempo, compresa la vicenda di Alessandro in 1 Tim 1,20, è tuttavia difficile perché il racconto di Atti 20 è condensato. Durante l’intervallo, Paolo andò forse a Corinto e ritornò anche a Troade. Non sappiamo quindi da dove scrisse a Timoteo, forse da Corinto o più probabilmente da Troade. In tale contesto, la data più probabile è l’autunno del 55, retrodatando un poco la prima partenza paolina da Efeso; vi sono peraltro parole simili a quelle del Discorso paolino di At 20,1. Questo slittamento di appena cinque anni rispetto alla data di riferimento massimale della identificazione paleografica è senz’altro possibile e plausibile. Una datazione al 50 preciso creerebbe infatti non pochi problemi, in quanto nel Secondo Viaggio Paolo non passò per la provincia d’Asia e non si capirebbe perché volesse che Timoteo vi rimanesse, né perché questi vi fosse giunto.

CONTENUTO E STRUTTURA

La Lettera contiene pensieri molto personali e ha un registro assai affettuoso. Non si può riprodurre l’ordine soggettivo suo proprio in una struttura specifica. Distinguiamo un breve prologo, una sezione centrale di intrattenimenti paterni e l’epilogo. Nel Prologo abbiamo l’indirizzo e il saluto. La sezione centrale si può suddividere nell’ordine di combattere i falsi dottori (1,3-20), nei precetti da seguire nella preghiera pubblica e nel culto (2,1-15), nelle caratteristiche dei sacri ministri (3,1-16), nel comportamento da tenersi con gli eretici (4,1-16) e con le varie categorie dei cristiani (5,1-25), in nuovi moniti contro i falsi dottori e avvisi particolari (6,3-19). L’Epilogo (6,20-21) contiene le ultime accorate e brevi esortazioni.

DISAMINA CONTENUTISTICA, FILOLOGICA E LETTERARIA

Le Lettere a Timoteo e quella a Tito sembrano strettamente legate tra loro. Ma il legame spaziale con cui di solito le si connetteva facendole dettare tutte da Roma durante la prigionia del loro Autore è stato sciolto dalla datazione paleografica della Prima a Timoteo: qualunque datazione diamo alla Seconda, questa è separata da quella da un certo numero di anni, dai tre ai dieci, in base all’epoca alla quale la iscriviamo. Ma su questo avremo modo di ritornare. In ogni caso, la Prima a Timoteo comunica, come le altre Pastorali (dizione risalente al XVIII sec.), direttive per l’organizzazione e la condotta delle Chiese fondate da Paolo. Lo sviluppo ecclesiastico che essa attesta non è affatto incompatibile con il periodo in cui sono state scritte, anche perché essa – con le altre Pastorali – è l’unico documento veramente esauriente nella descrizione della Gerarchia del I sec. prima del 70. Vescovi e presbiteri sono palesemente in una fase del loro sviluppo storico in cui i primi reggono collegialmente le Chiese, distinguendosi in modo chiaro ma non marcato dai secondi, secondo una formula non ancora pienamente monarchica. Ciò è dovuto al fatto che l’Apostolo Paolo era considerato, al pari degli altri suoi colleghi, il vero capo delle Chiese da lui fondate, e nessuno si arrogava da solo un’autorità in esse; tanto più che Paolo agiva tramite dei delegati, appunto come Timoteo, che finchè il Fondatore fu vivo girarono più sedi per suo conto e che, non appena questi morì, si legarono ad una comunità aprendo così la serie episcopale monarchica. In ogni caso, i tre gradi dell’Ordine Sacro, Episcopato Presbiterato Diaconato, sono chiaramente attestati nella Prima a Timoteo. L’Apostolo nella Lettera raccomanda di custodire il deposito della fede e la sana dottrina, con un accento non prosaico ma prudente, e quindi perfettamente adatto, in questa sede, ad un grande teologo come lui. Paolo era impressionato dal pullulare degli errori giudaici, delle questioni oziose (6,4), dei vani problemi, delle favole e genealogie senza fine (1,4.14), delle prescrizioni inflessibili (4,3), ben attestati nei testi della letteratura giudaica antica anteriore alla Distruzione del Tempio. Sono i medesimi errori contro cui sarebbe stata scritta la Lettera ai Colossesi. Non si tratta dunque dello gnosticismo del II sec. e non può essere adoperato, come spesso si fa, per proporre una pseudoepigrafia della Lettera. Analogamente, sebbene lo stile non abbia il turgore, la foga, la ricchezza sovraccarica delle altre Lettere non pastorali, la sua regolarità scorrevole è perfettamente compatibile con lo scopo e l’animo della Lettera e confacente con la formazione morale e culturale di un uomo come Paolo, capace di toccare corde espressive diverse a seconda delle circostanze. Anche il vocabolario è diverso, per cui alcuni, a mio avviso in modo soverchio, hanno ipotizzato un ruolo marcato dei segretari nella redazione della Prima Lettera a Timoteo, magari di Luca col quale sembrano riscontrarsi assonanze stilistiche, onde giustificare le differenze con le altre Epistole. Non sono mancati tentativi di individuare diversi biglietti che sarebbero confluiti, con aggiunte, nella stesura definitiva, ma tutti frustrati. In realtà questa Lettera dimostra una chiara unità compositiva. Lo stile è più fluido, senza tanti ebraismi, senza parti dogmatiche e polemiche, ricco di affettuosità e con rapidi moti del cuore. Non mancano però asserzioni dottrinali di grandissima importanza: la volontà salvifica universale di Dio (2,4), il primato dell’uomo sulla donna (2,11) e la sua esclusione dal sacro ministero (2,10-11), la definizione del corpo delle verità rivelate quale deposito della fede (6,20) e del ministero episcopale come custodia dello stesso deposito, e quindi come magisteriale (6,20).

SECONDA LETTERA A TIMOTEO

OGGETTO

La Lettera ha ancora come scopo di riferire varie esortazioni consigli e moniti e precetti a Timoteo, unite a profezie sulla morte di Paolo e sull’avvenire della Chiesa.

DATAZIONE

Di solito questa Lettera è datata alla Seconda Prigionia Romana di Paolo, nel 67. In tale data Timoteo doveva trovarsi ad Efeso, ma vi era anche Giovanni, al quale pare strano che Paolo non rivolgesse alcun saluto. Tuttavia la menzione di cristiani efesini non lascia dubbi sul luogo dove si trovava Timoteo. La data corrispondente topica è Roma, come attestano i saluti di cristiani romani a Timoteo. L’Apostolo sembra consapevole di una fine imminente (4,6-8) ma non ne è certo completamente, in quanto formula richieste molto precise che suppongono una possibilità di sopravvivenza (4,13). L’Apostolo sembra esser giunto a Roma da un percorso che includesse Corinto e Mileto (4,20). Ma la menzione di Marco, di cui Paolo chiede la presenza, costituisce un problema, in quanto l’Evangelista morì ad Alessandria nel 62-63. Il Robinson pone la composizione della Lettera a Cesarea nel 58. Il latore potrebbe essere il diacono Tichico, di cui Paolo dice di averlo mandato ad Efeso. Questa missione di Tichico potrebbe essere quella del 58, quando portò la Lettera agli Efesini, o una terza del 67. Non quella del 61-63, quella per portare la Lettera ai Colossesi, perché questa missiva ha come mittenti Paolo e Timoteo stesso. Nel primo caso però dovremmo rigettare l’asserto per cui Timoteo stette accanto a Paolo per tutto il tempo della Prigionia cesariense e romana. Tale ipotesi è corroborata dal fatto che anche la Lettera ai Filippesi, che potè essere scritta da Cesarea nel 58, ha come mittenti Paolo e Timoteo. Si crea dunque un breve periodo, iniziato nel 58, in cui – in concomitanza alla Lettera agli Efesini- Timoteo si allontana da Paolo. Anche il Robinson pone la composizione della Lettera nel 58. In questa prospettiva, i luoghi di Corinto e Mileto sono stati attraversati non per andare a Roma ma, nel Terzo Viaggio, per tornare a Gerusalemme. Analogamente, come per la Lettera ai Filippesi, i cristiani romani che salutano Timoteo potrebbero essere semplicemente dei missionari giunti a Cesarea, magari per incontrare Paolo già determinato ad appellarsi a Cesare e che quindi essi avrebbero accolto quando fosse giunto nella Capitale, o semplicemente per esprimergli la loro solidarietà. In questo caso la composizione slitterebbe di un paio di anni, al 60, quando l’appello fu formulato. In questa data, Marco era ancora vivo. Questi, chiamato da Timoteo, avrebbe raggiunto poi Paolo come attesta la Lettera ai Colossesi, a Roma. Da qui Marco avrebbe lasciato Roma per Alessandria, trovandovi la morte. Concludendo, se la datazione cronologica al 67 e quella topica a Roma hanno la maggioranza dei consensi, personalmente ritengo che la tesi di una datazione al 58-59 e di una composizione a Cesarea sia suffragata da più elementi.

CONTENUTO E STRUTTURA

La Lettera ha un prologo, svariate esortazioni, alcune istruzioni e un epilogo. Il Prologo (1,1-5) contiene l’indirizzo, il saluto e l’azione di grazie. Le esortazioni (1,6-2,13) sono rivolte a rendere feconda la Grazia del Sacerdozio, sull’esempio di Paolo e mercè la Resurrezione di Cristo. Le istruzioni (2,14-4,8) riguardano le eresie da combattere, restando fermi nella dottrina ricevuta, nella predicazione del Vangelo e nell’adempimento del proprio dovere. L’Epilogo (4,9-22) serve a chiamare Timoteo laddove Paolo si trova, a dargli informazioni e a dare saluti svariati.

DISAMINA CONTENUTISTICA FILOLOGICA E LETTERARIA

E’ una Lettera ancora più intima e personale della Prima, ricca di accenti di tenerezza. Il parere di alcuni, che considerano la Lettera un falso storico perché le circostanze della prigionia romana descritta nella Lettera non corrispondono a quella contenuta negli Atti, è ovviamente oppugnabile col fatto che Paolo fu prigioniero a Roma una seconda volta. In questo contesto, è inevitabile vedere nella Lettera il canto del cigno e il testamento di Paolo. Per gli aspetti contenutistici e stilistici vale quanto detto per la Prima Lettera a Timoteo.


Theorèin - Luglio 2015