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III Lezione

 


L’espulsione del corpo dalla filosofia, lo ritroviamo per bocca di Scorate non solo nel Fedone, ma anche nella Repubblica. (Libro VI par. II).

"Le nature filosofiche amano sempre una disciplina che sveli loro un po’ di quell’essenza che perennemente è e che non subisce le vicissitudini della generazione e della corruzione".

Ciò che effettivamente deve conoscere qualcosa (la verità) è l’anima.

La verità è tutto ciò che non è vita organica; tutto ciò che è corruzione e vita, è falsità (libro VII cap. IV).

Ognuno di noi deve staccarsi dal mondo della generazione e diventare tutta anima, abolendo in pratica tutto ciò che è corpo.

Nello stesso capitolo, Platone parla anche di un’operazione di amputazione fin dall'infanzia dell’anima rispetto al carcere in cui era chiusa dalle masse plumbee che le sono attaccate addosso, masse che le impediscono di conoscere la verità.

"Supponiamo che, con una operazione eseguita fin dall’infanzia, questa virtù dell’intelligenza fosse amputata tutto intorno di quelle masse plumbee che appartengono al mondo della generazione e che le stanno addosso con gli alimenti, i piaceri e simili golosità, tutte cose che fanno volgere in giù, lo sguardo dell’anima".

Il corpo è falsità assoluta. Il mondo della verità sarà attinto dalle varie anime; si può pensare che saranno diventate una quando la vita organica sarà sparita dal pianeta. Si legge nel libro VIII al capitolo 8:

"Un filosofo deve per forza apprendere calcolo e aritmetica perché, uscendo dal mondo della generazione, deve raggiungere l'essere, salvo rinunciare per sempre ad essere un vero calcolatore".

Come mai questa intromissione della matematica? Fare filosofia, e quindi le parole della filosofia, deve essere qualcosa di non afferente alle cose materiali, quindi Socrate presuppone anche un tessuto di parole che non suscitino l’idea di qualcosa di corporeo, quindi non si dovrà parlare empiricamente, (es. Lucia mi piace) ma dell’astratto, ossia qualcosa di allusivo che può farci venire alla mente ciò di cui si vuol parlare (quindi un tessuto di parole astratte).

Se diciamo la parola ragno, si pensa al ragno in sè per sé; se diciamo invece insetto, la parola perde un po’ perchè la nostra immaginazione comincia a vagare; possiamo dire insetto usando un termine scientifico, e già questo ci fa pensare meno agli insetti empirici.

Il linguaggio è quindi, già molto più astratto ma più astratta ancora è la matematica; quindi la matematica è filosofia.

Tutto il linguaggio poetico invece è costituito da un linguaggio completo non astratto ed è l’antitesi del linguaggio matematico.

Leopardi lo comprende e scrive: "l’analisi è l’opposto della poesia".

La matematica è quindi l’opposto dell’immaginazione.

Una violenta ripulsione della vita corporea porta ad una continua astrazione che è la filosofia.

In questa situazione socratica è insita la natura occidentale.

Il filosofo deve quindi imparare la matematica.

In Socrate appare un aspetto di doppiezza. Da una parte è un personaggio sobrio con un rapporto di grande distacco dal lusso, dal sesso, dai soldi (nel senso del tutto orale); ma dall’altra si riscontra anche un aspetto stoico, e come sappiamo lo stoico non deprime il corpo anzi lo esalta.

Si racconta infatti dell’episodio in cui si mise all'aperto sotto la neve per dimostrare la propria resistenza, è questo è senz’altro un aspetto stoico.

L’atto di parlare rappresenta già un trionfo del corpo; il fatto che Socrate non abbia lasciato niente di scritto, è un contrasto, in quanto la comunicazione orale è legata al corpo e lo scrivere è uno dei modi migliori per estrarsi dal corpo.

Scriverà Leopardi: "l’analisi del mito è la fine della storia".


Theorèin - Luglio 2002
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