LA SFIDA DI CARTESIO E LA RISPOSTA DI VICO
A cura di: Mario Della Penna
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V Lezione

LE REGOLE DEL NUOVO METODO

Avendo studiato da giovane la logica e tra le matematiche, l'analisi dei geometri e l'algebra, mi accorsi che erano modelli insufficienti. Bisognava cercare qualche altro metodo che fosse esente dai loro difetti.

LA PRIMA REGOLA: L'EVIDENZA O CHIAREZZA E DISTINZIONE

Non accogliere mai nulla per vero, che non conoscessi evidentemente esser tale.

LA SECONDA REGOLA: L'ANALISI

Dividere ciascuna delle difficoltà che esaminassi, in tante parti quante fosse possibile per risolvere meglio le difficoltà stesse.

LA TERZA REGOLA: LA SINTESI

Di condurre con ordine i miei pensieri, cominciando dagli oggetti più semplici e più facili a conoscere, per salire a poco a poco, come per gradi, sino alla conoscenza dei più composti.

LA QUARTA REGOLA: L'ENUMERAZIONE COMPLETA

Far dappertutto delle enumerazioni complete che fossi sicuro di non omettere nulla.

LE MASSIME DELLA MORALE PROVVISORIA E L'ESERCIZIO DEL METODO

La prima regola è fondamentale laddove si parla di chiarezza e distinzione. Ma in base a che cosa si può affermare che una idea chiara e distinta sia vera? Per vera nel linguaggio cartesiano s'intende che corrisponde alla realtà. Questa è una problematica che va risolta in sede filosofica. Se non è affidabile questa prima regola crolla tutto il metodo. Il non aver ancora costruito un proprio sistema, accertato alcune verità di fondo, può portarci ad un disorientamento? No dice Cartesio, bisogna provvedere ad una morale provvisoria. La terza parte quindi è dedicata proprio alla morale provvisoria. Cartesio usa la metafora del costruire una casa, o meglio del ricostruire.

«Non basta, prima di cominciare a ricostruire la casa ove abitiamo, abbatterla, ma occorre anche essersi provvisto di qualche altra casa nella quale si possa alloggiare durante il tempo che si lavorerà alla nuova; così, per non rimanere irresoluto nelle mie azioni, mentre la ragione mi obbligava ad esserlo nei miei giudizi, e per non lasciare nel frattempo di vivere quanto più felicemente potessi, mi formai una morale provvisoria». (10)

La "morale provvisoria" sarà allora irrazionale, arbitraria? No. Tanto è vero che Cartesio si accinge a giustificarla. Tale giustificazione è fondata sui motivi che la ragione ha, fin d'ora, a sua disposizione. Giacché la situazione dell'uomo che si propone l'indagine filosofica, non è certo quella di dover passare dallo stato irragionevole a quello ragionevole, ma solo di perfezionarsi in quest'ultimo. Se c'è un certo radicamento della morale nella metafisica, in questa morale è essenziale il fine. Quando Cartesio dice di "non lasciare nel frattempo di vivere quanto più felicemente potessi" è implicito che il fine è la felicità. Cartesio poi passa alla enunciazione delle massime.

LA PRIMA MASSIMA

Di obbedire alle leggi e ai costumi del mio paese, osservando costantemente la religione nella quale Dio m'ha fatto la grazia d'essere istruito fino dalla mia infanzia, e regolandomi in ogni altra cosa secondo le opinioni più moderate e più lontane dagli eccessi, che fossero comunemente messe in pratica dai più assennati di coloro coi quali avrei dovuto vivere. (11)

Questa massima ha una sua ragionevolezza. Vi si dice che non è lecito uscire dalla tradizione se non si è raggiunta l'evidenza razionale della necessità di uscirne. Non c'è via di mezzo tra il dare e il non dare l'assenso, pertanto quella sospensione verrebbe a cadere dal lato del rinnegamento. Quando guardo i più saggi dice Cartesio, non debbo guardare solo quello che dicono ma quello che fanno; non solo perché nella corruzione dei nostri costumi c'è poca gente che voglia dire tutto quello che crede, ma anche perché parecchi l'ignorano essi stessi. Fra parecchie opinioni egualmente ammesse, io non sceglievo che le più moderate; sia perché queste sono sempre le più comode per la pratica, e verosimilmente le migliori, ogni eccesso essendo di solito cattivo; sia anche per allontanarmi dal retto cammino, nel caso che fallissi, meno che se, avendo scelto uno degli estremi, fosse stato l'altro che sarebbe stato necessario seguire. Gli eccessi sono tutte le promesse con quali si toglie qualche cosa alla propria libertà.

LA SECONDA MASSIMA

Era quella di esser più fermo e risoluto che potessi nelle mie azioni e di non seguire meno costantemente le opinioni più dubbie quando mi ci fossi una volta determinato, che se esse fossero state sicurissime. (12)

Cartesio fa l'esempio di una foresta: immaginiamo di trovarci smarriti in qualche foresta; per uscirne come dobbiamo fare? Se andassimo girando ora da una parte ora da un'altra non ne usciremmo mai;   ma se camminiamo sempre quanto più dritti in una sola direzione con questo mezzo arriveremo almeno alla fine in qualche parte. E aggiunge: giacché spesso le azioni della vita non tollerano alcuna dilazione, è una verità certissima che, quando non è in nostro potere discernere le opinioni più vere, dobbiamo seguire le più probabili. Di ispirazione stoica, la terza massima, dove possiamo trovare alcuni passi simili nel Manuale di Epitteto.

LA TERZA MASSIMA

Era di sforzarmi sempre di vincere me stesso piuttosto che la fortuna, e di cambiare i miei desideri piuttosto che l'ordine del mondo; e, generalmente, di abituarmi a credere che non c'è nulla che sia interamente in nostro potere tranne i nostri pensieri. (13)

Siccome noi abbiamo potere sui nostri pensieri possiamo incidere anche sui nostri desideri. E ciò mi sembrava essere sufficiente per impedirmi di desiderare in avvenire nulla che non potessi conseguire; e per rendermi, così contento. Siccome la nostra volontà non è portata naturalmente in qualche maniera come possibili, è certo che, se noi consideriamo tutti i beni che sono fuori di noi come egualmente lontani dal nostro potere, non avremo maggior rammarico di mancare di quelli che sembrano esser dovuti alla nostra nascita. 


(10) R. Descartes: Discorso sul metodo - La Scuola pag. 56
(11) Ibidem pag. 56
(12) Ibidem pag. 58
(13) Ibidem pag. 58

Theorèin - Marzo 2004