L'ALTA VAL PESCARA NELL'OTTOCENTO 
dai resoconti dei viaggiatori tedeschi
A cura di: Virgilio Cesarone
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Capitolo 2

I viaggiatori tedeschi in Italia

Conosci il paese,
dove fioriscono i limoni?

Goethe


Non è certo questo luogo per cercare di analizzare le complesse trame di fascino e rifiuto, di attrazione ed antipatia intessute nel corso degli ultimi secoli tra l’Italia e la Germania. Tenteremo solo di analizzare brevemente la Sehnsucht per l’Italia, ossia quel sentimento misto di desiderio e nostalgia per qualcosa che si è perduto, che spinse, e spinge tuttora, molti tedeschi a varcare le Alpi.

Nonostante le differenze tra i due popoli siano di fatto enormi - si pensi solo alla lontananza fonetica e sintattica della lingua tedesca rispetto a quella italiana – è indubbio che il rapporto tra le due nazioni non si basi esclusivamente su di una vicinanza geografica. Abbiamo già visto precedentemente come il viaggio in Italia rappresentasse il momento finale per il completamento della propria formazione culturale, ed è un dato di fatto che i grandi rappresentanti della cultura tedesca si siano confrontati con l‘Italia e con quello che essa rappresentava.

I viaggi in Italia subirono nel corso degli anni una variazione, dovuta, come abbiamo già detto, alle mete ed all’interesse che sorgevano nel viaggiatore. Proprio per questo i tempi del Grand tour erano studiati per trovarsi ad esempio a Roma durante la Settimana Santa, a Napoli o a Venezia per Carnevale, ed a Venezia per il giorno dell’Ascensione. Il Sud veniva visitato solo d’inverno ed evitato accuratamente d’estate a causa del pericolo rappresentato dalle febbri malariche. Il passaggio da un viaggio, mosso soprattutto da motivi religiosi, ad uno volto alla ricerca delle tracce dagli antichi, avvenne in Germania soprattutto per opera del Winckelmann, il quale viaggiò senza posa attraverso l’Italia con l’intento di rinvenire le tracce della civiltà greco-romana persino nei tratti somatici e nei costumi della popolazione. Proprio il rinnovato interesse per la civiltà pre-cristiana fu il motivo principiale che regnò nella cultura del XVIII secolo; ed a tal proposito ricordiamo come dal 1734 fu visitabile il museo Capitolino e dal 1771 quello Pio Clementino, mentre nel 1738 si iniziò a scavare a Pompei e nel 1771 ad Ercolano; a ciò si deve aggiungere che la concorrente dell’Italia dal punto di vista del viaggio culturale, la Grecia, non era visitabile a causa della presenza ottomana. Anche il Goethe, pur fornendo un modello completamente nuovo di letteratura di viaggio, fu influenzato da questo modo di osservare la realtà italiana. Completamente diverso fu al contrario lo sguardo e l’atteggiamento dei Romantici: l’attrazione per il Sud e l’esigenza di un completamento appartengono secondo questi alla natura dell’uomo settentrionale. La Sehnsucht romantica resta fondamentalmente priva di un vero e proprio oggetto di desiderio, malgrado i motivi fondamentali per i viaggi dei Romantici rimangano ancora sia l’incontro con una natura esotica e non ancora “addomesticata”, sia lo stile di vita mediterraneo. Il viaggio dei Romantici infatti fu spesso privo di una meta concreta; l’Italia diviene così un’esigenza spirituale dell’esistenza e l’arrivo nel nostro paese l’unica possibilità di colmare questa sorta di incompletezza interiore; a questo atteggiamento segue naturalmente un sostanziale disinteresse per la vera realtà italiana. E’ stato acutamente osservato come presso i Romantici "la natura non diventa oggetto di osservazione, o meglio non di un’osservazione scientifica, ma viene interpretata come una sostanza dotata di vita. Così questi animati paesaggi dei Romantici ci si presentano in contorni vaghi, che si dissolvono in tonalità di colore ed effetti luce. L’Italia parla ai Romantici in misura minima attraverso forme e linee, maggiormente attraverso colore e luce. (1)

La percezione della realtà era guidata dunque da una sensibilità estetizzante che dissolveva lo spazio in un variegato cromatismo. Tutto questo portava conseguentemente all’impossibilità di vedere appagata la stessa spinta emotiva che portava in Italia i viaggiatori con tali sentimenti: essi cercavano un’Italia molto spesso inesistente, frutto di una fervida immaginazione, come appunto quella romantica, che non teneva conto della realtà delle cose. D’altro canto anche la ricerca delle vestigia passate era spesso vana e sterile, così che anche i cultori dell’arte greco-romana sovente si trovavano di fronte non i templi immaginati, ma solamente cumuli di rovine invase spesso dalla vegetazione e dai greggi. Tuttavia proprio queste rovine portavano i Romantici tedeschi ad immergersi in un passato di sogno, sull’onda del rinnovato interesse per la storia che vide proprio nella Germania di questo periodo il fiorire della storiografia; fu infatti l’interesse storico che fece riscoprire un periodo come quello medioevale, trascurato dal Neoclassicismo.

In base agli studi storici i Romantici cercarono di interpretare il presente tenendo conto del passato; il loro sguardo sui costumi italiani si basava dunque sui riferimenti storici tra le varie epoche. Così il modesto presente della nostra penisola veniva compreso con la prospettiva storica delle invasioni straniere e della continua frammentazione del territorio italiano. E’ in quest’epoca che si fonda il giudizio, rimasto pregiudizio fino ai nostri giorni, del popolo italiano come popolo decadente. Tale attributo però non deve essere inteso in senso esclusivamente negativo; decadente è infatti quell’individuo dotato di un particolare senso estetico, che vive con forza ed energia la sua voglia di avventura e di libertà. Tale è il ritratto del grande artista, ma anche del malfattore, quindi di uomini che si muovono al di fuori di ogni ordine sociale: “Generalmente la maggior parte degli Italiani risulta essere caratterizzata a due segni: da una parte appaiono come i rappresentanti di una libertà individuale senza limiti, a cui rimane sconosciuto un principio morale; dall’altra mostrano una generale superiorità sui tedeschi, che diventa sempre creatrice di spunti letterari, dove questa superiorità viene vista sopratutto in ambito artistico o spirituale”. (2)

Qualcuno come Jacob Grimm, il più giovane dei famosi fratelli, fece risalire il carattere italiano agli influssi climatici: 

(…) senza dubbio l’Italiano deve alcune vantaggiose proprietà al permanente abitare della propria stirpe in una natura bella e mite. Presi tutti i popoli dell'odierna Europa, non si può misconoscere che all’Italiano è proprio lo stile di vita più naturale e libero. Già i suoi gesti giocano liberi e senza impedimenti, egli si differenzia vantaggiosamente dall‘affettato ed esagerato Francese, dal festoso Spagnolo, dal presuntuoso Inglese e dal maldestro Tedesco. (3)

Al di là della veridicità o meno delle affermazioni del Grimm, è da notare come tali opinioni facessero parte del patrimonio culturale tedesco, come dimostra il seguente passo di Victor Hehn (1813-1890), lo storico della cultura considerato tra i maggiori prosatori tedeschi per la capacità di coniugare vivaci rappresentazioni alla sua profonda erudizione: 

L’Italiano, qualsiasi lavoro egli faccia, rimane sempre pienamente e completamente una persona. I motivi di questa impressione sono molteplici. Innanzitutto il clima mite, il soggiornare all’aria aperta, quindi i costumi più liberi, il senso sociale. I bambini, corrono ovunque quasi nudi; l’età della giovinezza trascorre quasi interamente per la strada; il caldo sole invernale risplende sia per il povero contadino che per l’abbattuto affittuario; l’asino porta i pesi per lui; i suoi vestiti sono per lo più dei miseri panni avvolti, in cui le membra si muovono liberamente; la sua donna non è avvolta in cento fasce e scialli, egli stesso non lo è in pantaloni e giubbe pieni di bottoni, ed in enormi cilindri di pelle, chiamati stivali, fatti entrare per forza, come altrove contadini e contadine; entrambi non si seppelliscono di notte sotto terribili letti di piume d’oca, in cui non c’è traspirazione. Il calzolaio, il sarto, tutti gli artigiani lavorano quasi interamente per la strada. (4)

D’altro canto non mancano le descrizioni dei tanti vizi degli Italiani: ad esempio l’allora situazione storica italiana dipenderebbe da una fondamentale codardia e dalla scarsa attitudine del popolo italiano - con l’esclusione dei Piemontesi - alla vita militare. Inoltre pur essendo l'Italia il paese in cui il papato ha la propria sede, il popolo non vive in profondità la religione (critica che va interpretata tenendo conto del diverso approccio del protestante alla religione), ed esso sarebbe fondamentalmente semi-pagano. Possiamo ben dire che se è vero che i viaggi in Italia fecero conoscere il nostro Paese in Germania ed attirarono centinaia di visitatori, è anche vero che fu proprio in questo periodo che nacquero molti pregiudizi sugli Italiani che si tramandano ancora tra popoli d’oltralpe.


(1) PETRA e MANPRED HARDT Ciao, bellezza - Deutsche Dichter ùber Italien, Mùnchen 1988, p. 16 
(2) Ivi, pI8. 
(3) JACOB GRIMM, Italienische und Skandinavische Eindrùcke (1844), in Die gro3en Deutschen in Italien, a cura di H.Nette,Wittich, Darmstadt 1938, p. 16. 
(4) VICTOR HEHN, Italien - Ansichten und Streiflichter (1864), Berlin 1909-10, p.86-87.


Theorèin - Aprile 2003