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Titolo: Trilogia della città di K.
Autore: Kristof Agota Edizioni: Einaudi 2000 | ||
Mi aggiro tra gli scaffali di una libreria di Roma e mentre guardo con occhi sufficientemente distratti le copertine dei libri nei bei ripiani della nuova libreria, il mio sguardo si posa su un titolo che mi ricorda un libro letto molti anni fa: Trilogia della città di K. Il nome dell’autrice non mi dice nulla, il titolo mi rimanda a Trilogia di New York di Paul Auster, un bellissimo libro che ho regalato molte volte.
Incuriosito dal titolo apro il libro e, come solitamente faccio quando non conosco assolutamente l’argomento o l’autore, comincio a leggere. “Arriviamo dalla Grande Città. Abbiamo viaggiato tutta la notte. Nostra Madre ha gli occhi arrossati. Porta una grossa scatola di cartone e, e noi due una piccola valigia a testa con i nostri vestiti, più il grosso dizionario di nostro Padre, che ci passiamo quando abbiamo le braccia stanche.
Camminiamo a lungo. La casa di Nonna è lontana dalla stazione della Piccola Città. Qui non ci sono tram, né autobus, né macchine. Circolano solo alcuni camion militari.
I passanti sono pochi, la città è silenziosa. Si può udire il rumore dei nostri passi; camminiamo senza parlare, nostra Madre tra noi due…”
Penso, sarà un grande libro. Lo compro. Torno a casa lo registro nel mio archivio e lo inserisco nello scaffale dei libri da leggere. Dopo circa una settimana parto per lavoro e porto con me Trilogia della città di K. Inizio a leggere in aeroporto e quando arrivo in Spagna sono già oltre la metà. La sera prima di uscire per cena ho finito di leggere Agota Kristof e il suo Trilogia della città di K.. Ho pensato di farvi questo resoconto per trasmettervi l’entusiasmo e la bramosia che ha saputo sprigionare in me la Kritof con questo suo lavoro.
Un libro diretto, crudo. Tagliente come la lama di un coltello. Una scrittura che non ti lascia la possibilità di formulare ipotesi, di pensare a possibili soluzioni ma che ti avvolge e ingloba in un percorso che ti induce a riflettere. A riflettere sul senso della vita e su come sia labile e accidentato il corso della vita stessa. Storie nella storia potrebbe essere il sottotitolo di questo libro. Un paesaggio di desolazione umana e di distruzione fisica che ogni guerra porta nei luoghi e nei cuori delle persone che attraversa. La morte come esperienza quotidiana e soprattutto l’assenza di luce negli occhi dei bambini. Bambini già adulti che superano l’età della fanciullezza per ritrovarsi protagonisti di un mondo adulto che non hanno costruito, che non condividono e che li vede protagonisti indipendentemente dalla loro volontà. Un libro che ti fa riflettere sulla tristezza come condizione di vita e sulle miserie dell’uomo. Storie che non lasciano spazio al futuro come possibilità di riscatto e non lasciano spazio alcuno all’amore. Una prosa scarna che tralascia gli aspetti secondari della vicenda per concentrarsi sull’essenza delle cose. Un grande libro che ci costringe ad interrogarci ancora di più sulle guerre e sui totalitarismi.
Oscar Buonamano Theorèin- Maggio 2005 |