MOVIMENTI RELIGIOSI E REALTA' SOCIALE TRA XI E XII SECOLO
A cura di: Mario Della Penna
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Lezione 11

I Patarini (II parte)

A Milano, l'attività anticlericale, si manifesta più vivacemente da parte di un gruppo di fedeli prevalentemente laici, che sente il diritto-dovere di impegnarsi attivamente nella chiesa, qualora i ministri siano corrotti o indegni.

Sembra in questo modo configurarsi ciò che si definiva il ruolo di supplenza che spetta ad uno dei tre ordines, in cui si ripartiscono i cristiani, quando gli altri due vengono in difetto.

I tre ordines, secondo le opinioni diffuse che troviamo nelle fonti sono: i predicatores, cioè i sacerdoti la cui primaria attività è quella del predicare; i continentes, cioè i monaci che conducono una vita ascetica e continente; i coniugati, ossia i laici individuati in base al loro stato sociale.

Dice Arialdo, capo della pataria milanese, secondo quanto riferisce l'agiografo Andrea da Strumi autore della Vita Arialdi: "se il primo gruppo di sacerdoti tace, devono predicare al loro posto i monaci". Questa è già una posizione abbastanza fuori dai canoni, perchè intorno a tale argomento, c'è tutto un dibattito volto a stabilire, se la predicazione debba essere riservata prevalentemente ai sacerdoti e se debbano essere esclusi i monaci. Per Arialdo, i monaci devono predicare al posto dei sacerdoti indegni, secondo la fonte di Andrea da Strumi, filo patarino, anche i laici devono intervenire. Dice Arialdo "etiam vos (laici) qui idiotes estist ignorique scriptura" (anche voi che ignorate la scrittura potete intervenire).

Per il Violante, ai laici non è assegnata una vera supplenza nella predicazione. Presso i patarini, la predicazione è fatta dai chierici e non dai laici. Nei primi anni neppure è ammessa la predicazione da parte dei monaci. Sono solo i chierici a poter predicare. Ai laici è riservato il compito di denunciare l'errore, il peccato dei chierici, di combattere anche con le armi e di finanziare il movimento.

La fonte dice infatti che i laici devono supplire operibus elemosinarum (con i finanziamenti di elemosine); questo è il ruolo dei laici secondo il Violante. I monaci devono pregare, isolati dal mondo secondo la concezione tradizionale, e i chierici devono predicare. Questo sarebbero i ruoli dei tre ordines secondo il Violante. Non è superata affatto la concezione tradizionale per cui coloro che sono coniugati non possono raggiungere per una sorta di peccato originale derivante dall'essere coinvolti nel matrimonio, la perfezione cristiana. E' opinione diffusa che siano i meriti delle vergini e dei vedovi. Il fatto che i laici siano definiti come coniugati, argomenta il Violante, dimostra che sono ritenuti ad un livello inferiore rispetto agli altri due ordini. Tale opinione viene totalmente capovolta dal Miccoli.

Questi sostiene che in questa fase storica e ideologica, non c'è più una gerarchia come in passato tra i vari strati di vita. Si va affermando la posizione per cui ciascuno dei vari ordines può raggiungere la perfezione assoluta nell'ambito del proprio stato sociale. Anche i laici coniugati, possono raggiungere la perfezione nell'ambito della propria categoria. Ci sarebbe, secondo il Miccoli, un superamento della concezione tradizionale per cui al vertice della vita vere apostolica ci sono i monaci, perchè isolati a meno contaminati dal mondo. Sono opinioni differenti su cui è difficile pronunciarsi. Si tratta di dare maggiore o minore importanza a delle testimonianze sfumate.

Il Violante è uno dei maggiori studiosi della pataria milanese e delle presenze di laici nel loro ambito. Uno suo saggio I laici nel movimento patarino, contenuto in Studi sulla cristianità medievale, precisa la composizione sociale del movimento. Genericamente sono definiti laici e popolari, appartenenti al ceto popolare; egli precisa che l'iniziativa del movimento è clericale. Il fondatore Arialdo è un diacono, istruito alla scuola cattedrale di Milano. Tutti i capi della pataria appartengono all'ordine ecclesiastico con una sola eccezione: Erlembardo, che prima affianca Arialdo, poi gli succede nel 1066, quando questi viene ucciso dagli uomini dell'arcivescovo. Erlembardo è un laico legato ai ceti dei vassalli maggiori, detentori del potere; è un miles e appartiene all'ordine dei capitanei, cioè di quei vassalli che possedevano dei feudi in capite cioè feudi di grande importanza. Il Violante ritiene che  la predicazione anticlericale dei patarini, che puntano la loro lotta contro la ricchezza del clero, certamente doveva trovare maggior seguito presso i poveri; lo testimoniano cronisti ostili alla pataria; agrestes turbas, secondo la fonte, che si attivano a favore della pataria. Secondo il Violante, sono riferiti solo dai cronisti per sottolineare lo scandalo inaccettabile di una rivolta di persone rozze, ignoranti, contro l'autorità dell'arcivescovo. Per evidenziare quindi lo scandalo, la sovversione attuata dai patarini. Non sono invece indicazioni utili a proposito della composizione sociale del movimento stesso.

Una fonte come Landolfo Seniore, totalmente ostile ai patarini, parla del movimento come coesistenza di populi triba maxima e di aliquantum pars nobilium ossia che presso i patarini non ci sono solo i popolari ma anche nobili, appartenenti alla classe dei vassalli maggiori, dei capitanei, ceto legato tradizionalmente all'arcivescovo, di cui spesso, erano vassalli. Poi ci sono testimonianze sulla presenza di ceti medi, che è importante rilevare a Milano in questo periodo, intorno alla metà del XI secolo, che raggruppava per esempio possessori di case, di terreni, monetieri, giudici, notai. Tali ceti medi saranno il nucleo fondatore o propulsore del nascente comune di Milano. Questi sono i fautori dei patarini. Dalla parte dei fautori dell'arcivescovo, che è oppositore della patria, Guido da Velate, troviamo la stessa serie di persone di ceto diverso. Rappresentanti del clero e dei nobili, ma troviamo anche membri degli strati inferiori; quindi diversa estrazione nei due settori avversi.


Theorèin - Gennaio 2005