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INTRODUZIONE
Scritto da Luca (abbreviazione di Luciano o Lucano, nome latino), uomo di cultura greca, discepolo di Paolo, nato pagano ad Antiochia, forse liberto di Teofilo - a cui dedica lo scritto - medico di professione, il terzo Vangelo è in realtà il primo di due libri in cui si raccontano le vicende del cristianesimo primitivo, dominate dalle figure di Gesù, di Pietro e di Paolo. Il secondo libro è quello degli Atti degli Apostoli. Elegante e raffinato, lo stile dell'opera si adatta con finezza ai temi narrati, echeggiando ora il greco semitizzante della LXX, ora la scrittura dei commentari tipo l'Anabasi di Senofonte, ora la fluente prosa di Tucidide. Il materiale è desunto con scrupolo da fonti vagliate accuratamente: i testimoni oculari (probabilmente anche Maria di Nazareth), i vangeli precedenti, altre fonti scritte presinottiche (cfr. l'introduzione al corso), le stesse memorie di viaggio di Luca al seguito di Paolo. Il testo è quello che più di tutti i vangeli, oltre lo stesso Matteo, si avvicina ad una biografia di Gesù in senso moderno. Ha un ricco vangelo dell'infanzia che fa da pendant a quello matteano, ha numerosi miracoli e parabole, tra cui quella del Figliol prodigo, da cui l'animo umano di Gesù, affabulatore delicato e toccante, traspare in tutta la sua dolcezza, per cui bene Dante può dire dell'autore che fu scriba delle mansuetudini di Cristo. In Luca, i fatti della Resurrezione trapassano in quelli della Chiesa, giungendo fino alla Pentecoste. Egli presenta Gesù come un Salvatore universale, che parla a tutti i popoli, e come un taumaturgo misericordioso. Sebbene accorto nella scrittura, Lc rimanda spesso alla tradizione degli altri Vangeli e a quella orale, con a volte silenzi inspiegabili altrimenti.
Lc fu collaboratore di Paolo nei suoi viaggi, si trattenne a Roma e evangelizzò diverse regioni. Morì martire, forse in Tebaide, o Acaia o Bitinia. Certo in Oriente. La questione della datazione è importante anche per il vangelo di Lc, che non ha un frammento come quelli del papiro Magdalen o il 7Q5, che risolvono la faccenda per Mt e Mc. In effetti, il P4 di Parigi (e NON di Barcellona come da me erroneamente scritto, per svista, nell'introduzione, cosa di cui mi scuso con i lettori, come anche della sua arbitraria unione al nome di O'Callaghan) non può essere datato con sicurezza, e va senz'altro dal 60 agli inizi del II sec. Fino a che si credeva che fosse una sola cosa col Papiro Magdalen di Oxford e col Papiro di Barcellona, allora si poteva datarlo agli inizi degli anni 60 - e sarebbe perfettamente coerente con i fatti narrati negli Atti, che terminano per quella data - ma oggi questa tesi è caduta in discredito. Tuttavia il P4 rimane il più antico testimonio di Lc, e su di esso P.W.Confort, in Exploring the Common Identification of the Three New Testament Manuscripts: p4, p64, p67, "Tyndale Bullettin", 46/1 1995, pp. 43-54, ha scritto cose egregie. Dovremo fare allora un pò di critica teorica alla questione della datazione. A che anno possiamo datare il vangelo lucano ? La critica moderna più estremista lo vorrebbe redatto intorno al 90. Tanto varrebbe dire che non è di Luca, che a quella data sarebbe quanto meno morto di vecchiaia...Ne' sarebbe valsa la pena di attribuirglielo in modo fittizio, considerando che l'autore era stato un personaggio secondario dell'età apostolica. Meglio sarebbe stato attribuirlo a Paolo, suo maestro, a cui pure qualcuno lo assegnò. I critici più saggi lo mettono intorno al 70. In realtà è verosimilmente più antico. Stiamo ai fatti: la tradizione patristica dava Mc al 50, Mt greco al 60 e Lc dopo il 60. Essa è stata confermata per Mt e Mc, quindi potrebbe esserlo anche per Lc. E' un indizio. Forte. Inoltre Lc viene datato al 70-90 perchè si crede che certe concezioni teologiche si siano potute formare solo dopo la caduta di Gerusalemme o in genere piuttosto tardi. E chi lo dice? Sono teoremi, non prove. Una tesi - teologica o no - si forma nell'epoca in cui è attestata, e non è di per sè un elemento di datazione. In ogni caso, non filologica. Inoltre, molti episodi lucani che passano come portatori di un significato teologico, potrebbero essere genuinamente storici, se letti senza pregiudizi. D'altro canto la Didakè, che è essa stessa del 90, cita Lc più volte. Dunque nel 90 il Vangelo era già diffuso e autorevole. Abbiamo inoltre un rimando interno, prezioso per la datazione: il riferimento alla prigionia di Paolo a Roma, che interrompe la narrazione improvvisamente, alla fine degli Atti. Logica vorrebbe che il racconto di Lc - composto di vangelo e atti - arrivasse almeno fino al verdetto di Nerone su Paolo. Invece si ferma. Una tale palese incompletezza implica necessariamente una pubblicazione. O almeno una redazione che si arresti a quella data, senza essere poi ritoccata, perchè altrimenti sarebbe stata continuata. E' quindi assai probabile che sia stata pubblicata, intorno alla data della prigionia romana di Paolo (61-62). Tanto più che l'opera avrebbe dovuto descrivere l'arrivo degli Apostoli fino ai confini della terra - presumibilmente la Spagna o le Gallie, dove Paolo pure si recò - e non al centro del mondo - Roma - peraltro in modo incompleto. Qualcosa costrinse Luca a interrompersi, e quindi, se non potè poi completare o far completare, presumibilmente e logicamente, a pubblicare. Vero è che l'opera di Lc fu sottoposta, entro l'inizio del II sec., a un rimaneggiamento, che la scompose in Vangelo e Atti, e che probabilmente tolse il prologo degli Atti. Nulla quindi ci assicura che alcuni passi - compresi quelli sulla Resurrezione - non siano stati modificati in qualche modo. Ma anche qui abbiamo delle obiezioni logiche e filologiche. Chi ha presumibilmente adattato l'opera in due libri separati lo ha fatto per unire il Vangelo agli altri tre, e mettere gli Atti in prosecuzione ad essi. Ossia per canonizzare il racconto. Può uno scriba che svolge questo compito essere predisposto psicologicamente a falsare un racconto ? Non solo, ma se ci fu rimaneggiamento, perchè non la più logica prosecuzione dei fatti di Paolo, almeno fino al primo verdetto di Nerone? Questa aggiunta non avrebbe scandalizzato nessuno, e poteva farsi anche da parte di un epigono. Inoltre, se si intervenne sul testo, si poteva intervenire pure sullo stile, e livellare il greco lucano, che nel vangelo è semitizzante, adattandolo ad un pubblico ormai quasi tutto di cultura greca. Invece non fu fatto, e il testo venne trattato come una reliquia. Cosa dunque permette di credere in una alterazione dei racconti, magari della Resurrezione, fatti in modo peraltro da non lasciare tracce, ossia con un intento falsificatorio ? E a che scopo, visto che già la Chiesa si era consolidata ? Una simile ipotesi è solo una malignità. Ritengo quindi che il Vangelo e gli Atti siano stati completati entro il 62, e pubblicati verosimilmente in quella data, magari prima che il verdetto di Nerone rendesse pericolosa la circolazione di quel materiale con una condanna, che non ci fu. In alternativa, Lc potrebbe aver scritto tutto qualche anno dopo, magari dopo la persecuzione di Nerone, in un tempo tra il 65-70, e aver pubblicato in modo incompleto forse perchè martirizzato, o per altre ragioni ignote. Questa tesi salverebbe l'autenticità del racconto e giustificherebbe la sua incompletezza. Ma non si capirebbe perchè il testo sarebbe stato lasciato incompleto dai discepoli di Lc. Il materiale era senz'altro a disposizione di un volenteroso epigono. I discepoli di Gv fecero così per il Vangelo del loro maestro. Perchè con Lc non si sarebbe fatto ? Non dimentichiamoci dell'integrazione a Marco, con la finale...Solo Lc sarebbe rimasto incompleto ? Ritengo che sia altamente improbabile. Se l'opera è incompleta, lo è perchè l'autore volle così. E se volle così, la pubblicò quand'era ancora in vita, in condizione di scegliere se continuarla lui o farla continuare. Una annotazione merita lo stile mimetico di Lc, ora semitizzante e vicino alla LXX, ora tucidideo, ora degno di un commentario. La scelta tradisce la volontà di restituire l'atmosfera dei tempi. Gesù e il suo ambiente ebraico, come la primissima Chiesa, sono narrati in modo da ricordare lo stile sacro della Bibbia, e con fedeltà a fonti preesistenti. I fatti di Paolo, legati al mondo greco, sono invece narrati con uno stile adatto a quella cultura. Possiamo ora parlare dei fatti della Resurrezione, consci della loro attendibilità. Quando infatti furono scritti, Lc potè parlare con molti testimoni oculari ancora vivi. Se scrisse a Roma, come dice Girolamo, potè confrontarsi con Pietro e forse con Marco. In ogni caso, la memoria dei fatti era troppo recente per modificazioni leggendarie o mitiche. Egli conobbe i Vangeli di Mt e Mc, che integra e a cui fa riferimento. IL RACCONTO Il racconto della Resurrezione di Lc è molto diverso da quello di Mc e di Mt. Infatti della forma veloce non vi è alcuna traccia. Anzi, si può ben dire che la narrazione è lenta, ricca di particolari, pur senza scadere nel prolisso. Il soggetto del v. 24, 1 è lo stesso di 23,55, le Donne. Sono queste donne che ossevano l'ubicazione della tomba, e sono loro a vedere "com'era stato deposto il corpo di Gesù (òs etèthe tò sòma autù)". Questa espressione è molto singolare: è infatti evidente che non ci sono poi molti modi per deporre un corpo in un sepolcro. Quel come si riferisce chiaramente alla modalità della sepoltura, che - in base al riferimento al sabato imminente - dovette essere veloce. Del resto, se ci fosse stato tempo, le Donne avrebbero imbalsamato subito il corpo di Gesù. Invece se ne vanno, perchè già incombeva il precetto del riposo. Nel sommario "come" sono indicati i rapidi e incompleti rituali funerari di Giuseppe di Arimatea, tutti supposti dal telo funerario, e che Gv avrebbe descritto con più cura. Infatti, egli vorrà fornire particolari nuovi, divergenti dallo schema che pur accomuna i sinottici. E questo perchè il tempo trascorreva, e le integrazioni orali dei Vangeli scritti si andavano perdendo. Lc, invece, scrivendo entro il 62, poteva omettere particolari conosciuti. Nessuno, tra i cristiani della prima generazione, si sarebbe chiesto come era stato seppellito Gesù, e con quali rituali imbalsamatori: lo sapevano tutti bene. Come sapevano che il suo corpo non si era mai corrotto. Il racconto dell'imbalsamazione era solo un passaggio logico per giustificare, all'occorrenza, il viaggio al sepolcro delle Donne. Fu solo in seguito che ci si cominciò a chiedere come si trovasse il corpo di Cristo, quando le Donne andarono a visitarlo, ossia se una parziale imbalsamazione fosse già stata intrapresa da Giuseppe. Gv lo puntualizza, com'è ovvio in chi vuole fare una "biografia" nuova, basata su notizie proprie. Lc, che non le aveva, perchè non le aveva vissute, non le dà. Suo intento è solo condurre il racconto dalla Morte alla Resurrezione. La cerniera sono le Donne, e Lc lo mette in evidenza più degli altri evangelisti che lo avevano preceduto, in una prospettiva sempre più umana. La sepoltura di Giuseppe non ha qui dunque alcuna importanza specifica. Le Donne osservano il luogo del sepolcro, la sua sepoltura e se vanno. Mc ha descritto come si procurarono gli aromi, e Lc lo omette, come inutile. Dice che le Donne prepararono gli aromi, intendendo dire che se li procurarono, come dice Mc. Infatti esse non erano delle speziali.. Inoltre, affermando che rispettarono il riposo del sabato, che ormai incombeva, Lc fa sapere di fatto che le Donne approntarono i loro prodotti la mattina presto, come dice Mc, con un dettaglio che una prima frettolosa lettura del Terzo Vangelo sembrerebbe contraddire. Seguendo passo passo il ruolo delle Donne, anche Lc, come Mt, omette tutto ciò che riguarda le guardie, di cui esse nulla seppero in quei frangenti e che non videro. Il racconto delle vicissitudini delle guardie romane si andava diffondendo anche per iscritto tra i cristiani ex gentibus, per la traduzione greca di Mt. Lc non aveva ragione per riprenderlo, forse non era nemmeno prudente. Poco incline a raccontare ciò che gli altri avevano scritto (cfr. il cap. 24) e propenso a completare gli altri due Vangeli sin dai racconti sull'Infanzia - che infatti sono completamente assenti negli altri due - o anche nella scelta di parabole o miracoli particolari, o a condensare ciò che gli altri narrano in dettaglio (cfr. le tre visite di Gesù ai discepoli al Gethsemani, che in Lc diventa una), o a omettere persino fatti della Passione (come Flagellazione e Coronazione di Spine) a vantaggio di altri inediti (come i dettagli sulla Via Crucis o sul processo mattutino o l'episodio del Buon Ladrone), il Terzo Evangelista segue il suo filo narrativo senza cedimenti. Queste tecniche, che alcune cose riprendono e altre omettono di Mt e Mc, integrandole, e precorrendo Gv, che lo integrò a sua volta, attesta la profonda interdipendenza tra i tre sinottici, costruita attorno ad uno schema di fondo comune. Lc, descrivendo il viaggio delle Donne, non parla delle loro preoccupazione per il masso. Non a caso era stata narrata da Mc. La lentoform di Mc in questo frangente viene consapevolmente abbandonata. Dal v. 2, la narrazione si rallenta. Al v. 3, dicendo che, "entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù", Lc c'informa di una paziente ricerca. I verbi "entrate" e "non trovarono" suggeriscono proprio questo: una stupita constatazione. Cosicchè, al v. 4, riprendendo dalla pausa emotiva del v. precedente, Lc delinea l'angelofania, con uno stile di trapasso, nè veloce nè lento, come dimostra l'omissione della visione delle bende per terra, da parte delle Donne, e che invece saranno di lì a poco menzionate per Pietro. Presumibilmente, le Donne erano nella stanza sepolcrale, quando apparvero gli Angeli. Solo in quell'interno poteva aver fine la loro diligente ricerca del corpo. Sostarono evidentemente incerte, come annota l'Evangelista, e poi videro apparire due angeli in vesti sfolgoranti. Mt non aveva parlato dell'ispezione, Mc aveva detto che le Donne videro l'angelo, andando l'uno più piano dell'altro, ma sempre veloci; Lc va piano, e descrive l'apparizione. Lc descrive gli angeli come apparentemente umani. Scopriamo che sono due. Mt e Mc, sempre per la forma veloce, avevano presentato solo l'angelo che parlava. Ora Lc narra nei dettagli, e ce ne mostra due. Più gli anni passano, più gli evangelisti sono fedeli ai fatti storici. Lc omette d'indicare la posizione degli angeli: dettaglio importante, ma descritto da Mc. Dice tuttavia che apparvero accanto alle Donne, per cui esse erano vicino alla nicchia funeraria. Gv ci dice che i due angeli erano seduti uno a capo e l'altro a piedi, quando si mostrarono alla Maddalena. Probabilmente erano in questa posizione anche quando apparvero alle Donne. Lc non descrive l'aspetto degli angeli: ma non doveva essere come la folgore, che fa svenire le guardie in Mt. Incuteva timore, certo, ma non era terrificante. Evidentemente, Mt aveva attinto dalla testimonianza delle guardie. Tuttavia definisce sfolgorante il loro abito, e ciò ricorda Mt. Il loro volto viene tralasciato, per rispetto (l'angelo del Signore, nell'AT, non viene mai descritto). Le Donne si prostrano fino a terra per paura. Non fanno neanche in tempo a fissare in viso gli esseri celesti. Mt e Mc non fecero parola della proscinesi, ma lo stile di Lc glielo permette, e lui lo fa. Come pagano, non vedeva scontata questa forma di venerazione. Se fino a questo punto comparare i sinottici è stato facile, accomunando Lc e Mc in una prospettiva del racconto focalizzata sulle Donne, a differenza di Mt incentrato sull'angelo, e se è stato così possibile creare una corrispondenza inversa tra Lc 24,1-2 veloce - Mc 16, 1-4 lento, e Lc 24, 3-4 lento - Mc 16, 5-6 veloce, adesso, dovendo riportare il discorso degli angeli, ci addentriamo in una problematica più complessa, in quanto l'unico tratto comune tra Lc e gli altri sinottici sono le parole di 24,6a. Il resto non solo discorda, ma da 6b a 7 ha un significato completamente diverso. Non credo che i vv. 6-7 siano un invenzione di Lc, perchè troppo venerabile era per i primi cristiani il messaggio angelico, per poterlo modificare. Del resto, Mt e Mc lo avevano riportato in modo simile, e Lc lo sapeva, tanto più per la sua dipendenza stilistica da Mc già enunziata. Potremmo dunque credere che Lc omise le parole già riportate e ne menzionò altre passate sotto silenzio. Ma da dove verrebbero allora queste novissima verba ? Siccome Lc attribuisce le frasi indistintamente ai due angeli, potremmo ritenere che esse furono pronunziate in parte da uno e in parte dall'altro. Della loro autenticità non bisogna dubitare, per la testimonianza delle Donne, per la scrupolosità di Lc e la sua relativa antichità. Ma allora perchè Mt e Mc le omisero ? Non profanarono forse la memoria del messaggio angelico ? In realtà, essi omettono parole che non annunziano più la Resurrezione, ma ricordano le profezie di Gesù. La forma veloce aveva sacrificato ben altro: apparentemente persino la coerenza, che solo i contemporanei videro, riallacciandosi all'oralità - altrimenti non staremmo facendo tanta fatica..- Forse Mt e Mc riportarono le parole di un angelo solo. Ne darei questa concordanza, partendo da Mt, Mc e Lc. Mt scrive: Non abbiate paura, voi ! So che cercate Gesù il Crocifisso. Non è qui. E' risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: è risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l'ho detto. Mc scrive: Non abbiate paura. Voi cercate Gesù Nazareno, il Crocifisso. E' risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano deposto. Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto. Lc scrive: Perchè cercate tra i morti colui che è vivo ? Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, dicendo che bisognava che il Figlio dell'Uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno. Queste parole mi sembrano più che opportune. Non c'è niente che osti al fatto che siano state pronunziate. Il riferimento alle profezie di Gesù era comprensibile e doveroso. Psicologicamente appropriato. Lo stupore delle Donne lascia intendere che non ci fu suggestione, che in ogni caso non poteva essere esteso a tutto il gruppo. A mio avviso, se le parole di Mt-Mc toccano ad un angelo e quelle di Lc ad un altro, le cose, nella camera sepolcrale, quella mattina misteriosa del 17 nisan del 33, andarono più o meno così: prima appaiono gli angeli, e le donne si prostrano; poi l'angelo di Mt e Mc parla, pronunziando la frase chiave dell'annuncio della Resurrezione: - Non abbiate paura ! [il "voi" di Mt è enfatico]. So che cercate Gesù Nazareno, il Crocifisso [questa formula di Mc ricalca la denominazione popolare di Gesù, ed è a mio avviso preferibile alla più scarna di Mt]. A questo punto, dinanzi all'esterrefatto silenzio delle Donne, interloquisce forse l'altro angelo: Perchè cercate tra i morti colui che è vivo ?. Allora qui l'altro potrebbe aver soggiunto, venendo al sodo: - Non è qui. E' risorto, come aveva detto [questo è il nocciolo dell'annunzio, comune a tutti e tre. La formula di Mt è la più credibile, perchè la più significativa, in quanto aperta alla concordanza con gli apax concettuali di Lc. Infatti, quel "come aveva detto" dà lo spunto a ciò che il Terzo Evangelista riporta per esteso]. A questo punto probabilmente il secondo angelo dice alle Donne incredule: Ricordatevi come vi parlò quand'era ancora in Galilea, dicendo che bisognava che il Figlio dell'Uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno - [e a quel punto, come dice Lc, le Donne si ricordarono delle sue parole]. L'angelo dell'annunzio aggiunse, riferendosi alla nicchia sepolcrale: Ecco il luogo dove l'avevano deposto [Mt, dicendo "venite a vedere", suggerisce l'immagine delle Donne prostrate, invitate ad alzarsi e a constatare, questa volta con gli occhi della fede, il vuoto della nicchia. Ormai sapevano che era risorto. Il sepolcro vuoto assume il suo significato solo dopo le spiegazioni dell'angelo]. All'uditorio ancora più stupito e spaventato, l'Angelo dice ancora: Presto, ora andate a dire ai suoi discepoli e a Pietro: egli è risuscitato dai morti, e vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto. Ecco, io ve l'ho detto [l'annunzio di Mt è il preferibile per completezza, oltre che per antichità. Aggiungo all"'ora andate" (allà upàghete) di Mc il "presto" (takiù) di Mt, mi sembra più completo. Il riferimento a Pietro, proprio di Mc, a mio avviso va salvato, come già dicevo trattando di quell'evangelista. La chiusa "Ecco, io ve l'ho detto" rimanda ora alla responsabilità di annunzio che grava sul gruppetto]. A questo punto, la forma narrativa di Lc subisce una mutazione: con un rapidissimo accenno a quanto successe dopo l'annunzio ("tornate dal sepolcro"), descrive quello che gli altri sinottici non avevano raccontato sul resoconto agli XI. Ancora una volta i tre testi appaiono volutamente complementari. Dai vv. 9-11 appare che il racconto delle Donne e il loro dialogo cogli XI fu piuttosto vivace e articolato. Lc è il primo a dire esplicitamente che gli XI non credettero ad una sola parola. Quando dice che "tuttavia" (dè) Pietro andò al sepolcro, intende dire che ci andò nonostante tutto, per altre ragioni. Gv darà ulteriori delucidazioni. Narrato come un inciso, in forma rapida, dimostra che uno degli XI andò al sepolcro prima di vedere il Risorto. Pietro, per vedere le bende - con cui genericamente si designano tutti gli indumenti sepolcrali - entrò nella cella mortuaria. E non credette. Lc insiste sullo stupore incredulo dei testimoni. Evidentemente gli appariva come una garanzia di autenticità. Non vi è in lui infatti la riprovazione dell'incredulità, come nella finale di Mc: e certo non gli si può dare torto. Forse Lc non avrebbe citato il viaggio di Pietro, se non avesse avuto un addentellato indiretto con le vicende delle Donne, chiarite da Gv, che metterà la visita dell'apostolo in connessione a quella della Maddalena. In effetti, per Lc l'episodio staccato che la vide protagonista è solo un appendice dell'annunzio angelico. Queste omissioni sembrerebbero trasandatezze, ma il riferimento alla visione di Pietro en passant, fatta più avanti senza troppi scrupoli, dimostra che l'evangelista dava per scontate tante cose nella conoscenza del pubblico. Lc non parla della visione di Gesù da parte delle Donne. Gli apostoli le videro quando non ancora accadeva. E' alla visone angelica che essi si riferiscono come vaneggiamento. Quando i Due di Emmaus racconteranno al misterioso viandante da loro incontrato sulla strada dei fatti del sepolcro faranno cenno solo della visione angelica: segno che, al momento della loro partenza, le Donne non avevano ancora visto Gesù. Probabilmente lo videro dopo il loro frustrante resoconto. Forse volle essere una conferma a ciò in cui esse ricominciavano a dubitare. Forse una conferma alla visione della Maddalena. Certo non prima del loro ritorno dal sepolcro. In effetti, la forma veloce di Mt sull'argomento rende difficile capire il momento della giornata in cui accadde, e soprattutto come ne fu fatta relazione aglii XI. Rimane un'ultima questione da trattare. Lc presenta al v.10 Maria di Magdala come una delle testimoni dei fatti del sepolcro, con Giovanna, Maria di Giacomo e altre. E' il primo elenco completo delle Donne. Ma Gv smentirà Lc - e Mt e Mc - presentando la Maddalena in un contesto separato. Perchè Lc, che usa la lentoform, la presenta con le altre ? La probabile risposta a quest'interrogativo sta in un duplice percorso stilistico e storico-teologico. Stilisticamente, Lc può aver voluto presentare l'insieme delle Donne come un soggetto unitario apparente dei fatti sepolcrali, indipendentemente dagli spostamenti delle singole persone in quei frangenti. Sembra infatti che il gruppo sia, grammaticalmente, il soggetto che regge il participio "tornate" e il verbo "annunziarono"(upostrèpsastai e apèngheilan), ma in realtà regge - da un punto di vista logico - tutti i verbi da 23,55 a 24,9, ossia fu protagonista - nel complesso - di quei fatti. Lc parla in genere di Donne, al v. 23,55 e al 24, 5, ma non ne fa mai l'elenco, nè dice chi siano, per tutti gli altri versetti, sebbene ad esse siano predicati 17 verbi lungo tutto il brano. Esse ne sono i soggetti per la coniugazione in terza persona plurale o per i nominativi plurali femminili dei participi. Praticamente Lc elenca le Donne quando finiscono i fatti di cui esse erano state nel complesso protagoniste, dalla Deposizione in poi, anche se non tutte allo stesso titolo. La Maddalena non solo non poteva essere esclusa per il ruolo che aveva nel gruppo, ma anche perchè, a pieno titolo, aveva assistito alla Deposizione, alla Sepoltura, aveva preparato gli oli, aveva visto il Sepolcro aperto e constatato la sparizione del corpo. Questo lo conferma pure Gv. Quando poi Lc dice che le donne annunziarono i fatti agli XI e a tutti gli altri, crea una gerarchia degli ascoltatori a cui fa riscontro una delle narratrici: Maria di Magdala, Giovanna, Maria di Giacomo e tutte le altre. E' dunque una simmetria , in cui ai capi del gruppo maschile corrispondono quelli del gruppo femminile. Certo, è un passo ambiguo, ma non si può dubitare del fatto che Lc conoscesse l'apparizione alla Maddalena: troppi sono i punti di contatto tra lui e Gv. Il breve cenno al viaggio di Pietro lo presuppone in modo categorico. Da un punto di vista teologico-storico questo modus procedendi ha ragioni più stringenti. Lc è sempre un sinottico, che amplifica, rallentandola, la narrazione dei fatti sepolocrali, ma non la modifica nello schema, incentrato sull'apparizione degli Angeli al gruppo muliebre. Qualsiasi altra visione e vicenda non solo rompe lo schema, legato alla predicazione e quindi standard, ma è soverchia, in quanto Dio diede l'annunzio "ufficiale", tramite i suoi messaggeri come nell'AT, solo alle Donne nel sepolcro. Se esse e gli apostoli avessero creduto, non ci sarebbe stato bisogno di alcun altra visione. Dunque si tratta di un di più concesso da Gesù per l'incredulità. Non degno di un vangelo scritto, ossia ufficiale. Così aveva ragionato Mt, così Mc. L'autore della finale marciana introduce nuove visioni, ma rimprovera gli increduli che le resero necessarie. Lc avrebbe inserito la visione agli XI e ai Due di Emmaus, e un accenno a quella di Pietro: la prima, vedremo, come un completamento; la seconda come un arricchimento; la terza en passant. Era già abbastanza. Esse non modificano l'impianto dei fatti del sepolcro, come sarebbe accaduto se si fosse parlato della separazione della Maddalena dal gruppo, come vedremo. Diciamo dunque che Lc è in bilico tra la tradizione genuina dei sinottici e l'outsider Giovanni. Il terzo evangelista ricalca lo schema di Mt, con una teologia diversa. Mt ha i fatti del sepolcro, un'apparizione di Gesù a testimoni non apostolici che fa da trapasso, un'apparizione agli XI che chiude la vicenda umana di Gesù. Lo stesso ha Lc. Ma Mt fa apparire Gesù alle Donne, Lc ai Due di Emmaus. Mt fa incontrare Gesù con gli XI in Galilea, per il mandato missionario, Lc il giorno di pasqua per confermare la loro fede, e l'adempimento del mandato missionario sarà il tema degli atti. Per Mt, la vita di Gesù finisce con la missione, e il resto e storia della Chiesa. Per Lc, questa distinzione è più sfumata: l'apparizione agli XI trapassa nell'Ascensione. Ma il racconto preciso di quest'evento, che prelude alla Pentecoste, e quindi alla storia della Chiesa, si avrà negli Atti. L'evento storico dell'Ascensione fa da spartiacque. In questo schema, tutto il resto è decorativo. Lc lo aggancia a quello dell'Ascensione- Pentecoste-Chiesa, lo sostanzia di episodi diversi, ma non lo modifica. Se avesse inserito la digressione o il parallelismo della Maddalena lo avrebbe dovuto fare. In questo senso, Mt e Lc rappresentano modi alternativi di concepire una stessa soteriologia missionaria. (continua..) Theorèin - Marzo 2004 |