|
|
Parte II
Adesso ci occuperemo delle apparizioni del Risorto ai Due di Emmaus e agli XI Apostoli, per saggiarne la credibilità storico-filologica.
L'apparizione ai Due di Emmaus è profondamente atipica, a causa delle modalità del riconoscimento, dell'aspetto peripatetico e della durata: Per questo Lc la cita, a scopo esemplificativo, tra tutte quelle ricordate dalla tradizione orale. Tra il v. 12 e il v. 13 c'è una garbata soluzione di continuità (kài idòu), ma il v. 13 non si riconnette nemmeno al v. 11, in quanto l'uso costante dell'imperfetto nei vv. 13-14 ( èsan; omìloun) supporrebbe una serie di azioni la cui durata coprirebbe anche il tempo in cui si compiono le azioni indicate con l'aoristo ai vv. 10-11 (apèngheilan; efànesan; èdramen; cfr. anche èlegon), cosa che invece è smentita dai vv. 22-24, in cui è esplicitamente affermato che i Due discepoli erano presenti quando le donne tornarono dal sepolcro, e partirono subito dopo il viaggio di Pietro. La collocazione dell'episodio nel giorno della pasqua è dunque imprecisa. Cosicchè il suo racconto è come un'appendice, che richiama con estrema finezza lo stacco della finale di Marco, giocato essenzialmente sul cambio dei tempi storici. Il racconto inizia con la collocazione spazio - temporale, legata alla strada tra Gerusalemme e Emmaus. Si precisa che discutevano e discorrevano degli eventi pasquali. Nel bel mezzo della conversazione, in cui evidentemente i momenti di colloquio si alternavano a quelli di polemica, come suggerisce la sottile differenza di significato tra i due verbi del v. 15a (omilèin; suzetèin), Gesù non appare, ma si accosta e cammina con i Due, pur risultando irriconoscibile . I discorsi fatti subito dopo dimostrano come i due non si aspettano minimamente una resurrezione di Gesù, e che anzi sono disorientati dalla fine del Maestro, e dall'opposizione dei sacerdoti. Ciò, ricostruendo in modo plastico la situazione psicologica dei protagonisti, basterebbe a far escludere ogni ipotesi di suggestione. Ma, come rincalzo, il racconto evidenzia le circostanze straordinarie della visione: anzitutto il suo compiersi in movimento, senza fenomeni parapsicologici di contorno; poi il suo prolungarsi per tutto il viaggio e persino durante la cena; indi, il fatto che Gesù viene riconosciuto solo alla fine. Il racconto non è un resoconto dettagliato di quanto avvenne lungo la via: infatti i discorsi fatti da Gesù non vengono riportati, sebbene tocchino temi importantissimi, e sebbene sarebbe stato assai autorevole attribuire al Risorto stesso, il giorno di pasqua, una catechesi sulla sua morte e resurrezione. Ne derivano due cose: anzitutto che quei discorsi erano conservati in modo sicuro altrove, o nella catechesi orale o nella letteratura preevangelica, altrimenti Lc non li avrebbe omessi; poi che il racconto vuole essere solo una prova della resurrezione. Dopo l'eccezionale esperienza, i Due tornano a Gerusalemme, portando la loro testimonianza ai XII che già discutevano di una ulteriore apparizione, avvenuta sotto gli occhi di Pietro. Questa visione è accennata di straforo, come se fosse già sufficientemente nota al pubblico di Lc, ed evidentemente lo era, se l'evangelista la liquida così in fretta. Un rimando così vago dopo tanta precisione narrativa è la prova che il terzo vangelo dipende strettamente dalla tradizione orale e, all'occorrenza, da Mt e Mc, a cui rimanda. Forse quest'accenno può essere arrivato a Lc da una tradizione di cui non sapeva altro. Ma questo suppone che tra i vari autori evangelici potessero esserci come paratie stagne, per cui le conoscenze degli uni non erano degli altri. Ciò è altamente improbabile, per non dire impossibile. Tanto più che Lc era discepolo di Paolo, che ben conosceva l'apparizione a Pietro, tanto che la cita scrivendo ai Corinti la sua Prima lettera (15,4). Piuttosto, Lc cita questa ed altre informazioni con grande scrupolo, riprendendole evidentemente da fonti precedenti, forse perchè ne aveva un rispetto particolare, non essendo egli stato testimone oculare. Paolo cita - come vedremo meglio - l'apparizione a Pietro come una testimonianza ufficiale e autorevole della resurrezione, per cui gli evangelisti la danno per acquisita nella catechesi fondamentale, kerigmatica, ricevuta da ciascun fedele. E' singolare che Lc non riporti la reazione dei XII all'annunzio dei Due, mentre lo fa la finale di Marco, pur accennando brevemente all'episodio. Sembrerebbe che anche in questo piccolissimo dettaglio i vangeli abbiano avuto cura di non ripetersi. Tuttavia, ad onor del vero, sembrerebbe in Lc che i XII fossero meno increduli che in Mc. Probabilmente Mc riporta in modo più drastico e reciso la reazione d'incredulità su cui Lc glissa, stemperandola nello stupito dibattito che accompagnò tra gli Apostoli le vicende pasquali. La frase che più colpisce è:"Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone (òntos eghèrte o kùrios kài òfte Simòni)", che non si addice a quegli incalliti increduli denunciati da Mc. Probabilmente, le parole di rimprovero pronunziate da Gesù in quel vangelo contro di loro sono state causate dal fatto che ci vollero tre apparizioni per persuaderli della sua resurrezione (alle Donne, alla Maddalena e a Pietro), e quindi non implicano un'incredulità fino all'ultimo. Tuttavia l'incredulità dei XII dinanzi ai Due, registrata dallo stesso Mc, smentisce quest'ipotesi, e crea un contrasto tra Mc e Lc. Tale contrasto sparisce se la frase "Davvero il Signore è risorto e apparso a Simone" non è attribuita ai XII e a quelli che erano con loro in genere, ma solo a questi ultimi, a cui si riferisce il relativo "i quali" del v. 34. Questa lettura si accorda pure coi vv. 37-43, in cui il gruppo degli Apostoli è incredulo dinanzi al Risorto. Che il soggetto dei vv. 37-42 siano i XII lo si evince da At 1, 2-3, in cui si dice che Gesù apparve loro con molte prove, senza specificare nè dove, nè come, nè quando, ma rimandando in modo esplicito al brano finale del vangelo in cui la visione del Risorto è accompagnata da segni spettacolari. Ora, è significativo che gli At evidenzino le molte prove fornite da Gesù, come destinate agli apostoli stessi, a cui sono rivolti i suoi ultimi insegnamenti: evidentemente erano proprio loro ad essere più increduli, mentre più convinti erano i discepoli. La controprova sta proprio in 24, 34: l'espressione "Davvero il Signore è risorto" non si addice a degli increduli, quali risultano essere i XII dal proseguimento del racconto e, se è pur vero che essi non sono esplicitamente nominati nel seguito del racconto (ma lo sono, come dicevamo, agli inizi degli At), per cui sembrerebbe che discepoli e apostoli siano stati indifferentemente increduli, è altrettanto vero che questa frase va pure attribuita a qualcuno, che evidentemente non era incredulo, e che non compì i gesti di stupore dei vv. 37-43. Evidentemente gli Apostoli furono più increduli dei discepoli semplici, forse perchè più degli altri, da vicino, constatarono la kènosis del maestro. Cosicchè i vv. 33-34 vanno intesi così: " E partirono senza indugio ( i Due) e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti (cioè insieme) gli Undici e (ossia con, così va inteso il kài) gli altri che erano con loro (ossia che li accompagnavano di solito, che seguivano Gesù: sùn autòis), i quali (questi ultimi, a cui si riferisce lègontes) dicevano ecc., ossia sostenevano una tesi che gli Apostoli non condividevano. Praticamente gli Apostoli erano impegnati in una discussione sulla resurrezione, e ancora non si lasciavano convincere. I Due, arrivati, fecero relazione della loro esperienza; tale relazione, ascoltata da tutti, era in realtà rivolta solo ai XII, come capi della comunità. Il participio lègontes, che va reso con l'imperfetto "dicevano", fa intendere che la discussione sull'apparizione di Pietro durava da molto; l'aoristo "riferirono (exegùnto)" del v. 35, con i Due come soggetto, fa vedere che essi invece esaurirono il loro resoconto, senza che la discussione si prolungasse fino a quando Gesù comparve. In effetti, dicendo che lo riconobbero allo spezzar del pane, Lc c'informa che i Due arrivarono fino alla fine del racconto, per cui l'espressione "mentre essi parlavano di queste cose (tàuta dè autòn lalùnton)" del v. 36 non si riferisce a loro, ma agli altri. Considerando che il pronome essi del v. 36 si riferisce agli stessi a cui si applica l'espressione "in mezzo a loro" (autòn..autòn), di poco più avanti, e che lo stesso pronome è soggetto dei vv. 37, 41, 42, 52, 53, e che noi abbiamo identificato gli apostoli con i protagonisti del brano che va dal v. 37 al v. 53, deduciamo che gli "essi" che parlavano al v. 36 erano gli stessi apostoli. Di che parlavano? Quel "queste cose (tàuta)" sembra riferito ai fatti di Emmaus, ma in realtà si riferisce a tutto ciò che è stato narrato dal v. 1 del cap. 24. Questo perchè tra il v. 35 e il v. 36 c'è soluzione di continuità, come tra il v. 12 e il v. 13. Il bozzetto dei Due di Emmaus è terminato, e il racconto riprende in un momento imprecisato del giorno di pasqua: infatti, se l'apparizione del Risorto ai XII si stempera nella finzione letteraria dei vv. 44-50, di cui diremo, è giusto credere che anche l'inizio dell'episodio non sia rigorosamente definito. L'intero brano è costruito per dare la certezza della Resurrezione. Gesù mostra mani e piedi, si fa toccare ( o vorrebbe farsi toccare ), mangia del pesce. Ora, è evidente che l'apparizione non si esaurì in questo, in quanto è assurdo credere che Gesù nulla disse ai suoi - e infatti Gv ne fa un resoconto, e Mc accenna ai rimproveri - ma Lc non ne parla: vuole solo dare in un climax la progressiva certezza della Resurrezione, acquisita dalla fede dei discepoli. Prima c'è la visita al sepolcro vuoto con l'angelofania e l'annunzio delle Donne ai XII che non credono; indi la visione mimetica dei Due che la riferiscono ai XII che si vanno interrogando sull'apparizione a Pietro; infine la Cristofania ai XII stessi, con riscontri corporei. Lc omette gli insegnamenti del Risorto agli Apostoli come omise quelli ai Due. Lc non riporta il rimprovero di Gesù ai XII increduli, ma in compenso il racconto della verità sempre più certa della Resurrezione è anche quello dell'incredulità sempre più ostinata degli Apostoli: alle donne danno delle vaneggiatrici, ai Due riservano distacco, ai discepoli perplessità sulla visione petrina, a Gesù stupore inebetito. Non basta vederlo, bisogna toccarlo; non si può toccarlo, per non ingannarsi; ci si arrende solo quando mangia e beve. Sono queste le prove che Gesù, chiuso ormai il corso della sua vita terrena e avendo abbondantemente annunziato la sua Resurrezione, fornisce in più alla sua giovane Chiesa. Ecco perchè Mc e Mt, non interessati ai fatti degli Apostoli, non ne avevano parlato, fermandosi agli avvenimenti del Sepolcro vuoto e delle Donne. Tra il v. 43 e il 44 c'è soluzione di continuità: apparentemente i vv. 44-53 descrivono ciò che accadde nel giorno di Pasqua, ma in realtà i vv. 44-49 sono una condensazione della catechesi che Gesù fece ai XII durante i quaranta giorni dopo, come dice il prologo degli Atti; anzi al v. 47 riscontriamo il tema missionario dell'apparizione in Galilea di Mt. In quanto ai vv. 50-53, sono un condensato narrativo dell'Ascensione. In tal maniera bisogna puntualizzare che il "poi" del v. 44 va inteso come "in seguito, in un momento successivo", mentre l'"allora" del v. 45 significa "in quelle circostanze, in conseguenza di quanto detto"; infine, anche il "poi" del v. 50 è come quello del 44. Perchè san Luca fa un epitome dei 40 giorni ? Anzitutto perchè vuole mostrate che il mistero pasquale arriva fino all'Ascensione, poi perchè un resoconto più dettagliato riguarda la storia della Chiesa (gli Atti) e si collega alla Pentecoste; infine perchè non vuole dilungarsi sulle cose che Gesù disse nei quaranta giorni, divulgate dagli Apostoli stessi, nelle lettere o oralmente, o anche negli stessi vangeli di cui furono autori, o i cui autori ispirarono, laddove si citano e commentano i passi biblici concernenti il Messia. Gesù parla, in questa epitome, dei temi degli incontri con gli apostoli: ciò che si riferiva a lui nell'AT, la missione, il battesimo, la fede, il giudizio. Se Lc avesse riportato tutto, avrebbe fatto un "credo", un "catechismo", non una biografia. Come al solito rimanda alle dottrine orali o scritte altrove, come fa persino al v. 49, quando parla di "quello che il Padre mio ha promesso", senza spiegare che era lo Spirito Santo, ossia dandolo per scontato. Ne parlerà solo negli Atti, ma come promessa sua, e non del Padre. Lc, quando parla dell'Ascensione, dice che "egli fu portato verso il cielo", mettendo in evidenza che l'Umanità di Cristo è soggetto passivo di un'azione compiuta dalla Divinità. C'è contraddizione tra ciò che Gesù dice alle Donne ("Dite ai miei discepoli che vadano in Galilea e là mi vedranno") e l'apparizione ai XII narrata da Lc ? Già Matteo parla di un monte fissato da Gesù ai suoi come luogo di appuntamento in Galilea, evidentemente in un'altra apparizione. Mc parla nella sua finale dell'apparizione di Gesù il giorno di pasqua, in cui Gesù potrebbe agevolmente aver fissato l'ncontro in Galilea di Mt. Lc parla di 40 giorni di visioni, in cui Gesù ebbe il tempo di fissare appuntamenti e di apparire in Galilea. Certo, se gli apostoli non avessero visto risorto Gesù, non avrebbero creduto alle Donne, e non sarebbero andati in Galilea. Questo conferma ancora una volta che l'apparizione di Gesù il giorno di pasqua avviene per l'incredulità dei suoi, avendo il Risorto pianificato di farsi vedere solo in Galilea, non per fornire prove del suo ritorno, ma per conferire il mandato missionario. In Galilea Gesù dice che "lo vedranno" (Mt), evidentemente in senso lato, ossia lo incontreranno. Al riparo da occhi indiscreti, lontano dai luoghi del martirio, Gesù torna sulla terra in modo misterioso ma reale, evidentemente dimostrato dalla lunghezza del periodo delle visioni, non spiegabili psicanaliticamente nè riconducibili ad isterismo per il velo di ordinarietà che le ricopre, fatto di pranzi e cene, viaggi, e altre cose comunissime. La prima visione è quella di Gv - che descriveremo - e poi molte altre, fino al mandato missionario, nella Galilea delle genti. Poi il ritorno a Gerusalemme, dove Gesù ascende. Le sorti dunque della Chiesa in fasce si decisero in Galilea, dove i XII si trattennero per un mesetto. L'ultima questione verte sui vv. 22-24. Perchè vi si parla dell'apparizione degli angeli alle Donne e non di quella di Gesù in Mt? Ho già fornito una proposta di spiegazione, conforme allo stile matteano e coerente con la lettera di Lc. Ne propongo una adatta allo stile di Lc ma meno aderente alla sua interpretazione letterale, che però permette di fissare una cronologia dei fatti di pasqua. Anzitutto va detto che le Donne che "sconvolgono" i discepoli sono sia coloro a cui sono apparsi gli angeli, sia la Maddalena, in quanto proprio per quest'ultima "alcuni" dei cristiani andarono al sepolcro, come si esprimono i Due (e questi alcuni sono Pietro e Giovanni per il IV Vangelo), mentre sia le une che l'altra videro degli angeli, e sentirono da loro l'annunzio della Resurrezione (le Donne in Mt, Mc, Lc; la Maddalena in Gv), e soprattutto si erano recate al sepolcro tutte insieme, pur tornandone in tempi diversi (la Maddalena per prima, le altre dopo). Pertanto, essendo per i primi cristiani le Donne un solo gruppo, anche morale, i Due di Emmaus potrebbero aver benissimo riferito le loro esperienze in modo cumulativo, senza distinguere la visione angelica di Maria Maddalena da quella delle altre, tanto più che esse furono distanti solo di qualche ora al massimo. E' probabile che i Due si riferissero alle cose narrate da Maria Maddalena, che tornò per prima. I Due fecero in tempo, prima di partire per Emmaus, a sentire il racconto della Maddalena sul sepolcro vuoto, quello di Pietro e Giovanni che vanno al sepolcro, e quello delle Donne, che raccontarono della visione degli angeli. In un secondo momento, quando i Due partirono, e quindi quando non poterono sentire, le Donne ebbero la visione di Gesù e la raccontarono, e la Maddalena tornò dal sepolcro, dove aveva visto anche lei angeli e il Cristo. Anche se la Maddalena, come sembra suggerire il vangelo di Gv - ma in realtà non è così, come vedremo..- parlò solo con Gv e Pietro quando tornò ad avvisare che il sepolcro era vuoto, questi due poterono ben riferire agli altri, compresi i Due, che quindi poterono dire che le Donne li avevano "sconvolti". In conseguenza "alcuni"degli apostoli andarono al sepolcro. Lc poco prima aveva parlato del solo Pietro: segno che i suoi "alcuni" non vanno presi necessariamente alla lettera, o che il racconto del viaggio petrino ha, come dicevamo, la forma veloce. Ora, per bocca dei Due, Lc dà altri ragguagli, aggiungendo che questi "alcuni" - evidentemente non Pietro da solo - al sepolcro trovano "tutto come le Donne avevano detto", ossia il sepolcro vuoto e aperto, "ma lui non l'hanno visto", ossia Gesù. Evidentemente, non trovarono alcun elemento sensibile che facesse credere loro che Gesù fosse realmente risorto. L'"anche" con cui i Due introducono l'apparizione degli angeli alle Donne andrebbe inteso come "persino". C'è poi un'ulteriore ipotesi, per cui i Due rimasero almeno fino alla visione della Maddalena, e seppero che vide Cristo. In questo senso, la visione sarebbe stata considerata come un'allucinazione, indegna persino di essere ricordata nella conversazione. Diversa la visione angelica, che aveva una tradizione veterotestamentaria. L'"anche" sarebbe così inteso come un obliquo riferimento all'altra visione, e "Lui non l'hanno visto" andrebbe inteso in questo senso, anche se Pietro andò alla tomba prima della visione della Maddalena. Tale visione fu senz'altro la prima, come dice Mc. Ma quest'ultima ipotesi è assai improbabile: i Due secondo me lasciarono Gerusalemme senza sapere che Maria Maddalena e poi le altre Donne avevano visto Gesù. La giornata potrebbe essere andata così:
Vedremo poi come Lc negli Atti integra il racconto della Resurrezione, fino alla Pentecoste. (continua) Theorèin - Aprile 2004 |