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A cura di: Vito Sibilio
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SALUS IN PLAGIS
Elementi di teologia della devozione delle Sante Piaghe

“Per le Sue Piaghe siete stati guariti”

(San Pietro)

La salvezza sta nelle Piaghe di Cristo. Come già disse per bocca del profeta Isaia – Per le Sue Piaghe siamo stati guariti – lo Spirito Santo attesta che il Servo di Dio sofferente, il Suo Agnello – in ebraico agnello e servo si dicono con la medesima parola – ci ha redenti subendo maltrattamenti, torture e violenze nel Suo vero Corpo. Tale sofferenza subita lo rende Christus passus et patiens. Tale sofferenza si concretizza nelle Sue Piaghe. La devozione alle Piaghe è la devozione al Cristo che subisce dolore per noi sino alla morte, è la devozione alla sofferenza patita e impressa nel Suo Corpo perché Egli divenisse il principio attivo della Santificazione universale. L'oggetto formale e materiale della devozione non coincidono, sebbene le Piaghe, impresse nel Corpo Divino di Gesù, siano adorabili come tutta la Sua Umanità e predicabili, tramite la Natura Umana, di tutta la Sua Persona diofisita. Le Piaghe sono canonicamente Cinque, delle Mani e dei Piedi e del Costato, perché queste sono le più atroci; ma vi si aggiunge in primo luogo quella della Spalla Destra e in seconda istanza l'insieme di quelle impresse dalla Flagellazione e dalla Coronazione di Spine, nonché dalle Cadute sotto la Croce, sino a tutte quelle causate dai maltrattamenti dei Sinedriti, dagli Erodiani, dai Romani e da quelle causate dalla Sudorazione di Sangue. Ne tratteggeremo gli aspetti devozionali, cominciando dalla natura di questa pietà sulla scorta delle mistiche rivelazioni avute da Brigida di Svezia dallo stesso Gesù nel 1350 per poi passare alla storia e alla teologia della pratica in questione.

NATURA DELLA DEVOZIONE

La contemplazione del mistero delle Sante Piaghe parte dalla constatazione che ogni dolore subito da Cristo diviene causa agente della nostra santificazione e giustificazione. Il Cristo, dolcezza eterna dei Suoi amanti, gioia oltre ogni dire e immaginare, salvezza e amore dei pentiti, volle incarnarsi per soffrire secondo un decreto eterno, volle patire nella Sua anima la tristezza mortale, volle saturarsi di obbrobri per essere causa di contrizione, confessione e remissione dei peccati. Letizia degli Angeli e paradiso di delizie, si fece orribilmente tormentare con parole, percosse, violenze allo scopo di liberarci dai nostri nemici spirituali, di radunarci sotto le Sue ali e di donarci la salvezza eterna. Onnipotente Creatore, immenso e incomprensibile, si lasciò trapassare le mani e i piedi – in cui agevolmente potrebbe contenere quanto esiste- si fece slogare le Sue ossa e sopportò atroci e inesplicabili dolori per produrre in noi l'amore e il timore di Lui. Medico celeste, per curare le nostre piaghe si lasciò issare sulla Croce con le membra già lacerate, subendo strazio dalla testa ai piedi, impetrando da lì misericordia su noi crocifissori, onde la memoria della Sua Passione giovasse ad una piena remissione dei nostri peccati, conformemente alla Sua smisurata carità e misericordia. Specchio di eterna chiarezza, si lasciò affliggere dalla visione di coloro che non avrebbero tratto frutto dalle Sue sofferenze, ne subì gli oltraggi e assolse il Buon Ladrone, perché tramite lui ogni pentito fosse da Lui assolto nel momento della morte.

Il Signore Gesù Cristo, Re amabile, volle conoscere il disprezzo e la nudità sulla Croce da cui pendette, senza avere nessun conforto e con la Madre sotto gli occhi; volle affidarla al discepolo che non era fuggito e, associando ai Suoi i dolori di Lei, ci spinse alla fiducia che ci permette di essere consolati da Lui in ogni afflizione e tribolazione. Fonte di dolcezza infinita, volle sentire la sete in Croce della salvezza dell'umano genere, onde estinguerla nella nostra, quando fosse del desiderio di vivere santamente e non delle concupiscenze. Dolcezza dei cuori e soavità dello spirito, provò l'amarezza dell'aceto e del fiele in punto di morte per dare a noi la possibilità di ricevere il Suo Corpo e Sangue in punto di morte come rimedio e consolazione. Giubilo dello spirito, conobbe angoscia e dolore per l'amarezza della morte e l'insulto dei Giudei, onde nessuno di noi fosse lasciato solo da Lui nella nostra ora della morte. Principio e termine del nostro amore, volle diventarlo suscitando in noi una carità perfetta in virtù del mare di patimenti in cui si sommerse dalla testa ai piedi, conformemente alla profondità e alla larghezza delle Sue stesse Piaghe, misura della perfezione dell'amore.

Il Redentore, profondo abisso di pietà e misericordia, volle che in Lui si scavassero piaghe profonde, che scendessero oltre la carne, fino al midollo delle ossa e alle intime viscere del cuore, così che tale abisso colmasse quello dei nostri peccati e noi, sollevati da essi, fossimo nascosti nelle Sue ferite. Specchio di verità, si fece ricoprire di piaghe; segno di unità, si fece lacerare; legame di carità, fu insozzato dal Suo stesso Sangue; in ragione di ciò, con quel Sangue scrisse le Sue ferite nel nostro cuore, perché nella contemplazione dell'amore e nella considerazione del dolore della Passione potessimo accrescere l'uno e rinnovare l'altro, perseverando in tutta la vita nella gratitudine per tutti i beni e meriti che solo dalla Croce ci possono venire, albero di mistica vita i cui frutti gustosi sono proprio le Piaghe del Redentore. Re invincibile e immortale, soffrì perché si rese vulnerabile e mortale così da perdere ogni forza, onde noi avessimo misericordia in punto di morte per la Sua angustia e dolore. Unigenito del Padre, splendore e immagine della Sua sostanza, dopo aver raccomandato umilmente il Suo Spirito piegò il capo e aprì le viscere della misericordia per dare la Vita per noi, onde fossimo fortificati nelle tentazioni, vivessimo in Lui soltanto e fossimo da Lui accolti in punto di morte in Cielo. Vita vera e feconda, si fece squarciare il Costato onde uscisse ogni goccia residua di Sangue mista ad Acqua, per la nostra contrizione e conversione. Egli accettò tutte le Piaghe con amore immenso e ora, tramite esse, accetta allo stesso modo la nostra devozione onde condurci alla salvezza e concederci ogni grazia.

TEOLOGIA E STORIA DELLA DEVOZIONE ALLE SANTE PIAGHE

I Quattro Vangeli attestano l'esistenza delle Piaghe sul Corpo adorabile del Redentore, aperte dai flagelli, dalle spine, dai chiodi e dalla lancia. Tra di esse Cinque sono da sempre considerate le Maggiori, quelle che trafissero le mani, i piedi e il Costato. Esse furono profetizzate (Is 53, 5; Sal 21, 17) e continuarono ad esistere nel Corpo glorioso di Cristo, dopo la Resurrezione, come prova del fatto che era realmente accaduta (Gv 20, 25-29). Infatti in Esse Tommaso è invitato a mettere le dita, mentre gli altri Apostoli si erano limitati a contemplarle. Da questi luoghi biblici prese le mosse lo sviluppo della teologia delle Sante Piaghe.

Per i Padri della Chiesa, le Piaghe erano la prova della Resurrezione dell'autentico Corpo di Cristo, lo stesso che era salito in Croce, contro le eresie dei Docetisti, degli Gnostici, dei Monofisiti e degli Apollinaristi (1). Tra di essi, Tertulliano (155 ca.-230 ca.) suggerì l'equiparazione tra Adamo addormentato e Cristo morto, in quanto dal fianco di entrambi era stata tratta la rispettiva compagna, dal primo Eva e dal secondo la Chiesa, scorgendo peraltro l'Africano nell'acqua e nel sangue i segni sacramentali e del martirio. Il valore intrinseco, foriero di riscatto, dell'acqua e del sangue fu poi suggerito da Origene (185-254), da Sant'Ippolito di Roma (170 ca.-235), da San Pier Crisologo (380-450) e da Sant'Ambrogio (339/40-397). Venne poi l'equiparazione tertullianea modificata da San Giovanni Crisostomo (344/54-407), il quale preferì vedere raffigurati nell'acqua e nel sangue il Battesimo e l'Eucarestia; dando per tal modo anche un senso più proprio all'idea della nascita della Chiesa - rappresentata dai due sommi sacramenti - dal Costato ferito di Cristo (2). Questi evidenziò che le Piaghe di Cristo sono di per se stesse il prezzo del nostro riscatto, o almeno parte integrante di esso. Sant'Agostino (354-430) si mosse su questa stessa lunghezza d'onda con molta intensità. Eccone una citazione vibrante: «Cristo è la nostra salvezza. Cristo che fu trafitto per noi e confitto con i chiodi sulla Croce, quindi deposto dalla croce e seppellito. Risuscitò poi dal sepolcro risanato dalle ferite, ma ritenendo le cicatrici. Pensò infatti che giovasse ai Suoi discepoli ritenere le Sue cicatrici per guarire nei loro cuori le ferite dell'infedeltà ». In genere, Sant'Agostino mostrò come la persistenza delle Ferite sul Corpo di Gesù attesta il compimento della Redenzione, essendo stata la Sua offerta gradita al Padre e divenendo perciò Esse come dei trofei, dei segni di regalità, delle modalità mediante cui conservare l'efficacia della Redenzione; le Piaghe di Cristo quindi sono divenute il rimedio che sana ogni piaga umana, fisica e spirituale. Perciò invalse ben presto l'idea che le Piaghe della Croce fossero le più emblematiche di tutta la Passione (3). Esse sono il rifugio aperto nel Corpo di Cristo, Mistico Sposo, perché l'anima fedele vi entri e vi dimori sicura (4). Con Esse ostese il Giudice tornerà alla fine dei tempi (5). Esse sono, con la Croce, il Segno del Figlio dell'Uomo, che tutti contempleranno (Mt 24, 30). Per usare le parole di San Beda il Venerabile (672 ca.-735): «Certamente per pura bontà dopo aver fatto il più tralasciò di fare il meno: ossia dopo aver distrutto il regno della morte non volle cancellare i segni della morte. E lo fece in primo luogo per rafforzare nei Suoi discepoli la fede nella propria Risurrezione. In secondo luogo per avvalorare la propria intercessione presso il Padre, con il mostrare quale Morte Egli abbia sofferto per la salvezza degli uomini. In terzo luogo affinchè coloro che Egli aveva redenti con la propria Morte, vedendo i segni di quella stessa Morte comprendessero sempre meglio con quanta misericordia fossero stati salvati: e perciò non cessassero dal cantare in eterno le misericordie del Signore. Infine Egli vuole mostrare i segni delle Sue Ferite anche ai reprobi nel giudizio finale, per indicare quanto sia giusta la loro condanna ». L'importanza delle Piaghe nella teologia medievale crebbe costantemente e si chiarificò nelle questioni fondamentali, come il valore meritorio della Piaga del Costato, la persistenza delle Piaghe nel Corpo glorioso e la sua ragione, il loro stato, la loro valenza (6). Una prima forma di devozione alle Sante Piaghe, strettamente legata a quella alla Passione e Morte del Signore, si ha tra il VI e il IX secolo ed è promossa e diffusa dal Monachesimo irlandese, sia in patria sia nelle terre dove i suoi adepti intrapresero la peregrinatio pro Christo ed in genere esercitarono la loro influenza culturale e religiosa. Non a caso il summenzionato Beda il Venerabile fu il campione di questa protodevozione, che assurse a gran fastigio nel corso del Rinascimento carolingio, quando dotti e pii monaci delle Isole Britanniche operarono sul continente alla Corte di Carlo Magno e dei suoi successori. San Rabano Mauro (784 ca-856), San Teodulfo di Orléans (750 ca.-821) e l'Autore della Glossa Ordinaria suffragano il culto delle Piaghe. Preghiere devozionali di origine irlandese sono recitate e diffuse tra i secc. VIII e IX.

Superata l'Età ferrea, il culto delle Piaghe rifiorisce con l'Occidente, a partire dall'XI sec. Il progresso della devozione è attestato in e nel contempo si deve a San Pier Damiani (1007-1072), Sant'Anselmo (1033-1109), Gandolfo di Rochester (sec. metà dell'XI sec.) e Ruperto di Deutz (1075 ca.-1130). Nel XII sec. i maggiori fautori della devozione sono legati alla Mistica Renana: Egberto di Schonau (†1184), Santa Elisabetta di Schonau (1129-1164), Santa Ildegarda di Bingen (1098-1179), il Beato Ermanno Giuseppe (1150-1241), il quale in particolare riprende il concetto per cui l'anima si rifugia nelle Piaghe del Redentore. Questa impostazione misticheggiante della devozione venne ampliata ed echeggiata da San Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), dal Beato Guerrico di Igny (1070/80-1157) e da Aelredo di Rievaulx (1110-1167).

A San Bernardo in particolare si deve l'inizio di una devozione complementare, quella alla Piaga della Spalla destra di Nostro Signore. A lui che in orazione chiedeva quale Piaga più Lo avesse tormentato, Gesù rispose: “Io ebbi una piaga sulla spalla, profonda tre dita, e tre ossa scoperte per portare la croce: questa piaga mi ha dato maggior pena e dolore di tutte le altre e dagli uomini non è conosciuta. Ma tu rivelala ai fedeli cristiani e sappi che qualunque grazia mi chiederanno in virtù di questa piaga verrà loro concessa; ed a tutti quelli che per amore di essa Mi onoreranno con tre Pater, tre Ave e tre Gloria al giorno perdonerò i peccati veniali e non ricorderò più i mortali e non moriranno di morte improvvisa ed in punto di morte saranno visitati dalla Beata Vergine e conseguiranno la grazia e la misericordia”. Tale devozione è ancora oggi universalmente diffusa e ha un impressionante riscontro nella Sacra Sindone, ove è visibile la Piaga in questione (7).

L'apogeo medievale della devozione si dovette alla predicazione degli Ordini Mendicanti, tra il XIII e il XV sec. San Francesco d'Assisi (1182-1226) fu talmente devoto delle Sante Piaghe da avere l'onore di essere il primo stigmatizzato documentato della Storia. A lui e a Santa Chiara d'Assisi (1193 ca.-1253) si attribuisce un'antica Preghiera alle Sante Piaghe, sotto forma di Ufficio. Tanta devozione, inquadrata nel contesto della pietà verso la Passione, passò ai discepoli del Poverello d'Assisi e impregnò di sé quelle composizioni letterarie latine e volgari che si ispiravano alle sofferenze di Gesù, ossia nelle Laudi della Passione, nei Pianti della Vergine e simili. In quanto ai Domenicani, non solo ebbero diversi casi di stigmatizzazione tra le proprie fila, ma edificarono la pietà verso le Piaghe grazie ad alcune personalità mistiche di altissimo lignaggio. Il Beato Enrico Suso (1295-1366) compose il Libro della Divina Sapienza, in cui, dialogando col Verbo Eterno, enuncia il concetto che si debba arrivare alla Sua Divinità gloriosa contemplandone l'Umanità sofferente. Il Beato Giovanni Taulero (1300-1361)compose gli Esercizi sulla Vita e sulla Passione di Gesù Cristo. Santa Caterina da Siena (1347-1380), stigmatizzata, non solo fu apostola della devozione al Sangue di Cristo, ma anche, e ovviamente, di quella alle Sue Sante Piaghe. In generale si diffondono molti esercizi di devozione alle Sante Piaghe nel XIV sec., dei quali alcuni risalgono a certe campionesse della pietà cristologica, come Santa Matilde di Hackeborne (1240-1298) o Santa Gertrude (1256-1302). Costoro contribuirono a irradiare nuovamente sulla Germania la luce della devozione in questione, attestata dalle numerose stigmatizzazioni femminili nella Renania e dalla diffusione della Santa Messa votiva alle Sante Piaghe nell'area tedesca, proprio a partire dal prima metà del Trecento. Di questa Messa si asserì l'origine celeste, composta da San Giovanni Evangelista e rivelata da San Raffaele Arcangelo a papa Bonifacio II (530-532). Essa si estenderà poi alla Francia, all'Italia, ai Paesi Bassi e in tutto il mondo. Nel 1505 la Messa votiva è attestata a Roma. Con la Messa si diffuse anche l'Ufficio votivo. Non si può poi passare sotto silenzio l'apporto decisivo dato a questa devozione da Santa Brigida di Svezia (1303-1373), alla quale Nostro Signore, nell'Anno Santo del 1350, insegnò Quindici Orazioni da recitarsi ogni giorno per un anno, onde salutare tutte le Piaghe inferte al Suo Corpo Divino e da Lui stesso enumerate in cinquemila quattrocento ottanta, quanti furono i colpi ricevuti nei maltrattamenti della Passione. A tale pratica, che la Santa fece per tutta la vita, il Signore accluse molte Promesse; essa fu universalmente diffusa, incoraggiata da papa Urbano VI (1378-1389), riscoperta nel XIX sec. e in esso approvata da molti prelati e benedetta dal beato Pio IX (1846-1878) nel 1864 (8). La stessa Santa Brigida ricevette da Gesù la pratica delle Preghiere della Passione da recitarsi per dodici anni, corredate da altrettanto generose promesse e approvate da Clemente XII (1730-1740) (9).

Nell'ambito della Devotio Moderna sia le Piaghe che la Passione ebbero ampio spazio, come attesta la produzione di Tommaso da Kempis (1380-1471). In parallelo a questi filoni pietistici, scorrono i fiumi devozionali delle Piaghe all'interno dei Cistercensi, dei Certosini e dei Benedettini. Cito a tal proposito l'opera e gli scritti di Dionigi il Certosino (1401-1471), di Santa Matilde, di Luigi di Blois (1506-1566), di Giovanni Giusto Lanspergio (1489-1539). Peraltro la devozione alle Piaghe si lega sempre di più a quella del Sacro Cuore, pur essendo più popolare di questa. Perciò nel XVI sec. essa è diffusa ovunque e molto interiorizzata. Alle soglie dell'Età Moderna la Messa delle Piaghe è considerata un suffragio valido come le Messe Gregoriane, se celebrata per cinque giorni di seguito. Uno stop alla sua diffusione venne tuttavia da San Pio V (1565-1572) che la trasformò in Messa della Passione e mise regole più rigide per la sua celebrazione, mancando una festa liturgica universale delle Piaghe del Redentore.

La commemorazione liturgica non è tuttavia assente nella storia della devozione, perché nasce in Portogallo sotto il re Alfonso Henriquez (1128-1185), si salda alla storia patria lusitana, si fissa al 13 febbraio e si diffonde ovunque tra il XV e il XVI sec., sia pure in date diverse – frequente il venerdì dopo la terza domenica di quaresima- e attende ancora una sua data universale. Né puo' essere passata sotto silenzio la presenza delle Piaghe nell'arte sacra in ricchissime e svariate forme.

Nell'Età Moderna furono i Gesuiti a farsi apostoli di questa devozione, come di tante altre cristologiche. Il venerabile Vincenzo Carafa (1585-1649), nel suo generalato (1646-1649), diffuse la Corona delle Sante Piaghe, assieme ad altre pie pratiche in loro onore. Ricca fu in materia la trattatistica teologica del XVII sec. Tra esso e il XVIII anche Sant'Alfonso Maria de' Liguori (1696-1787) diede il suo apporto generoso alla devozione alle Stimmate del Redentore, mentre i Papi concedono più facilmente il permesso per la celebrazione della festa delle stesse Piaghe nei vari paesi cristiani, in svariate date. Sorgono poi i Passionisti, che proprio nella promozione della devozione alla Passione, e quindi alle Piaghe, hanno la loro ragion d'essere. Un ruolo determinante è svolto in tal senso da San Paolo della Croce (1694-1775). La diffusione dell'Ufficio delle Piaghe, superate le remore controriformiste, continuò così in tutto il mondo e arrivò a Roma nel 1831. Fu solo san Pio X (1903-1914), animato da intenzioni riformatrici analoghe a quelle di Pio V, a proibirne le svariate forme nuovamente, per salvaguardare l'uniformità liturgica. Ai margini del culto liturgico si diffuse moltissimo la Corona delle Piaghe, tramite i Passionisti, a partire dal 1821. La devozione godette di ampio richiamo nel XIX sec. per l'alto numero di stigmatizzati, tra cui annoveriamo le beate Anna Maria Taigi (1769-1837) e Catherine Emmerich (1774-1824), nonché la venerabile Marie Marthe Chambon, conversa visitandina di Chambéry (1841-1907), a cui Nostro Signore era solito apparire anche quotidianamente e a cui rivelò una nuova Coroncina delle Sante Piaghe, detta anche della Misericordia. A questa pratica, proposta in suffragio dei Defunti e per qualsiasi intenzione, il Signore ha allegato generose Promesse (10). La Chambon è senz'altro la profetessa della nuova devozione alle Piaghe, orientata nella preghiera all'offerta di sé e dei Meriti di Cristo a vantaggio della Chiesa, dei peccatori e delle Anime Purganti. L'altissima statura di stigmatizzati come San Pio da Pietrelcina (1887-1968) – tra i pochi ad avere anche la stigma sulla Spalla Destra - o di Santa Maria Faustina Kowalska (1905-1938) – ma anche le Serve di Dio Marthe Robin (1902-1981), Theresa Neumann (1898-1962), Rita Montella (1920-1992)- ha ulteriormente contribuito a mantenere viva la devozione, legandola ad altre forme di pietà, antiche e nuove. In effetti, la devozione alle Piaghe è strettamente legata a quella del Sangue e del Cuore di Cristo, e la preminenza di quest'ultima non impoverisce quella di cui parliamo; essa inoltre si è ampiamente legata a quella della Divina Misericordia. Nell'immaginario collettivo le Piaghe sono sempre molto diffuse, grazie anche alla cinematografia e alla televisione, nelle quali la riproduzione filmica della Passione di Gesù ha reso visibile i Suoi dolori e le Sue ferite.

MISERICORDIA DEI

Elementi di teologia della devozione alla Divina Misericordia

“Se avviene che egli gridi a Me,
Io l'ascolterò,
perché Io sono misericordioso”

(Il Signore Dio a Mosè)

La Misericordia di Dio, che la Bibbia indica con hesed (sostantivo maschile che indica l’amore responsabile di Dio, che è fedele a Se stesso), con rahamīm (sostantivo femminile che indica l’amore materno), con hān (clemenza, benevolenza, grazia), con ‘emet (fedeltà), con hūs (pietà e compassione) e coi verbi hānan e hāmal (aver compassione, risparmiare) è oggetto di culto sia perché è l'Essenza stessa di Dio considerata in relazione all'uomo, sia perché in Essa si considera l'operazione e l'azione di Dio Tripersonale verso di lui. Recente nelle sue forme popolari, tale devozione è antica quanto il Cristianesimo.

NATURA DELLA DEVOZIONE

Infatti, quando l’Apostolo ed Evangelista Giovanni, nella sua Prima Lettera, volle dare una definizione di Dio che potesse essere recepita dai fedeli cristiani, accanto a quella che i filosofi pagani avevano già dato dell’Essere Supremo ai loro seguaci, non trovò nulla di meglio che dire che Deus Charitas est. Dio è Amore. Questo amore è l’essenza ineffabile della Divinità, infinitamente amabile ed amata da se stessa, che per tale sua intima realtà si struttura al suo interno quale Padre, Figlio e Spirito, nel flusso eterno della Generazione attiva e passiva e della Spirazione. Quando questo Dio decide tuttavia di operare fuori di sé, inevitabilmente il Suo amore si mostra quale misericordia, ossia quale dono gratuito di se stesso ai miseri, ai bisognosi, a coloro che non possono aver titolo per avere dall’Altissimo alcunché. La Misericordia Divina non è dunque solo una riscoperta teologica e devozionale di un aspetto della perfezione del Signore, ma il modo stesso con cui Egli si rapporta con la realtà creaturale. Il concepire nel suo Verbo Eterno delle essenze creabili, il conferire loro l’atto dell’essere portandole all’esistenza, l’ordinarle secondo forme sempre più elevate, il donare ad alcune di esse la vita, il reggere il cosmo come Provvidenza sono tutte forme di Misericordia. Qui creandos creas gratis, potremmo dire parafrasando la celebre frase della teologia classica. Ma il dono più grande della Misericordia è, naturalmente, il più immeritato di tutti: la Redenzione. Il perdono delle colpe, la remissione delle pene, il mezzo scelto per questo scopo, ossia l’Incarnazione, la Passione e la Morte del Verbo, con la sua Resurrezione, la conseguente economia salvifica e sacramentale, con la reiterazione dell’assoluzione al peccatore pentito, fino al trionfo finale della salvezza eterna dei singoli e della Chiesa, col coronamento perpetuo degli eletti, sono l’apogeo e l’apoteosi della Misericordia di Dio. Nella atroce Passione del Figlio, innocente Agnello lacerato nelle Sue membra, scarnificato, torturato, confitto al legno nella carne tramite chiodi, lasciato penzolare in modo sordido e squallido nel disprezzo generale e sulle soglie della umana disperazione, la Misericordia divina raggiunge quanto di più lontano c’è da Sé: il peccato e i suoi orrori: l’odio, la violenza, l’ignoranza, la sofferenza, l’ostinazione, la morte. Tramite questa agonia sconcertante, ricapitolata nella citazione fatta a gran voce da Gesù sul Suo patibolo dell’incipit del Salmo 22- Eloì Eloì, lamà sabactanì – Dio stesso, attraverso la Natura umana unita alla propria nell’Ipostasi del Figlio, è sceso nell’abisso della morte. Ma questo abisso non era tanto profondo da non poter contenere quello della Misericordia. Esso lo ha metafisicamente colmato e lo ha anzi racchiuso in sé, incapsulandolo, e facendone strumento di grazia per gli eletti. Chi si inoltra nell’abisso della morte, aperto da Adamo, sa che ne uscirà risorto, grazie a quello della Misericordia, aperto da Cristo. E dove Cristo ha aperto questo abisso? Dove lo ha scavato? Nelle Sue stesse piaghe, larghe e profonde, che scesero fin nel midollo delle ossa e nelle sue viscere, squarciate dalla Lancia di Longino. In Esse Egli ha aperto una voragine in cui ha fatto sprofondare il peccato e in cui nasconde il peccatore. In questo rifugio nessuno può entrare, e l’anima fedele è inscindibilmente unita a Colui Che diede tutto se stesso per lei. Il trionfo della Misericordia è il dono libero di Cristo nell’ultimo respiro, un respiro che soltanto aprendo le viscere del suo amore Egli potè dare, perché nessuno avrebbe mai potuto strappare la vita a Colui che ne era l’autore, anche se aveva accettato di farsi immobilizzare su due travi di legno ruvido da un manipolo di sicari di provincia. A suggellare tale dono Egli stesso riprese la Sua vita dal sepolcro, mostrandosi Risorto e ascendendo al Cielo, perché il trionfo della Misericordia passasse attraverso il dolore, ma fosse quello della gioia.

Da quell’anno 30, Gesù Cristo non ha mai cessato di mostrarsi ad ogni generazione cristiana, per attestare la sua vita eterna e richiamare noi all’esigenza di corrispondere ad un amore tanto generoso. Nei tempi ultimi i suoi inviti sono divenuti più pressanti. Maggiori le colpe, maggiore la necessità di ricorrere alla Misericordia. Ormai universalmente note sono le apparizioni a Santa Maria Faustina Kowalska (1905-1938), e ben diffuso il culto liturgico e privato inaugurato dalle rivelazioni da lei ricevute e sanzionate dal Beato Giovanni Paolo II (1978-2005), come diremo tra breve. Ma esse sono solo il punto di arrivo di un rosario di celesti richiami – fatti da Gesù stesso – a tornare alle sorgenti della vita, ossia appunto all’Amore misericordioso, che scaturisce dal seno del Padre, per cui la devozione ad Esso è una via d'accesso al Padre stesso, un mistico ritorno all'Uno supremo.

Proprio il Beato Giovanni Paolo II, nella sua stupenda enciclica su Dio Padre (1981), Lo definisce Dives in Misericordia, ricco in misericordia. La ricchezza del Padre è la Sua misericordia, per la quale Egli è ricco per tutte le creature. Essa è in un certo modo la cifra jaspersiana che interpreta l’estremo orizzonte del divino. E il Padre stesso offre la chiave per decodificare il Suo mistero fontale. Egli rivela Se stesso attraverso il Figlio, Che dice: “Chi vede Me, vede il Padre” (Gv 14,9). Ma rivelando il Padre, il Figlio rivela anche la Misericordia: essa è la causa dell’Incarnazione ed è l’essenza del messaggio messianico; l’una e l’altra sono dal Padre, Che manda il Suo Figlio nella carne, la Sua Parola vivente, per salvare il mondo. Il messaggio del Cristo infatti non è Suo, ma del Padre che l’ha mandato. Egli porta a compimento ciò che già nell’AT i profeti avevano detto di quella speciale potenza dell’amore divino, per cui esso prevale anche sul peccato. Gesù lo mostra nella monumentale parabola del Figliol Prodigo – ampiamente commentata dal venerato Pontefice – tramite cui mostra come il Padre, nell’amore misericordioso, non solo dona ai miseri il cuore, ma restituisce loro la stessa dignità umana. Il trionfo della Misericordia, il mistero della Pasqua, attraverso la Croce e la Resurrezione, è proprio il cuore del disegno del Padre, la dimostrazione della straordinaria potenza del Suo amore che debella morte e peccato, il compimento del processo di riabilitazione dell’uomo mediante l’associazione alla Redenzione della funzione materna di una creatura umana, Maria, Madre della Misericordia. Da questo compimento la misericordia si stende di generazione in generazione, proprio secondo la profezia della Beata Vergine nel Magnificat. Ed è questa misericordia paterna che è causa di speranza per l’uomo in mezzo alle mostruose vicissitudini della vita e della storia. Essa infatti non potrebbe sussistere solo con la giustizia di Dio, ma il Padre proprio per questo ha offerto al mondo un’economia salvifica basata sull’amore misericordioso. Di tale economia è ministra la Chiesa, la cui missione si iscrive tutta nella misericordia del Padre, professandola, predicandola e praticandola, ma soprattutto appellandosi ad essa, per sé e per il mondo.

Tutto ciò avviene nello Spirito Santo: Egli condivide con il Padre e col Figlio la Misericordia quale qualità sostanziale e la esercita verso le creature plasmandole nella Creazione, generando di Sé il Verbo nella Carne, discendendo su di Lui, operando attraverso Lui, effondendosi su di noi dopo la Morte e Resurrezione, agendo nell'economia sacramentale e nelle anime dei giusti, da Lui santificate e inabitate. Perciò la Misericordia è attivamente esercitata da tutta la Trinità degli Uguali.

STORIA E FORME DELLA DEVOZIONE

La devozione alla Divina Misericordia fiorisce essenzialmente dopo il Concilio Vaticano II (1962-1963), attraverso una costellazione di Santi assai legati a questo culto, come Santa Teresa di Lisieux (1823-1897), la venerabile Madre Speranza di Collevalenza (1893-1983), la venerabile Suor Santina Scribano (1917-1968) (11), Santa Maria Faustina Kowalska e il Beato Giovanni Paolo II. Soprattutto a Santa Maria Faustina Kowalska è stata la profetessa di questa devozione, in forme inedite. Ma la devozione in quanto tale non è inedita. La Misericordia – l'abbiamo detto - è l'attributo più specifico della Divinità in relazione all'uomo, quello che in modo più eloquente esprime la Sua Essenza così come ci è stata rivelata. Infatti, approfondendo quanto sopra esposto per l'economia trinitaria - se Dio è Amore considerato nelle Relazioni tra le Ipostasi, in relazione al mondo creato e redento, oggetto di un amore non solo gratuito ma che implica un abbassamento e un perdono da parte di Dio, è essenzialmente Misericordia. La carità, che etimologicamente indica l'amore gratuito e disinteressato, lega le Persone divine perché il Padre, spontaneamente, genera il Suo Figlio; il Padre e il Figlio spontaneamente si amano perfettamente e da Essi procede lo Spirito Santo. Queste Relazioni perfettissime e adorabili, se da un lato sono proprie della Divinità, per cui appaiono necessarie perché Dio sia come Egli è, considerate sub specie aeternitatis sono libere, perché le Tre Persone non sono necessitate da nulla se non dal proprio volere. Per cui i Divini Tre sono legati si da un amore sostanziale, ma anche gratuito, in quanto nella Divinità necessità e libertà coincidono. Essi sono legati consostanzialmente dalla kharis. In relazione al mondo, invece, questo amore traboccante non è solo gratuito, ma anche di degnazione, di compiacenza, di abbassamento. Ossia di misericordia, di donazione del cuore ai miseri, di miseris cor dare. Nell'atto del creare Dio dona alle creature la grazia dell'esistere; nella Provvidenza le mantiene nell'essere; in entrambi gli atti le tiene al di qua del baratro del nulla, scegliendo tra le infinite essenze che può esemplificare sulle Sue idee quelle a cui conferire l'atto dell'essere; nella Redenzione addirittura lava le colpe che Lo offendono attraverso il Sacrificio del Verbo che assume – inaudito ! - la natura umana, ossia una natura creata; nella santificazione rimette il Peccato d'origine e, ogni volta che è necessario, quelli attuali mediante l'effusione dello Spirito, Che si compiace di abitare nelle creature. Questa è la manifestazione tangibile della misericordia come amore che si dona a chi non merita, anzi a chi demerita e viene messo in condizione di meritare proprio in ragione di tale donazione. Questo concetto è presente nella tradizione biblica (Es 22, 26; 2 Mac 2, 7; Sal 86, 15; 103, 8.13; Lc 1, 72; Gal 6, 10; Rm 11, 31; Ebr 2, 17). Nel Vangelo di Luca le Parabole del Figliol Prodigo, della Dramma smarrita, della Pecorella smarrita mostrano la tenerezza di Dio verso i peccatori. Continuamente i Vangeli attestano la pietà di Cristo per i bisognosi e la Sua misericordia per i peccatori, attraverso guarigioni, miracoli, prodigi, segni, parole di conforto e di insegnamento, sino alla Sua stessa Morte e al nobile perdono, concesso ai Suoi Crocifissori, attraverso frasi di intercessione presso il Padre Suo. Non vi è dunque miseria che possa esaurire la Misericordia di Dio: essa cresce ogni volta che si dona.

La misericordia di Dio è unanimemente attestata e celebrata nella Tradizione, patristica e dottorale, liturgica e devozionale, attraverso la vita e gli scritti dei Servi di Dio, i cui insegnamenti sono stati suggellati dal Magistero (12). Ai tempi nostri volle il Signore degnarsi di mostrare le viscere della Sua Misericordia a Santa Maria Faustina Kowalska, suora della Congregazione della Beata Vergine Maria della Misericordia. Il Diario che la Santa, adornata delle grazie mistiche più belle, sino alla stimmatizzazione invisibile, ma provata anche nei modi più duri e spesso in forme inedite, contiene la summa della dottrina che Cristo stesso volle insegnarci sulla Sua Misericordia, che appare alla veggente quale il massimo attributo della Divinità, così com'era parsa a Tommaso d'Aquino. La Santa fu assistita dal Beato Michele Sopoćko (1888-1975) come confessore principale, e dal p. Jozef Andrasz (1891-1963); le forme del culto da lei proposte furono approvate in buona parte dall'arcivescovo metropolita di Cracovia Adam Stephan Sapieha (1912-1951).

Nostro Signore Gesù Cristo volle instaurare un culto specifico per Essa, così che gli uomini non solo si fidassero di Lui in ogni circostanza, ma non avessero remore nell'avvicinarsi a Lui nonostante le loro colpe. Egli promise pace a condizione che ci si stringesse al Suo Cuore Misericordioso. Garantì altresì che la Santa anche dal Cielo avrebbe continuato la sua missione di apostolato tramite la preghiera e altre azioni spirituali. Predisse che il culto, nelle forme richieste, sarebbe stato osteggiato e quasi completamente estirpato, cosa che accadde il 28 ottobre 1958, quando la Sacra Congregazione del Santo Uffizio, regnando il Beato Giovanni XXIII (1958-1963), emise un decreto di condanna, che però fu subito ritirato e rimpiazzato con una notificazione del 6 marzo 1959, di carattere disciplinare, in cui si vietava la diffusione della devozione alla Misericordia nelle forme proposte da Santa Faustina. Diverse prove furono riservate anche al Beato Michele Sopoćko. La notificazione lasciò ai Vescovi una certa discrezionalità in merito, cosa che permise all'arcivescovo metropolita di Cracovia Eugeniusz Baziak (1951-1962) di permettere alle consorelle di Santa Faustina di mantenere le devozioni insegnate loro dalla consorella.

Nostro Signore aveva però altresì predetto che la devozione sarebbe tornata in auge. In effetti l'arcivescovo metropolita di Cracovia Karol jr. Jozef Wojtyła, nel 1967 concluse il processo diocesano di beatificazione di Maria Faustina Kowalska e, in virtù della sua dignità cardinalizia, potè adoperarsi perché la Congregazione della Dottrina della Fede – subentrata al Sant'Uffizio- mitigasse i divieti della notificazione del 1959, il 15 aprile 1978, sulla base di un esame più rigoroso e completo del Diario, sotto il venerabile Paolo VI (1963-1978). Nell'ottobre dello stesso anno, il giorno 16, egli divenne Papa col nome di Giovanni Paolo II. Asceso al Sacro Soglio, compì in terra la volontà di Cristo abrogando definitivamente ogni restrizione sopravvissuta il 12 luglio 1979. Poi promulgò l'enciclica Dives in misericordia (1980) che gettò le basi dottrinali e liturgico-pastorali perché il culto della Divina Misericordia fosse universalmente diffuso. Sarebbe stato sempre lui a beatificare (1993) e canonizzare (2000) Maria Faustina, a rivolgere molte esortazioni ai fedeli sul culto alla Misericordia, a visitare il Santuario ad Essa dedicato in Polonia e ad agire in tutto il mondo come profeta di misericordia, sino ad avere la grazia di spirare, il 2 aprile 2005, dopo i Primi Vespri della Domenica della Misericordia, da lui istituita (1 gennaio 1994) secondo le richieste formulate dallo stesso Gesù alla veggente.

Sempre il misericordiosissimo Gesù, pieno di zelo per le anime, comunicò alla Sua Serva fedele quelle forme essenziali della devozione che poi la Sua Chiesa ratificò in terra. Anzitutto ordinò (22 febbraio 1931) che fosse dipinta una Immagine sacra che Lo raffigurasse benedicente e con la veste leggermente scostata dal Suo Cuore, da Cui promanano due raggi, uno rosso e uno bianco, simboli dell'Acqua e del Sangue, l'una che lava e l'altro che giustifica le anime. Prescrivendo che l'Immagine fosse venerata in tutto il mondo, Gesù amabilissimo promise che chi avrebbe venerato tale immagine avrebbe conseguito la salvezza eterna e avrebbe trionfato sui suoi nemici in terra e soprattutto in punto di morte, quando Egli stesso l'avrebbe difeso. Sotto l'Immagine il Signore volle fosse scritto: Gesù confido in Te. Egli proclamò beati coloro che vivono sotto i raggi della Misericordia, riparandosi con essi, perché sono difesi dai rigori della Giustizia divina. Precisò altresì che il Suo sguardo nell'Immagine era come quello sulla Croce, per cui tramite essa avrebbe concesso molte grazie alle anime e avrebbe rammentato loro le esigenze della Misericordia, ossia le opere, perché la Fede, senza di esse, anche se forte, non salva.

Inoltre nella stessa data il Signore Gesù chiese un culto pubblico per la Sua Misericordia: la Solennità ad Essa intitolata nella II Domenica di Pasqua, all'epoca detta In Albis, quando la pienezza giustificatrice della Misericordia stessa era ormai palese attraverso il trionfo della Resurrezione e quando liturgia narra di come a Tommaso sia stato concesso di mettere il suo dito incredulo nelle Piaghe sacratissime del Redentore. In questo giorno il Signore prescrisse che i Sacerdoti parlassero ai fedeli della Misericordia di Dio; promise inoltre testualmente: l'anima che si sarà accostata al Sacramento della Riconciliazione e alla Santa Comunione riceverà la totale remissione delle colpe e delle pene. Il testo polacco del Diario suggerisce una restaurazione dell'innocenza battesimale, tanto è radicale il significato delle parole adoperato da Cristo in quella lingua. La Solennità fu istituita, come abbiamo detto, dal Beato Giovanni Paolo II che sanzionò anche l'Indulgenza generosamente concessa dal Signore (29 giugno 2002) e che consacrò l'umanità alla Misericordia Divina (17 agosto 2002).

A tale solennità l'amatissimo Gesù volle che ci si preparasse mediante una Novena di Preghiere. Tali preghiere furono dettate da Lui stesso. Esse devono iniziare il Venerdì Santo e sono rivolte a Dio per i bisogni di tutti, secondo il seguente ordine, giorno per giorno, accompagnando altrettante schiere di anime alle fonti della Misericordia, schiuse nel Cuore del Redentore, onde possano tramite Esso giungere al Padre: l'umanità intera e i peccatori in particolare; i Sacerdoti e i Religiosi; le anime devote e fedeli; colori che non conoscono ancora Gesù; gli eretici e gli scismatici; le anime miti e umili, specie quelle dei bambini; quelle che danno culto e gloria alla Misericordia; le anime purganti; le anime tiepide.

Il Santissimo Redentore chiese (3 febbraio 1938) inoltre un ricordo speciale e quotidiano della Sua Morte nell'Ora in cui avvenne, ossia le Tre Pomeridiane. A Santa Faustina chiese di implorare la misericordia per tutti a quell'ora, specie per coloro che vivono in peccato; chiese che meditasse almeno un attimo sulla Sua Passione in quell'ora, specie sull'abbandono in cui il Signore si trovò nel Suo Trapasso; la esortò a fare la Via Crucis in quell'ora o almeno ad adorare il Santissimo Sacramento se non a raccogliersi ovunque si trovasse, adorando, glorificando e implorando l'onnipotenza della Misericordia; promise che in quell'ora non avrebbe negato nulla all'anima che lo avrebbe pregato per la Sua Passione. Alla Santa assicurò che avrebbe ottenuto in essa qualunque cosa per sé e per il mondo. In quell'ora può recitarsi la giaculatoria insegnata a e da Santa Faustina: O Sangue e Acqua che scaturisti dal Cuore di Gesù come sorgente di Misericordia per noi, confido in Te. Questa preghiera recitata con fede e con contrizione otterrà, per divina disposizione, la salvezza di ogni peccatore per cui sarà recitata.

Il dolcissimo Gesù ancora diede al mondo un grande tesoro, insegnando la recita della Coroncina della Divina Misericordia. Ciò avvenne il 13 settembre 1935, quando la Santa la ricevette per scongiurare l'ira di Dio sul mondo, mostratasi a lei in una terrificante visione. Altre locuzioni interiori precisarono il modo di recitarla. Essa si compone di un Pater, Ave, Credo; di una offerta ripetuta cinque volte (Eterno Padre Ti offro il Corpo, il Sangue, l'Anima e la Divinità del Tuo dilettissimo Figlio e Nostro Signore Gesù Cristo, in espiazione dei nostri peccati e di quelli di tutto il mondo) e seguita da altrettante decine di questa giaculatoria: Per la Sua dolorosa Passione abbi misericordia di noi e del mondo intero. Al termine si recita per tre volte un Trisagio: Santo Dio Santo Forte Santo Immortale abbi misericordia di noi e del mondo intero. A questa Coroncina il Signore annesse delle Promesse, conformemente alla Sua liberalità divina: le anime che Lo pregheranno con essa saranno avvolte dalla Sua misericordia in vita e in morte; otterranno quel che chiedono; se peccatori riceveranno la pace del perdono e una santa morte; sarà tavola di salvezza per chi vive nel peccato; anche il peccatore più indurito che la reciti una volta sola riceverà qualche grazia; recitata accanto ai morenti chiamerà il Cristo a collocarsi presso di essa come Salvatore e la Sua misericordia l'abbraccerà in ragione dei meriti della Sua Passione; alle anime peccatrici che si affidano alla Misericordia non spetterà delusione; recitata insieme alla Novena otterrà ogni sorta di grazie. Il Signore esortò altresì a fare novene con la Coroncina in ogni circostanza.

L'essenza della devozione come traspare dalle Rivelazioni è costituita dalla fiducia. Nostro Signore, echeggiando in queste Sue rivelazioni private le cose insegnate in quella pubblica, afferma esplicitamente che nessuno sarà giustificato se non si rivolgerà con fiducia alla Sua Misericordia. I giusti verranno confermati in grazia e i peccatori si convertiranno se avranno fiducia nella Misericordia. I più grandi peccatori hanno pieno diritto, per primi, di confidare in Essa. Vi si attinge solo col recipiente della fiducia. Più l'anima si fida, più avrà grazie. Mentre i peccati diffidenza sono causa di grande dolore per Gesù, il Quale ha fatto tanto per le anime. Egli esorta all'adorazione della Misericordia tutti coloro che aspirano alla perfezione. Allo stesso modo esorta a praticare la misericordia, sempre e dovunque. Se non si praticherà la misericordia, non la si otterrà nell'Ultimo Giorno. Il Signore indica tre modi per praticarla: l'azione, la parola e la preghiera (13). Addita nel Sacramento della Penitenza il luogo ove la Misericordia trionfa, ove si compiono le più spettacolari resurrezioni e i più grandi prodigi, ove Egli opera attraverso il Sacerdote effondendo a fiumi le Sue grazie sulle anime umili, non potendo i superbi riceverle e rimanendo così miserabili. Perciò insegna che per trarre profitto dalla Penitenza bisogna accostarvisi con sincerità, umiltà e ubbidienza, per ascoltare con frutto il confessore.

Gesù dolcissimo invita a diffondere il culto alla Misericordia. Per rallegrarLo chiede che si parli della Misericordia alle anime; che i Sacerdoti siano formati nella conoscenza di Essa e la predichino; che i peccatori non abbiano paura di Lui e che le anime esaltino la Sua pura bontà, cosa che terrorizza il demonio e lo ricaccia all'inferno. Alle anime che adoreranno la Misericordia e ne diffonderanno il culto Gesù benedetto promette che non avranno paura nell'ora della morte e che la stessa Misericordia li proteggerà. Promette ai Sacerdoti che parleranno alle anime più indurite della infinita Misericordia di Dio la grazia di spezzare i cuori induriti con la contrizione, la forza meravigliosa di commuovere i cuori quando la predicheranno e la celebreranno.

Il Signore vuole che le anime siano formate nella Misericordia. Un movimento d'anime è sorto per questo. Santa Maria Faustina fu esortata dal Signore a fondare una nuova Congregazione, anche se materialmente non potè mai lasciare la propria, per una singolare prova a cui fu sottoposta. L'idea si evolse: da un Ordine contemplativo divenne un movimento con una Congregazioni di vita attiva e con laici, Sacerdoti e Religiosi, ossia un movimento ecclesiale. In genere i devoti compiono appunto gli atti indicati: la venerazione dell'Immagine, il compimento di un'opera misericordiosa al giorno, la recita della Coroncina quotidiana per tutte le necessità e specialmente per ottenere fiducia per i disperati e il soccorso ai moribondi, oltre alle intenzioni della Novena alla Misericordia; lavorano con parole, azioni, preghiere e desideri per la diffusione del culto; vivranno nel proprio ambiente l'amore per il prossimo; leggeranno la Prima Lettera di San Giovanni, il suo Vangelo e l'Apocalisse; leggeranno la Dives in Misericordia di Giovanni Paolo II e le altre sue encicliche trinitarie, la Redemptor Hominis e la Dominum et Vivificantem. Le basi del culto sono sistematicamente approfondite dai Convegni sulla Divina Misericordia.

IL MISTERO DELLA DIVINA MISERICORDIA NELLE LITANIE AD ESSA DEDICATE

Nelle Litanie della Divina Misericordia la preghiera fiorisce con suppliche di alto spessore teologico. Innanzitutto si dice che Essa è scaturita dal seno del Padre. Il senso di questa invocazione lo abbiamo già enunciato. Il grande disegno della Misericordia è quello del Padre attestato dalla Bibbia: Fare di Cristo il cuore del mondo. Questo disegno, iniziato quando il Padre disse ai Due Uguali: Facciamo l'uomo a Nostra immagine e somiglianza, restaurato quando annunziò: Porrò inimicizia tra te e la Donna, tra la tua stirpe e la Sua stirpe; tu le insidierai il calcagno ma Ella ti schiaccerà il capo, si compì quando Egli accolse il Figlio in Cielo: Siedi alla Mia destra. Il circuito salvifico, concretizzazione piena della Misericordia, inizia nel Padre e a Lui ritorna. Le Litanie proseguono appellando la Misericordia quale massimo attributo della Divinità, perché piena manifestazione della Carità di Dio verso di noi. La definiscono mistero incomprensibile, perché nessuno può capire, in terra e in cielo, perché Dio ci ha creati e ci ha redenti, ci ha giustificati e ci santifica, con tanta inesauribile generosità, e tale mistero senz'altro ci allieta nella sua inesplicabilità. Sentenziano che è una sorgente che emana dal mistero della Trinità, perché la Misericordia è l'amore trinitario visto dalle creature, ad esse rivelato, nel quale Ognuno dei Divini Tre compie atti d'amore consoni alla propria Sussistenza; in altre parole le Persone Divine liberamente concertano di fare esondare il proprio amore sulle creature, in una mirabile sinfonia d'intenti, perché una è la Loro Natura. Insegnano che nessuna mente né angelica né umana può scrutare la Misericordia, perché Essa esplica ed esterna i disegni più intimi e le attitudini più interne del Dio Altissimo, per cui anche ai Serafini e ai Cherubini, nonché ai Santi più elevati in gloria, è impossibile penetrarne le profondità e le viscere. Ammettono che dalla Misericordia proviene ogni vita e felicità, perché la vita è il dono più gratuito e generoso di Dio, sia nell'ordine naturale che in quello soprannaturale, e perché la felicità, che Dio annesse ad ogni esistenza consapevole, è da Lui abbondantemente concessa anche a costo di restaurare quelle vite, come le umane, deturpate dal Peccato; nessuno dunque è vivo o è felice, anche solo per un attimo, in nessun luogo e in nessun tempo, se non per decreto benignissimo del Signore Dio nostro. La appellano sublime più dei Cieli, perché più vasta, più bella, più alta e profonda non solo dei cieli cosmici creati, ma anche del Cielo intellettuale, ossia della Gloria celeste, che si sostanzia proprio della contemplazione della Misericordia e per la Misericordia, che appunto permette alle creature di vedere, tramite essa, l'Essenza trinitaria di Dio. La acclamano sorgente di stupende meraviglie, perché ogni cosa positiva che avviene è un dono della Misericordia, perché tramite le negative sempre avviene il trionfo del bene, perché inesauribile è l'inventiva divina per beneficare le creature e realizzare il Piano di Dio. La riconoscono come ciò che abbraccia tutto l'universo, perché è Provvidenza. La glorificano perché scende al mondo nella Persona del Verbo Incarnato, in quanto l'Incarnazione è la degnazione più grande, l'azione più generosa che Dio abbia progettato per noi: il Padre manda il Figlio, il Figlio dice: Manda Me; lo Spirito concepisce l'Umanità di Cristo nel grembo di Maria; da ciò inizia la grande economia della Redenzione, nella quale sempre è e sarà centrale l'Unico Mediatore, il Figlio fatto Uomo, mediante cui siamo figli del Padre, in cui siamo membra del Corpo Mistico, per cui riceviamo lo Spirito. La magnificano dicendo che scorse dalla Ferita aperta del Cuore di Gesù, in quanto nell'estremo oltraggio al Corpo amatissimo e amabilissimo del Redentore si mostra la Sua estrema mitezza e la Sua inesauribile volontà salvifica; aperte le viscere del Corpo di Cristo, dal Suo Cuore escono il Battesimo e l'Eucarestia, la purificazione e la salvezza; la Ferita è dunque la porta che introduce nel Tempio della Misericordia, quel Cuore amabilissimo in Cui Umanità e Divinità sono unite nell'Ipostasi, in Cui il Verbo ci ama con un amore umano e divino insieme, in una mirabile convergenza delle Sue due volontà e operazioni. La descrivono racchiusa nel Cuore di Gesù per noi e soprattutto per i peccatori, perché è nell'Amore personale di Gesù che si manifesta a noi e alle pecore smarrite, con gli atti dolcissimi e le parole tenerissime fatti e dette per la nostra salvezza. La sentenziano imperscrutabile nell'istituzione dell'Eucarestia, perché realmente la mente è impossibilitata a capire come e perché il Verbo di Dio, come tale e come Uomo, si è sostanzialmente reso presente in ogni Ostia e in ogni Calice consacrato nel mondo in ogni Messa, rimanendo con noi nel Tabernacolo e unendosi a noi in ogni Comunione. La magnificano affermando che fondò la Santa Chiesa, la quale, Corpo Mistico di Cristo, è una degnazione immensa di Colui Che ci unisce a Se', rendendoci figli del Padre e facendo scorrere in noi lo Spirito Santo. La glorificano dicendo che istituì il Sacramento del Battesimo, perché nell'Acqua noi siamo morti in Cristo al peccato e sepolti con Lui, per risorgere alla Vita nuova, ossia tramite essa siamo creature nuove, pur non meritandolo in nessun modo, né potendolo fare. La esaltano sussumendo che Essa ci giustifica tramite Gesù Cristo, in quanto è per Misericordia che Dio ha mandato il Servo e l'Agnello che ci redimesse nel Suo Sangue. La ringraziano perché per tutta la vita ci accompagna, non esistendo nulla che non ci sia dato per misericordia né alcuna circostanza in cui non possiamo confidare in essa. La lodano dicendo che ci abbraccia specialmente nell'ora della morte, in quanto la grazia della perseveranza finale è la maggiore e la più generosa, quindi la più matura espressione della Bontà divina. La benedicono affermando che ci dona la vita immortale, perché l'immortalità dell'anima è dono generosissimo e la salvezza, intesa come vita eterna beata, lo è incomparabilmente di più, realizzazione soprannaturale di tutte le aspirazioni umane, naturali, preternaturali e soprannaturali propriamente dette. Affermano che ci segue in ogni istante della nostra esistenza, attribuendo ad ognuno di essi la presenza trasformante e mai anonima della Misericordia. La lodano dicendo che converte i peccatori, perché è per misericordia che si fa loro grazia. La magnificano affermando che Essa è meraviglia per gli Angeli e incomprensibile ai Santi, perché gli uni non smettono di stupire per la munificenza della degnazione divina e gli altri non ne scorgono i disegni né comprendono la sua abissale grandezza. La contemplano presente in tutti i misteri divini, perché per Essa è rivelata la Trinità e per Essa gli altri misteri sono operati e rivelati. La ringraziano perché ci solleva da ogni miseria, in quanto solo per Misericordia noi ne siamo liberati sia nell'ordine naturale che soprannaturale. La benedicono quale sorgente di ogni nostra gioia, perché ogni gioia viene da Essa e si ricapitola nella Gioia messianica che Essa ci ha elargito con la Redenzione, dando senso a tutte le altre gioie provvisorie. Le rendono grazie dicendo che dal nulla ci chiamò all'esistenza, in quanto comunicare l'essere al non – essere è piena gratuità di degnazione, essendo anche oltre la logica umana e proprio della Onnipotenza divina. Confessano inoltre che abbraccia tutte le opere nelle Sue mani, perché ogni azione di Dio fuori di Se' inizia, continua e si compie per Misericordia, per cui è anche doveroso dire che corona tutto ciò che esiste ed esisterà, in quanto per Essa già Dio contempla, nel Suo eterno presente, quanto ancora compirà nel tempo. Confessano altresì che in Essa tutti siamo immersi, perché è più di un abisso e di un oceano, da cui in cui e per cui siamo cinti dal fondo del nostro nulla, sin all'affiorare del nostro essere essenziale ed esistente, sino a impregnarci di sé nella vita soprannaturale. La ringraziamo quale amabile conforto dei cuori esarcebati, perché solo per Essa possiamo trovare pace nelle vicissitudini della vita; quale speranza unica dei disperati, perché sola dà motivo di confidenza nella rovina materiale e spirituale; perché ispira speranza contro ogni speranza in quanto invincibile capovolgitrice di ogni male e negatività, operatrice di cose stupende a dispetto dei nostri demerti.


1. Ireneo di Lione, Tito di Bosra, Epifanio di Salamina, Girolamo, Atanasio di Alessandria, Teodoreto di Ciro sono tra i nomi più illustri di coloro che diedero questo insegnamento.

2. L'interpretazione di Tertulliano fu accolta da s. Cipriano, s. Atanasio, s. Cirillo di Gerusalemme, s. Gerolamo, Rufino ecc., e divenne assai diffusa. Sotto la forma del Crisostomo fu invece divulgata soprattutto da s, Agostino; sotto l'influsso del grande Dottore ipponense, e poi di s. Beda Venerabile e di s. Giovanni Damasceno, divenne comune ai medievali ed ai moderni.

3. Gerolamo, Venanzio Fortunato, Leone Magno, Gregorio Magno sono i Dottori più importanti che insegnarono questa dottrina.

4. Eucherio e Giusto formulano intensamente questo concetto mistico.

5. Giovanni Crisostomo, Eucherio, Cesario, Eligio enunciano questa dottrina.

6. Origene, Alberto Magno, Tommaso d'Aquino, Francisco Suarez, Ubertino da Casale, Bonaventura, Rodolfo l'Ardente, Antonio da Padova presero in merito significative posizioni. Si discusse se la Piaga del Costato, impressa dal colpo di lancia vibrato dopo la Morte del Redentore, potesse avere valore espiativo; alcuni conclusero per la mancanza di valore obiettivo in tal senso e tale opinione rimase dominante. Ma a mio avviso ciò potrebbe valere per un uomo comune, non per il Cristo. Infatti Egli nella Morte separa l'Anima dal Corpo ma entrambi sono ancora uniti con la Divinità, quindi sono in un solo Soggetto agente. Tale soggetto accetta consapevolmente, anche nell'Umanità così scissa nelle sue componenti ma non separate dall'unica Sussistenza Personale del Verbo, l'ennesima Piaga, per cui Essa è meritoria e anzi la più simbolicamente importante, perché tramite Essa si giunge al Cuore di Cristo e ne sgorgano sangue e acqua, nell'ultima Santa Effusione del prezzo del nostro riscatto. Ci si interrogò sulla necessità che il Verbo aveva di mantenere le Piaghe innanzi al Padre nel seno della Trinità, ponendo un quesito a cui si può agevolmente rispondere sottolineando che l'Umanità di Cristo è ormai gloriosa e pienamente inserita nella Vita Trinitaria, proprio per l'obbedienza al Padre, che raggiunse il culmine nelle Piaghe; ragion per cui queste stesse Piaghe sono causa meritoria della Gloria del Cristo Uomo e quindi sono glorificate con Lui e in Lui in quanto Ipostasi della Trinità Che soffrì nella Carne. Così dunque il Verbo Incarnato continua a mostrare al Padre Suo i segni della Sua Redenzione e nello stesso tempo ne riceve la conseguente glorificazione. Ci si chiese se la devozione alle Piaghe fosse solo per la loro forma sofferente e non anche per quella gloriosa, e se diversamente ciò avrebbe comportato una doppia forma di pietà, trascurando così la connessione che nella Redenzione hanno la sofferenza e la gloria, il ruolo doppio di passus et gloriosus dell'unico Cristo. In poche parole si posero e in parte si risolsero le questioni dogmatiche legate alla devozione.

7. Non è da sottacere l'importanza, sia pure indiretta, di una simile reliquia per il culto delle Piaghe. La Chiesa non autentica quasi mai le reliquie e anche per la Sindone è così. Ma gli esami scientifici, a dispetto della datazione al C14 fatta in modo scorretto, attestano la verità storica di questo lenzuolo funerario di Cristo, su cui sono visibili, impressi in modo assolutamente miracoloso, tutti i segni della Sua Passione. Va anche ricordata la Veronica, l'Immagine del Volto Santo, scomparsa da Roma nel 1527 per il Sacco luterano e che probabilmente si deve identificare con il Volto Santo oggi venerato in Manoppello, la cui effigie si contempla in modo identico da entrambi i lati del tessuto, coi segni della Passione.

8. Le Promesse sono le seguenti per chiunque reciterà le Orazioni: Libererà dal Purgatorio quindici anime della sua stirpe; quindici giusti della sua stirpe saranno confermati e conservati in grazia; quindici peccatori della sua stirpe si convertiranno; la persona che le dirà avrà il primo grado di perfezione; quindici giorni prima di morire riceverà il Mio prezioso Corpo, in modo che sarà liberata dalla fame eterna, e berrà il Mio Prezioso Sangue, perché non abbia sete in eterno; quindici giorni prima di morire avrà una contrizione amara di tutti i suoi peccati e una loro perfetta conoscenza; metterò il segno della Mia Croce vittoriosa davanti a lei per soccorrerla e difenderla contro gli attacchi dei suoi nemici; prima della sua morte Io verrò a lei con la mia amatissima e dilettissima Madre; riceverò benignamente la sua anima e la condurrò alle gioie eterne; e conducendola fino là, le darò con singolare tratto da bere alla fonte della Mia Deità, ciò che non farò con quelli che non avranno recitato queste orazioni; perdonerò tutti i peccati a chiunque sia vissuto per trent'anni in peccato mortale se avrà detto devotamente queste orazioni; lo difenderò dalle tentazioni; gli conserverò i suoi cinque sensi; lo preserverò dalla morte improvvisa; salverò la sua anima dalle pene eterne; otterrà tutto quello che domanderà a Dio e alla Vergine Maria; se avrà vissuto sempre secondo la Sua volontà e sarebbe dovuto morire l'indomani, la sua vita si prolungherà; tutte le volte che reciterà queste orazioni lucrerà indulgenze; sarà sicura di essere aggiunta al Coro degli Angeli; chi insegnerà queste orazioni ad un altro, avrà gioia e merito senza fine che saranno stabili in terra e dureranno eternamente in Cielo; dove sono e saranno dette queste orazioni, lì è presente Dio con la Sua grazia.

9. Queste sono le Promesse di Gesù: L'anima che le recita non andrà in Purgatorio; l'anima che le recita sarà accettata tra i martiri come se avesse versato il suo sangue per la fede; l'anima che le recita può scegliere altre tre persone che Gesù manterrà in uno stato di grazia sufficiente per diventare sante; nessuno delle quattro generazioni successive all'anima che le recita si dannerà; l'anima che le recita sarà resa edotta della propria morte un mese prima.

10. 1)Io accorderò tutto ciò che Mi si domanda per l'invocazione delle Mie Sante Piaghe. Bisogna spargerne la devozione. 2)Le Mie Sante Piaghe sostengono il mondo..Chiedimi di amarle costantemente, perché Esse sono sorgenti di ogni grazia. Bisogna invocarle spesso, attirarvi il prossimo ed imprimerne la devozione nelle anime. 3) Quando avete delle pene da soffrire, portatele nelle Mie Piaghe e saranno addolcite. 4) Bisogna ripetere spesso vicino agli ammalati questa aspirazione: Gesù mio, perdono e misericordia per i meriti delle Tue Sante Piaghe. Questa preghiera solleverà l'anima e il corpo. 5) E il peccatore che dirà: “Eterno Padre, Ti offro le Piaghe di Nostro Signore Gesù Cristo per guarire quelle delle anime nostre”, otterrà la conversione. 6) Le Mie Piaghe ripareranno le vostre. 7) Non vi sarà morte per l'anima che spirerà nelle Mie piaghe: Esse danno la vera vita. 8) Ad ogni parola che pronunziate della Corona della Misericordia Io lascio cadere una goccia del Mio Sangue sull'anima di un peccatore. 9) L'anima che avrà onorato le Mie Sante Piaghe e Le avrà offerte all'Eterno Padre per le Anime del Purgatorio sarà accompagnato in morte dalla Santissima Vergine e dagli Angeli, e Io risplendente di gloria la riceverò per incoronarla. 10) Le Sante Piaghe sono il tesoro dei tesori per le Anime del Purgatorio. 11) La devozione alle Mie Piaghe è il rimedio per questo tempo di iniquità. 12) Dalle Mie Piaghe escono i frutti di santità. Meditandole vi troverete sempre nuovo alimento d'amore.

11. A lei Nostro Signore si è rivelato quale Sacerdote Misericordia Infinita. Mistica e anima vittima, Santina Scribano fondò per divino impulso la città della Misericordia, Bethania, presso Siracusa, come Opera Sacerdotale. Nelle sue Elevazioni a Gesù Sacerdote, la Serva di Dio lo invoca come Colui per il Quale Fine per cui furono fatte tutte le cose, che ha redento il mondo, che ci ha santificati, che ci ha rivelato il mistero della SS. Trinità, che manifesta l'Onnipotenza di Dio, che ha creato gli Spiriti celesti, che dal nulla ci ha chiamato all'esistenza, che abbraccia tutto l'universo, che ci ha donato la vita immortale, che ci protegge dalle giuste pene, che ci libera dalla miseria del peccato, che ci affidò alla SS. Vergine Madre di Misericordia, che Si è incarnato, ha patito ed è morto, che assiste sempre e dovunque gli uomini, che ci previene con le Sue grazie, che ci ha rivelato i Divini Misteri, che fondò la Santa Madre Chiesa, che ci ha donato i Sacramenti, che ci soccorre nei Sacramenti del Battesimo e della Confessione, che ci sostiene nei Sacramenti dell'Eucarestia e del Sacerdozio, che si manifesta nella conversione dei peccatori, che si palesa nell'illuminare gli infedeli, che riversa la Sua pace nella santificazione dei giusti, Sollievo degli ammalati e dei sofferenti, Speranza delle anime, Rifugio dei moribondi, Refrigerio delle Anime del Purgatorio, Corona di tutti i Santi, Gaudio dei Beati, Fonte inesausta di miracoli. Temi e titoli coincidenti con quelli di cui parleremo.

12. Inseriti in quel flusso spirituale che sfocia nell'oceano della devozione alla Divina Misericordia sono nomi come quello di San Martino di Tours (316-397), San Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), Santa Brigida di Svezia (1303-1373), Santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690), il venerabile Pio Bruno Lanteri (1759-1830), San Giovanni Maria Vianney (1786-1859), Santa Caterina Zoe Labouré (1806-1876), la venerabile Marie Marthe Chambon (1841-1907), San Leopoldo Mandič (1866-1942).

13. E' bene rammentare le Opere di Misericordia Corporale: Dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, visitare gli infermi, alloggiare i pellegrini, visitare i carcerati, seppellire i morti; e quelle di Misericordia Spirituale: Insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, consigliare i dubbiosi, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e i morti.


Theorèin - Febbraio 2013